Proteste contro la politica “zero Covid” della Cina: “popolazione sfiancata da una strategia assurda”

Mentre la Polizia barrica la via delle proteste a Shanghai, queste raggiungono anche Hong Kong. Gli esperti evidenziano il fallimento della politica "zero Covid" della Cina
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La Cina non si arrende nella sua insensata politica “zero Covid”, nonostante le proteste scoppiate in numerose città, dopo 3 anni di rigide restrizioni e lockdown imposti appena viene rilevato un nuovo caso. “Crediamo che con la leadership del Partito comunista della Cina e con il sostegno di tutto il popolo cinese, la nostra battaglia contro il Covid-19 avrà successo’, ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian, affermando che Pechino sta affrontando con decisione la questione. La Cina, ha aggiunto, sta portando avanti ”la politica zero Covid” e il governo ha ”apportato modifiche in base alla realtà sul campo”.  

Cina: lievi miglioramenti a Pechino e Guangzhou  

Guangzhou e Pechino sono due degli epicentri dell’ultima ondata di contagi da Covid in Cina. Nel capoluogo del Guangdong, i contagi hanno cominciato a salire già il mese scorso, e sono stati accompagnati dai test di massa. Dall’inizio dell’ultima ondata sono più di 136mila i contagi, oltre settemila dei quali registrati ieri. 

Dopo le proteste del weekend, nelle due città si registrano lievi miglioramenti. A Pechino, le autorità sanitarie, riprese dal South China Morning Post, hanno chiarito che le aree ad alto rischio dovranno essere definite in maniera più precisa, indicando non solo il complesso di edifici in cui si riscontrano casi positivi al Covid, ma anche la palazzina in cui questi casi sono rintracciati. Le aree di rischio possono essere successivamente espanse nel caso non sia chiara la trasmissione del virus o nel caso in cui il virus si sia effettivamente diffuso, ma solo dopo una “valutazione rigorosa”. 

Guangzhou, invece, punta a ridurre il numero di tamponi effettuati sulla popolazione. Sette degli undici distretti della metropoli sudorientale cinese hanno deciso di risparmiare dai tamponi di massa le persone che non devono lasciare la loro abitazione, come gli anziani, gli studenti che seguono corsi on line e chi lavora in smartworking, nel tentativo di ridurre i casi di infezione e di risparmiare risorse. Hanno iniziato a seguire questa strada i distretti di Yuexiu e Liwan, riporta il magazine economico-finanziario Caixin, e oggi hanno fatto seguito anche gli altri, con l’esclusione dei quattro distretti maggiormente colpiti dalle restrizioni.  

Cina: la Polizia barrica e presidia la via delle proteste a Shanghai 

La Polizia cinese ha eretto barricate lungo la Urumqi Raod, la strada di Shanghai dove negli ultimi due giorni si sono concentrate le proteste. Le manifestazioni si sono intensificate dopo l’incendio che a Urumqi, la capitale della provincia dello Xinjiang che dà il nome alla strada di Shanghai, ha causato la morte di 10 persone. Un bilancio aggravato, secondo le denunce sui social, dal ritardo con cui sono giunti i soccorsi a causa dei blocchi imposti per il lockdown e dalla paura di violare le restrizioni. Manifestazioni di cordoglio per le vittime di Urumqi e di protesta si sono svolte a Pechino, Shanghai, Chengdu ed altre grandi città della Cina negli ultimi due giorni, oltre che in decine di campus universitari.  

A Shanghai, si sono verificati scontri e la polizia ha proceduto ad effettuare arresti. Questa mattina, gli agenti hanno eretto grandi barricate azzurre lungo la Urumqi Road di Shanghai in previsione di nuove, possibili proteste e la zona è presidiata in forze dalla Polizia, secondo residenti e immagini diffuse online. Gli atti di disobbedienza civile, descritti come le più importanti manifestazioni di protesta viste in Cina negli ultimi decenni, testimoniano lo scetticismo diffuso tra la popolazione cinese nei confronti della politica zero-Covid delle autorità.  

Molte manifestazioni sono state occasione per invocare democrazia, stato di diritto, libertà di stampa, fine delle misure di censura online. “Vogliamo rispetto, non menzogne. Vogliamo riforme, non una rivoluzione culturale. Vogliamo un voto, non un leader. Vogliamo essere cittadini, non schiavi“, urlava una donna applaudita durante una manifestazione sulla Wuyuan Road a Shanghai, nel distretto di Xuhui.  

Nel corso di una conferenza stampa tenuta oggi, un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha attribuito il collegamento tra l’incendio di Urumqi e le misure anti-Covid a “forze con altre motivazioni”.  

Covid: la protesta arriva anche a Hong Kong 

Un gruppo di cittadini si è riunito in protesta nel centro di Hong Kong stringendo tra le mani i fogli bianchi diventati simbolo delle proteste in Cina. Lo si apprende da un messaggio su Twitter condiviso dall’attivista di Hong Kong in esilio nel Regno Unito, Nathan Law, secondo cui le forze dell’ordine sopraggiunte sul posto hanno consultato i documenti d’identità dei presenti. I residenti si sono radunati per commemorare le dieci vittime dell’incendio divampato il 24 novembre nella regione autonoma dello Xinjiang, il cui soccorso sarebbe stato ostacolato proprio dalle restrizioni contro il Covid. 

Cina: l’Onu chiede il rispetto dei diritti dei manifestanti pacifici  

L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha invitato le autorità cinesi a non “detenere arbitrariamente” i manifestanti che stanno protestando pacificamente contro le restrizioni sanitarie e per una maggiore libertà. “Chiediamo alle autorità di rispondere alle proteste in conformità con le leggi e gli standard internazionali sui diritti umani”, ha detto un portavoce, aggiungendo che “nessuno dovrebbe essere arbitrariamente detenuto per aver espresso pacificamente le proprie opinioni”.  

Bassetti: “in Cina popolazione sfiancata da una strategia assurda e antiscientifica” 

Mi stupisco del fatto che i cinesi inizino a protestare solo oggi. La popolazione è sfiancata da questa politica ‘Covid Zero’ assolutamente sbagliata, antiscientifica, assurda e autoreferenziale, che è stata un fallimento. Ma il Governo cinese copre con questa politica mancanze enormi e disorganizzazione nella campagna vaccinale: ha usato un vaccino che funziona al 50%, quando va bene. La popolazione più fragile e gli anziani sono poco vaccinati, le autorità sanitarie non hanno antivirali e monoclonali. Quindi, fondamentalmente, il governo prova a limitare il contagio di un virus che viaggia veloce, perché ha paura dell’impatto di tale circolazione virale. Hanno perso miliardi di dollari in questi tre anni, che potevano investire in cure e prevenzione”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.  

Non è solo un problema del Covid ma culturale, la popolazione si ribella a questo metodo conservatore della politica e a come viene affrontato scientificamente un virus. Attenzione – conclude Bassetti – quello che non è accaduto in Cina quando ci furono le manifestazioni di piazza Tienanmen, potrebbero oggi ottenerlo le proteste contro le politiche anti-Covid”. 

Vella: “in Cina proteste prevedibili, misure difficili da sostenere” 

In Cina erano prevedibili le proteste, vista la durezza delle misure di restrizione anti-Covid che si protraggono da tempo, nell’ottica della strategia ‘Covid zero’, molto difficile da ottenere con questo virus”. Così all’Adnkronos Salute Stefano Vella, docente di salute Globale all’università Cattolica di Roma. “Sicuramente le persone sono stanche ed esasperate – continua – sul piano strettamente tecnico non abbiamo dati per poter dire quanto i lockdown abbiano funzionato, quello che è certo è che la sostenibilità delle misure da parte della popolazione non si può ignorare. Non sappiamo, ad esempio, quale copertura vaccinale ci sia”, dice Vella, sottolineando che nel Paese “possiamo immaginare che i contagi siano un problema serio nelle città, che sono, come sappiamo, super affollate, ma meno sentito nelle aree rurali”.  

Ministro degli Esteri britannico: “Pechino prenda atto delle proteste” 

Le autorità cinesi dovrebbero “prendere atto” delle proteste in corso in tutto il Paese contro la politica di contenimento del Covid. Lo ha detto il Ministro degli Esteri britannico James Cleverly parlando alla stampa. “Le proteste contro il governo cinese sono rare e quando accadono penso che il mondo dovrebbe prenderne atto, ma penso che il governo cinese dovrebbe prenderne atto”, ha detto Cleverly.  

Apple produrrà 6 milioni di iPhone Pro in meno per i blocchi in Cina  

Le agitazioni del personale nella struttura Foxconn Technology a Zhengzhou, in Cina, dove si producono la maggior parte degli iPhone Pro di Apple, potrebbero portare ad un calo della produzione di oltre 6 milioni di telefoni premium, tra i più popolari della compagnia. A rivelarlo è il sito di notizie Bloomberg. Gli operai dello stabilimento stanno protestando contro i blocchi per il Covid e i disordini stanno incidendo sui ritmi di produzione. Foxconn ritiene di poter colmare eventuali carenze nella catena già nel 2023, ma Apple ha abbassato gli obiettivi di produzione da 90 milioni di unità a 87 milioni di unità.  

 

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