Il Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile: “il consumo di alimenti che lo contengono non favorisce lo sviluppo di metastasi”

Le osservazioni di Mauro Fontana, Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile
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In merito all’articolo “Tumori, l’eccessivo consumo di olio di palma favorisce la metastasi“, è intervenuto Mauro Fontana, Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, organizzazione costituita nel 2015 da un gruppo di associazioni di categoria e note aziende nazionali ed internazionali attive in vari settori merceologici che utilizzano nelle loro produzioni olio di palma, con l’obiettivo principale di promuovere l’impiego di olio di palma sostenibile da parte delle aziende italiane e la corretta informazione dei consumatori. (www.oliodipalmasostenibile.it).

La nostra prima considerazione è relativa all’equivalenza che viene fatta, già a partire dal titolo tra acido palmitico e olio di palma, che evidentemente non sono la stessa cosa. Inoltre, l’acido palmitico non è presente solo nell’olio di palma, bensì è l’acido grasso saturo più abbondante in natura e si trova comunemente in tutti gli alimenti che hanno una componente lipidica e che fanno parte della nostra dieta giornaliera, come l’olio di oliva, i latticini e la carne. L’elenco degli alimenti che contengono acido palmitico con indicazione delle relative quantità può essere consultato presso le seguenti banche dati ufficiali:

  • Banca dati di composizione alimenti per studi epidemiologici in Italia – BDA – Istituto Europeo di Oncologia IEO
  • Tabelle di Composizione degli Alimenti – CREA Centro di ricerca Alimenti e Nutrizione

Giornalmente assumiamo circa 20 g di acido palmitico, proveniente per il 34% da latte e derivati, il 28% da carne e derivati, e per il 20% da olio di oliva, mentre l’apporto proveniente da prodotti trasformati che possono contenere olio di palma, come ad esempio i prodotti da forno e gli snack è marginale. Inoltre, lo studio pubblicato su Nature a cui l’articolo si riferisce (Pascual, G., Domínguez, D., Elosúa-Bayes, M. et al. Dietary palmitic acid promotes a prometastatic memory via Schwann cells. Nature 599, 485–490 (2021) https://doi.org/10.1038/s41586-021-04075-0) è un lavoro sperimentale condotto su topi da laboratorio ai quali è stata somministrata una dieta particolarmente ricca di lipidi [1] (a base di olio di oliva e olio di palma, entrambi ricchi di acido palmitico), con l’obiettivo principale di studiare nuove terapie per il trattamento dei tumori metastatici. Nel lavoro non è stata descritta la composizione in acidi grassi della dieta e nei tessuti; quindi, non può essere valutato se ad un eccesso di acido palmitico corrisponde una eventuale carenza, rispetto alla dieta di controllo, di altri acidi grassi essenziali, come ad esempio gli omega-3. Pertanto, lo studio sembra più che altro indicare che una dieta estremamente squilibrata in grassi, sia qualitativamente che quantitativamente, possa regolare la capacità metastatica in modelli sperimentali. Il ruolo dell’acido palmitico viene valutato prevalentemente in vitro con concentrazioni non raggiungibili facilmente in vivo come acidi grassi liberi e solo con un incremento della sintesi endogena a partire dal glucosio, nota come “de novo lipogenesi” (DNL) e non derivante dall’acido palmitico nella dieta. Infatti, secondo gli stessi autori dello studio, l’acido palmitico in concentrazioni pari al range fisiologico umano non ha nessuna implicazione nella formazione dei tumori. In realtà l’acido palmitico è un grasso fondamentale per il nostro organismo e costituisce il 20- 30% del grasso corporeo umano. Un uomo di 70 kg è costituito per circa 3.5 kg di acido palmitico. L’apporto alimentare di acido palmitico svolge un ruolo importante nello sviluppo e nel metabolismo umano. Non a caso, il latte materno ne è ricco ed è appunto presente in tutti gli alimenti contenente grassi. La necessità di mantenere un certo range fisiologico di concentrazione tissutale di acido palmitico è garantita dal suo apporto con la dieta, ma in condizioni di apporto non sufficiente, come nel periodo fetale, prevale la sintesi endogena (DNL) a partire dal glucosio. La DNL persiste anche nella vita adulta, in maniera meno prevalente. Tuttavia, in condizioni di disregolazione metabolica può aumentare in maniera consistente, soprattutto se accompagnata da un eccesso di carboidrati e alcol nella dieta, incrementando significativamente i livelli di acido palmitico circolante. Pertanto, livelli elevati di palmitico nel sangue non sono dovuti ad un suo maggior apporto con la dieta, ma da una disregolazione della sua sintesi endogena. Infatti, in diversi modelli sperimentali e nell’uomo è stato dimostrato che un incremento dell’apporto di acido palmitico non aumenta i suoi livelli nel sangue“.

I risultati dello studio, prosegue il Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile,

non supportano la conclusione che il consumo di alimenti contenenti olio di palma favorisca lo sviluppo di metastasi“.

Nella seconda parte dell’articolo

“si svolge un approfondimento sull’olio di palma che riporta correttamente alcuni passaggi del noto parere dell’Istituto Superiore di Sanità, che ben chiaramente si esprime su questo ingrediente specificando che “non esistono componenti specifiche dell’olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute”“.

Il Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile coglie

inoltre l’occasione per ricordare che lo stesso CREA – Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione (che fa capo al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) ha dedicato una sezione specifica all’olio di palma nell’ultima edizione delle “Linee Guida per una Sana Alimentazione 2018” sgombrando il campo da ogni possibile dubbio circa la salubrità di questo ingrediente, chiarendo che:

  • come accade per molti alimenti, anche per l’olio di palma non si possono dare definizioni come “buono” o “cattivo”, e soprattutto è concettualmente sbagliato parlare di un valore nutrizionale positivo o negativo di un singolo componente senza inquadrarlo nel contesto della dieta globale;
  • grazie alla sua stabilità alle alte temperature l’olio di palma si presta molto bene per l’utilizzo industriale, non irrancidisce, è insapore nella sua forma raffinata e conferisce ai prodotti migliore consistenza, stabilità e struttura e offre il vantaggio di una minore formazione di prodotti di ossidazione;
  • i grassi saturi di origine vegetale che provengono da colture tropicali (olio di palma e cocco) hanno il merito di aver permesso di abbandonare il vecchio processo di saturazione “chimica” dei grassi vegetali insaturi – tramite idrogenazione catalitica – che dava luogo alla formazione di acidi grassi trans; 
  • anche per l’olio di palma vale la raccomandazione generale – ovvero la moderazione nel consumo – fornita per tutti i grassi ed in particolare quelli saturi;
  • ciò che il consumatore deve fare è controllare le etichette nutrizionali e verificare la quantità di grassi saturi nei prodotti che acquista. È il consumo di acidi grassi saturi (e non dell’olio di palma in sè) che deve essere limitato;
  • quando scegliamo un prodotto che non ha olio di palma non significa che possiamo consumare quel prodotto senza alcuna limitazione“.

Infine, conclude la nota,

la relazione tra i grassi alimentari totali, inclusi saturi, mono e polinsaturi e transinsaturi e il rischio cardiovascolare è stata oggetto di una revisione significativa. Le più recenti indicazioni della letteratura scientifica mettono in discussione il ruolo dei grassi saturi in quanto tali nell’aumento del rischio di malattie cardiovascolari, colesterolo, obesità, diabete e sindromi metaboliche e suggeriscono che occorra piuttosto tenere conto di fattori quali la matrice alimentare, la composizione dei pasti e la distribuzione dei macronutrienti. Per quanto riguarda nello specifico l’olio di palma diversi studi scientifici hanno confermato la neutralità dell’olio di palma sul metabolismo del colesterolo“.

[1] “High-fat diet experiments entailed feeding mice for 10 d with 42% Kcal fat-modified western diet supplemented with
either palm oil (TD 150067, Envigo) or olive oil (TD 09820, Envigo). Normal chow diet was used for the control
groups”

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