ISTAT: record negativo di natalità, ancora in calo anche nel 2022

L'ISTAT ha pubblicato il rapporto sulla Natalità e fecondità della popolazione residente
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Ancora un record negativo per la natalità: nel 2021 i nati scendono a 400.249, facendo registrare un calo dell’1,1% sull’anno precedente (-4.643). Dal 2008 le nascite sono diminuite di 176.410 unità (-30,6%). Questa diminuzione è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (314.371 nel 2021, quasi 166 mila in meno rispetto al 2008): è quanto rileva l’ISTAT nel rapporto sulla Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2021.

La denatalità prosegue nel 2022. Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre le nascite sono circa 6 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Il numero medio di figli per donna, per il complesso delle residenti, risale lievemente a 1,25 rispetto al 2020 (1,24). Negli anni 2008-2010 era a 1,44. E’ di 1,18 il numero medio di figli delle donne di cittadinanza italiana. Era 1,33 nel 2008. E’ di 31,6 l’età media alla nascita del primo figlio, mentre del 39,9% la percentuale di nati fuori dal matrimonio. Era il 35,8% nel 2020.

Nel complesso, a diminuire sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 240.428, quasi 20mila in meno rispetto al 2020 e 223mila in meno nel confronto con il 2008 (-48,2%). Ciò secondo l’ISTAT è dovuto innanzitutto al forte calo dei matrimoni, che si è protratto fino al 2014 (con 189.765 eventi a fronte dei 246.613 del 2008) per poi proseguire con un andamento altalenante. A ciò va aggiunto che nel 2020 la pandemia ha indotto molte persone a rinviare o a rinunciare alle nozze al punto da sì che il numero dei matrimoni si sia pressoché dimezzato (-47,4%).

Il nostro Paese può farcela a superare le secche della crisi economica, dell’inverno demografico, del declino, secondo il professor Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’ISTAT, a patto però che ci si rimbocchi le maniche “e si facciano scelte di responsabilità e di buon senso“, spiega in un’intervista a La Stampa. “Forse non sarà un’Italia spumeggiante come al tempo della “Milano da bere”, ma è pur sempre un Paese che ha saputo reagire bene, e diciamo pure meglio di altri, agli effetti sanitari ed economici di una grave pandemia“. “È vero che l’età media è più avanzata, ma i cicli, chiamiamoli della vitalità, si sono spostati in avanti. Sia all’ingresso nel mondo del lavoro, sia all’uscita“.

In merito alla denatalità, Blangiardo ha affermato: “Il numero di nati anche quest’anno sarà ai minimi termini” ma “si ‘deve’ arrestare e cercare di invertire tempestivamente il trend. Su ‘come’ e ‘dove’ intervenire, si è già da tempo identificata la terapia. Il costo dei figli, la cura degli stessi (scuole materne e asili), la conciliazione tra maternità e lavoro (senza penalizzazioni retributive e di carriera), sono tre fondamentali leve su cui agire. La quarta che aggiungo è un nuovo orientamento culturale, che sappia trasmettere ai genitori (specie se di più figli), e lo faccia con segni di gratificazione concreta, una vicinanza da parte dell’intera comunità“.

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