L’ondata di contagi da Covid-19 in Cina delle ultime settimane, che sta mettendo a dura prova il sistema sanitario nazionale, è la più grande mai registrata al mondo dall’inizio della pandemia, arrivando a produrre in un solo giorno 37 milioni di contagi. Lo riferisce l’agenzia Bloomberg che cita verbali di una riunione di mercoledì scorso della Commissione Nazionale per la Sanità, l’ente del governo cinese che stende quotidianamente il bollettino dei contagi e dei decessi nel Paese, e che proprio recentemente ha rivisto le modalità di conteggio dei morti per Covid-19, riducendoli a una frazione minima del loro numero reale.
Nei primi venti giorni di dicembre sarebbero stati 248 milioni, circa il 18% della popolazione cinese, i casi di persone che hanno contratto il virus, secondo fonti coinvolte nelle discussioni che citano stime della Commissione stessa, e in particolare, nel corso di questa settimana, si sarebbe toccato il picco di 37 milioni di contagi in un solo giorno.
I documenti, risalenti al 21 dicembre e divulgati su Weibo il giorno successivo, restituiscono un quadro epidemico molto più preoccupante di quello sin qui delineato dal bollettino ufficiale. Stando ai testi circolati, i vertici della Commissione sarebbero preoccupati dalla diffusione dell’epidemia soprattutto nelle aree rurali, dove vi sono risorse mediche “insufficienti” e “molti anziani con malattie croniche“. Dal primo dicembre sembrano essere state rilevate in tutto 12 varianti di Omicron, con un’alta diffusione della sottovariante BF.7 a Pechino, nella regione autonoma nord-occidentale dello Xinjiang, nella provincia nord-orientale dello Heilongjiang e in quella sud-occidentale di Guizhou.
L’elevato numero di contagi nel Paese parrebbe confermato anche dalle dichiarazioni rilasciate al quotidiano statunitense “Wall Street Journal” e al britannico “Financial Times” dai dipendenti di forni crematori e camere mortuarie, i quali riferiscono di essere letteralmente “sommersi” dal lavoro dopo l’abbandono della draconiana politica “zero Covid” che ha sin qui caratterizzato la strategia cinese di contenimento del virus. I due quotidiani anglosassoni ritengono non realistici i dati ufficiali delle autorità sanitarie, e fonti diplomatiche occidentali a Pechino concordano con tale valutazione. Queste ultime ricordano come anche a Wuhan, all’inizio della pandemia, il numero reale delle vittime fu fortemente sottostimato: i decessi formalmente segnalati furono solo quattromila, ma si ritiene che il numero sia molto maggiore e compreso tra le 60 e le 80 mila vittime.
Nel frattempo, il direttore del dipartimento di malattie infettive del primo ospedale dell’Università di Pechino, Wang Guiqiang, ha offerto chiarimenti sulle modalità di classificazione dei decessi legati al Covid-19 nel bollettino epidemico ufficiale. La Commissione sanitaria nazionale dà conto unicamente dei soggetti deceduti per polmoniti o insufficienza respiratoria indotta dal virus, escludendo dal computo le persone positive ma affette da ictus, malattie cardiovascolari o patologie pregresse. A livello nazionale è stata inoltre istituita una rete ospedaliera utile a monitorare le mutazioni del virus e tenere traccia dell’emersione di nuove varianti. Il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie ha istituito una rete di raccolta dati che coinvolge un ospedale in ogni città e tre città in ogni provincia. Stando a quanto riferito dal direttore dell’Istituto nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie, Xu Wenbo, ogni ospedale dovrebbe prelevare diversi campioni: 15 dai pazienti presenti negli ambulatori e nei centri di pronto soccorso, dieci dai soggetti affetti da gravi patologie e da tutti i deceduti.
I dati genomici ottenuti dal campionamento saranno caricati nel database nazionale nell’arco di una settimana per l’analisi e il sequenziamento, che permetteranno di determinare la distribuzione di eventuali sottovarianti a rischio emersione nel Paese, ha spiegato Xu. L’iniziativa non solo permetterà alla Cina di “monitorare in tempo reale la dinamica della trasmissione di Omicron e la proporzione delle sue sottovarianti“, ma anche di elaborare “una base scientifica per lo sviluppo di vaccini“, ha aggiunto ancora l’esperto. Negli ultimi tre mesi sono state individuate nel Paese più di 130 sottovarianti Omicron, inclusi diversi ceppi BQ.1 e XBB che circolavano negli Stati Uniti, nel Regno Unito e a Singapore già a ottobre. Mentre BA5.2 e BF.7 rimangono dominanti in Cina, altrettanto diffusi sono anche i ceppi riconducibili a BQ.1 e XBB, rilevati rispettivamente in nove e tre province.