L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato stamani il consueto aggiornamento settimanale del bollettino epidemiologico sulla pandemia di SARS-CoV-2 in Italia. E’ l’unica fonte ufficiale che fornisce il numero di contagi, di ricoveri e di decessi per stato vaccinale. Nel documento viene spiegato che nell’ultimo mese, in Italia, il 63% dei contagi, il 51% dei ricoveri e il 56% dei morti si è verificato tra persone che erano vaccinate. Al contrario, il 37% dei contagi, il 49% dei ricoveri e il 44% dei morti si è verificato tra persone non vaccinate. La maggioranza dei contagi, dei ricoveri e dei decessi si sta verificando quindi tra i vaccinati.
Nell’apposita tabella possiamo osservare tutti i dati per fasce d’età.
I dati ufficiali smentiscono i teoremi secondo cui staremmo vivendo una “pandemia dei non vaccinati” e secondo cui negli ospedali ci sono ricoverati “esclusivamente” o “al 90%” non vaccinati. Per quanto riguarda decessi e ospedalizzazioni, resta fondamentale il fattore anagrafico: tra gli under 40 non vaccinati, ad esempio, nell’ultimo mese abbiamo avuto 505 ricoverati di cui appena 23 in terapia intensiva e soltanto 7 morti. I giovani, anche se non vaccinati, non incidono affatto sull’andamento della pandemia e incidono in modo molto molto marginale sulle ospedalizzazioni.
Drammaticamente più alto il numero dei ricoverati over 60 vaccinati con entrambe le dosi: sono stati 3.127, sei volte in più dei giovani non vaccinati, e di questi ben 247 sono finiti in terapia intensiva, undici volte in più dei giovani non vaccinati; infine i morti vaccinati over 60 sono stati 537, che significa 77 volte in più rispetto agli under 40 non vaccinati. Tra i morti vaccinati, ci sono stati 5 decessi anche tra coloro che avevano ricevuto il cosiddetto booster, cioè la terza dose.
Nonostante il vaccino, quindi, tra le persone anziane c’è una mortalità enormemente più alta rispetto ai giovani non vaccinati.
Questo ovviamente non significa che il vaccino non sia efficace per ridurre il rischio: se gli anziani non fossero vaccinati, il numero dei decessi sarebbe incredibilmente più elevato. Ma significa che il vaccino non annulla il rischio, non può essere la soluzione definitiva per sconfiggere la pandemia pur essendo un valido e utile strumento per contenerla, e che le nuove ondate di contagi, ricoveri e decessi non sono assolutamente imputabili ai non vaccinati, soprattutto se giovani che da questo virus hanno complicazioni in casi rarissimi.
Sempre nello stesso bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità, gli esperti del Ministero della Salute evidenziano quali siano, in termini statistici, i benefici del vaccino per fasce d’età. Osservando i dati, si evidenzia subito che per i giovani under 40 il vaccino non diminuisce di una virgola il rischio di morire o finire in terapia intensiva, perché anche senza vaccino tali rischi sono praticamente nulli. Sotto i 40 anni non si muore di Covid e non si finisce in terapia intensiva per Covid anche senza vaccino (e questo lo abbiamo imparato già nel 2020, quando i vaccini non c’erano e i decessi e ricoveri gravi under 40 erano rarissimi e riferiti a casi particolari con gravissime malattie pregresse).
Per quanto riguarda le altre fasce d’età più avanzate, il vaccino è un fondamentale strumento per abbattere il rischio di morte e di ricovero: i non vaccinati adulti hanno 15 volte in più il rischio di morire rispetto ai vaccinati, anche se per gli ultraottantenni questo beneficio scende a 9 volte, e dopo 6 mesi dal vaccino scende a 5-6 volte. Comunque meglio di niente. Simile la riduzione del rischio dei ricoveri.
Ma per quanto riguarda il contagio, è importante specificare che i non vaccinati hanno soltanto tra 3 e 4 volte in più la possibilità di contagiarsi e di contagiare rispetto a chi è vaccinato da meno di sei mesi, un vantaggio che crolla a 1 – 2 volte rispetto a chi è vaccinato da dopo sei mesi. Dopo sei mesi dalla vaccinazione, quindi, essersi vaccinati o non essersi vaccinati cambia poco o nulla. Un grande paradosso per i giovani, che in ogni caso non rischiano di morire né di essere ricoverati e sono chiamati alla vaccinazione soltanto per “solidarietà”, ma questa “solidarietà” non esiste perché rimangono comunque contagiabili e contagiosi:
Infine è molto utile la tabella che fornisce la stima vaccinale calcolata dall’Istituto Superiore di Sanità. Per quanto riguarda il contagio, anche nei vaccinati da meno di 6 mesi l’efficacia è scesa al 72,5% rispetto al 95% iniziale, ma pesa moltissimo il crollo dell’efficacia nelle persone che sono vaccinate da oltre sei mesi dove siamo al 40%. Significa che per sei persone su dieci è come se il vaccino non ci fosse mai stato, e quindi siamo punto e a capo.
Resta elevata la copertura dalle forme gravi (ricovero e morte) della malattia, che tuttavia scende all’80% dopo sei mesi dal vaccino. Un dato che è alto in termini relativi, ma pesa in termini assoluti perché significa che ogni 10 milioni di vaccinati ci saranno 2 milioni di vaccinati comunque esposti al ricovero e al decesso.
Ecco perché non stiamo vivendo la “pandemia dei non vaccinati” e anche per i vaccinati è assolutamente necessario non abbassare la guardia e affidarsi alle cure.