Le autorità dello Xinjiang, in Cina, hanno comunicato che la diffusione del Covid nella capitale Urumqi è stata fermata e per questo motivo, sono state allentate alcune restrizioni. Nella notte erano scoppiate feroci proteste nella provincia occidentale a maggioranza musulmana e turcofona. Il governo locale ha inoltre affermato che tutte le persone contagiate sono già sotto monitoraggio.
Dopo le proteste di ieri sera, l’annuncio è stato accolto con scetticismo e sarcasmo sul social network Weibo. Ieri sera, sono avvenuti duri scontri tra forze di sicurezza e i manifestanti che chiedono con forza “la fine del lockdown”. Ad accendere le proteste è stato l’incendio (forse causato da un guasto elettrico) nel quale il 24 novembre hanno perso la vita dieci persone, costrette forzatamente all’isolamento all’interno di un complesso residenziale. Nonostante le scuse delle autorità locali e la promessa di punire i responsabili, le proteste non si sono placate.
In Cina, la politica “zero-Covid” ha già alimentato focolai di tensione in altre aree. Al momento, le proteste anti-lockdown stanno interessando 9 città cinesi. A Zhengzhou, in settimana centinaia di dipendenti dello stabilimento Foxconn – dove viene prodotto il 70% degli iPhone a livello globale – hanno protestato perché costretti ad alloggiare in dormitori assieme a lavoratori positivi al coronavirus. Molti poliziotti, inoltre, sono schierati a Guangzhou, nel distretto di Haizhu, a seguito di una nuova manifestazione anti-lockdown.
Manifestazioni a causa delle restrizioni anti-Covid anche a Shangai. “Dimissioni del Partito Comunista! Xi Jinping dimettiti”, sono gli slogan dei manifestanti nella megalopoli cinese.