“Con l’ondata di protezionismi provocata dalla guerra in Ucraina, che ha portato per ultimo l’India a bloccare l’export di grano, è allarme carestia in 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione e risentono quindi in maniera devastante dall’aumento dei prezzi di grano e riso“: è quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che “si tratta di comportamenti che nei paesi ricchi generano inflazione che volerà nell’eurozona al 6,1% e il taglio delle stime di crescita del Pil ma in quelli poveri allarga l’area dell’indigenza alimentare soprattutto in Africa e in Asia“.
“La decisione dell’India di sospendere le esportazioni sconvolge i mercati dove aveva l’obiettivo di esportare ben 10 milioni di tonnellate di grano nel corso del 2022, anche se l’Italia – secondo la Coldiretti – non ha importato direttamente grano dal secondo produttore mondiale. Un annuncio che fa seguito – sottolinea la Coldiretti – a quella dell’Indonesia di sospendere le esportazioni di olio di palma, di cui il Paese e il primo produttore mondiale, a causa delle difficoltà sul mercato interno e del rischio di tensioni sociali. Ma anche Serbia e kazakistan hanno limitato con quote le spedizioni di cereali all’estero ed in Europa una misura simile, fortemente contestata dalla Commissione Europea, era stata presa dall’Ungheria con pesanti effetti per il mais sull’Italia che ne ha importato ben 1,6 miliardi di chili di mais nel 2021“.
“Una situazione che – sostiene la Coldiretti – aggrava gli effetti della guerra che coinvolge direttamente il commercio di oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate),” secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga.
“Peraltro il blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero a causa dell’invasione russa ha alimentato l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che – spiega la Coldiretti – si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori“.
“Il risultato è stato un balzo delle quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale che sono aumentate in media del 29,8% nell’ultimo anno ma a tirare la volata sono i prezzi internazionali dei cereali cresciuti del 34% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 24%, lo zucchero aumenta di oltre il 22%, la carne del 17% ed i grassi vegetali sono balzati addirittura del 46% rispetto all’anno scorso,” secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati Fao ad aprile.
“La carenza di grano ha infatti portato molte comunità al cambio della dieta con la sostituzione dei piatti a base di grano con il riso che ha registrato un balzo dei prezzi e dei consumi mondiali che nel 2022 – spiega Coldiretti – raggiungeranno il record degli ultimi dieci anni con quasi 521 milioni di tonnellate in aumento di oltre 9 milioni rispetto all’anno precedente. Si tratta – continua Coldiretti – del cereale più consumato al mondo alla base della dieta di molte comunità, a partire dai paesi asiatici ma anche in alcune aree dell’Africa“. “L’emergenza mondiale riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti, il 35% del grano duro per la pasta e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, anche se è però autosufficiente per il riso di cui è il primo produttore europeo con oltre il 50% dei raccolti per un totale di circa 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno, anche se quest’anno in forte calo per effetto della siccità e degli alti costi di produzione“.
“Bisogna invertire la tendenza ed investire per rendere il Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali ed europei” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “nell’immediato occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici“.