Virus sinciziale e influenza, ospedali pediatrici sotto pressione: “mix di virus, sarà lunga”

Dotta (Sin): “in difficoltà Centro e Nord Italia nella morsa di virus respiratorio sinciziale, influenza e Covid che non molla”
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Le terapie intensive pediatriche di tutta Italia sono sotto pressione per l’epidemia da bronchiolite causata da virus respiratorio sinciziale che quest’anno è iniziata prima e sta facendo moltissimi contagi e ricoveri tra i più piccoli. A complicare la situazione del virus sinciziale, si aggiunge l’influenza australiana che ha fatto salire i ricoveri nei reparti da Nord a Sud.  

L’ECDC (il Centro europeo per il controllo delle malattie) ha indicato che i dati da tutta Europa mostrano “un alto rischio” per i sistemi sanitari di essere sottoposti “a pressioni severe” a causa del sovrapporsi di influenza stagionale, Covid e bronchioliti e polmoniti infantili causate dal virus respiratorio sinciziale (RSV). 

In Italia, l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze è preso d’assalto, con un’affluenza record in questi giorni per il sovrapporsi delle tre malattie. A Bologna, l’ospedale Maggiore è stato costretto a riorganizzare i suoi spazi, rinunciando a sale giochi e altre aree per far posto a nuovi letti. Si registra già anche qualche trasferimento di piccoli pazienti tra regioni, come successo al Gaslini di Genova, per far fronte alle richieste di ricovero. 

Virus sinciziale: i sintomi a cui prestare attenzione 

Quest’anno, “l’epidemia da virus sinciziale è iniziata prima, come nel 2021. Ma vediamo anche tanti bimbi di 2 o 3 anni con un’insufficienza respiratoria grave“, ha spiegato all’ANSA Fabio Midulla, Presidente della Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (Simri) e responsabile del Pronto Soccorso pediatrico dell’Ospedale Umberto I di Roma, uno dei più grandi d’Italia. I primi segnali che i genitori devono saper intercettare “sono tosse associata a riduzione dell’alimentazione e fatica a respirare che si manifesta con accelerazione del respiro”. Il virus che colpisce i bronchioli, ovvero le parti terminali delle vie respiratori, “con conseguenze gravi nei bambini che lo contraggono nei primi mesi i vita, è molto comune da novembre ad aprile”. 

Neonatologi: “reparti pieni di bronchioliti e mix di virus, sarà lunga” 

Avevamo lanciato l’allarme a ottobre” sull’arrivo di una “nuova ondata di virus respiratorio sinciziale (RSV), sulla base dei dati che arrivavano dall’emisfero australe, dove l’inverno è anticipato di 6 mesi, e dei dai del mondo anglosassone. Quindi sapevamo che quest’anno c’era un rischio di molto superiore rispetto agli anni scorsi, sia per i neonati nei primi mesi di vita sia per i bambini al di sotto dei 5 anni. E questo si sta verificando. Lo vediamo negli accessi in Pronto soccorso e non solo: tutti i reparti, intensivi e anche di degenza, sono ormai occupati con bambini affetti da bronchiolite, che si somma all’epidemia di influenza, quest’anno straordinariamente sovrapposta. E un ruolo non troppo secondario ce l’ha anche il Covid”. A segnalare all’Adnkronos Salute la situazione di grande pressione che stanno vivendo le strutture sanitarie pediatriche è Andrea Dotta, componente del Consiglio direttivo della Società italiana di neonatologia (Sin).  

“La sovrapposizione di queste tre patologie – spiega l’esperto – rende difficile la distinzione fra le forme. Ed esistono numerosi casi di coinfezione: abbiamo neonati e lattanti che sono sia positivi al virus respiratorio sinciziale e sia positivi al virus influenzale, con condizioni cliniche sicuramente più impegnative rispetto agli scorsi anni. Questo vale per aree geografiche anche diverse in cui verosimilmente si ha più una differenza di inizio del picco epidemico. In Centro Italia, per esempio, siamo in pieno marasma con reparti e Pronto Soccorso assolutamente pieni, e siamo a conoscenza di una grandissima difficoltà nel Nord Italia. La situazione è molto diversa” quest’anno. “I dati li potremo tracciare solo a fine stagione – premette Dotta – però siamo in condizioni peggiori dell’anno scorso”. 

In termini di numeri, analizza, “l’anno scorso c’era stato un picco un po’ anticipato rispetto a quello che era l’atteso. Picco che poi però si è limitato nel tempo, perché più o meno in coincidenza con le festività natalizie aveva ripreso” forza “il Covid e c’era stato il riutilizzo delle mascherine e di tutte le barriere” anti-contagio. “Avevamo così assistito a un crollo improvviso, immediato delle infezioni da virus respiratorio sinciziale. Quest’anno invece l’assenza di quelle barriere la stiamo pagando a caro prezzo, sia con una numerosità molto maggiore” dei casi “sia con una gravità maggiore delle forme“. Il timore, quindi, è che “stavolta non ci sia quel crollo di casi, che questa epidemia abbia la durata tipica delle epidemie respiratorie, circa tre mesi. E, se l’impatto è così pesante, si va a gravare su una possibilità di assistenza anche delle altre patologie, che ovviamente non scompaiono”.  

Per dare una fotografia della situazione, continua Dotta, “all’ospedale Bambino Gesù” di Roma “noi quest’anno abbiamo molti accessi in più, sia in Pronto Soccorso che come ricoveri, e nel dipartimento di Neonatologia abbiamo dovuto dedicare 16 posti letto in questo momento tra semintensiva e intensiva per i neonati, più altre aree semintensive che accolgono lattanti di pochi mesi. Quindi un numero elevatissimo di casi ricoverati”. Questi posti “sono pieni, con un turnover molto rapido perché appena il bambino può tornare a casa viene dimesso. E c’è sempre il Pronto Soccorso con una grande pressione sugli operatori sanitari, sui posti letto, sull’ottimizzazione delle risorse“.  

Proprio in considerazione delle premesse che accompagnavano questa nuova stagione invernale, ricorda lo specialista, “la Società italiana di neonatologia aveva chiesto di anticipare la profilassi con anticorpi monoclonali per il virus respiratorio sinciziale, prevista per categorie a rischio e soprattutto neonati pretermine. E in effetti stiamo vedendo che nelle aree dove è stato fatto ha avvantaggiato queste popolazioni. Tra i ricoverati non ci sono o sono pochissimi i bimbi che hanno fatto la profilassi, mentre ci sono perlopiù bambini che non l’hanno fatta perché non rientravano nelle categorie previste dalla normativa. Quindi sono tutti bambini senza fattori di rischio particolari, che stanno contraendo una forma molto impegnativa”.  

Una forma che “con coinfezioni dura diversi giorni. I sintomi principali – illustra Dotta – sono difficoltà respiratoria, tosse molto insistente, in alcuni casi febbre. Ma quello che porta poi al ricovero è sia una difficoltà nell’ossigenazione e sia una disidratazione, per cui un’alimentazione non adeguata“. Cosa si farà adesso? “E’ stata fatta presente questa situazione di grande pressione sulle strutture sanitarie – spiega il componente della Sin – e si andrà a chiedere all’Agenzia italiana del farmaco AIFA di poter ampliare, se verrà confermata questa necessità, l’estensione della profilassi con una dose aggiuntiva verso il mese di marzo. La situazione sanitaria è sotto controllo quotidianamente per cui sia i grandi ospedali che gli assessorati sono costantemente informati sul grado di epidemia e sul tasso di occupazione delle unità operative più complesse che è assolutamente del 100%”.  

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