A seguito delle dichiarazioni del Ministro Schillaci sulle e-cig, il presidente dell’associazione italiana dei consumatori di sigarette elettroniche Anpvu, Carmine Canino, e il cardiologo greco Konstantinos Farsalinos hanno inviato una lettera al Ministero della Salute e, per conoscenza, al Consiglio superiore di sanità e alla responsabile del Centro nazionale dipendenze dell’Istituto superiore di sanità, Roberta Pacifici, chiedendo l’istituzione di un tavolo tecnico.
Ecco il testo integrale della lettera:
“In occasione della Giornata mondiale senza tabacco 2022 tenutasi a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità il 31 maggio 2022 è emerso un dato preoccupante: i fumatori in Italia sono 12,4 milioni (il 24,2% della popolazione), circa 800 mila in più rispetto al 2019, e tra questi molti sono soggetti affetti da patologie fumo-correlate. In Italia si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco oltre 93.000 morti con costi diretti e indiretti pari a circa 25 miliardi di euro. I dati appena menzionati invitano a una seria riflessione: c’è ancora molto da fare nella lotta al tabagismo superando le classiche ed inefficaci politiche istituzionali spesso legate ai Centri Antifumo ed al Numero verde per il sostegno ai fumatori. A tal proposito ci piacerebbe conoscere anche i costi che il Ministero della Salute sostiene annualmente per il mantenimento di questi 2 servizi che, a quanto pare rappresentano attualmente solamente uno spreco di risorse.
L’ANPVU pone, quindi, una conseguente e naturale domanda al Ministero della Salute e a tutti gli stakeholder che si occupano di sanità pubblica in Italia: non vale la pena che, come già si fa in molti stati europei con ottimi risultati, anche nel nostro Paese ci si apra ad un più proficuo approccio nei confronti dei vaporizzatori personali quali strumenti per la riduzione del danno da tabacco combusto?
Tutto questo, secondo l’ANPVU è assolutamente possibile, ma occorrerà un’indispensabile e rinnovata apertura istituzionale, nonché una maggiore disponibilità ad affrontare definitivamente il problema. Avere come obiettivo l’eliminazione di ogni dipendenza è certamente nobile ma per ottenere un tale risultato bisogna intervenire su campagne di sensibilizzazione mirate ed efficaci.
È preoccupante che, dopo tanti anni di ricerche approfondite e di esperienza con l’attuazione della Direttiva sui prodotti del tabacco del 2014, non si riesca a capire la differenza tra fumo e strumenti di riduzione del danno. Non solo non si riesce a sfruttare le enormi prospettive dei prodotti di riduzione del danno per rendere il fumo obsoleto, ma si passa al lato opposto, limitando continuamente la variabilità, l’accessibilità e l’attrattiva dei prodotti. La riduzione del danno è una filosofia e una strategia consolidata per combattere i rischi della vita quotidiana e le abitudini dannose, e la riduzione del danno da tabacco non è diversa. Anzi, probabilmente ha la prospettiva più forte di ridurre le malattie e i decessi e di promuovere la salute pubblica, in linea con la Carta di Ottawa del 1986 dell’OMS, secondo cui la promozione della salute è il processo che consente alle persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla.
Invitiamo, quindi, vivamente le autorità di regolamentazione e i politici italiani a considerare la totalità delle prove, a valutare l’ampia ricerca e le prove sulla riduzione dei danni rispetto al tabacco combusto e a seguire il principio indiscusso della regolamentazione proporzionata al rischio, che è l’unico modo per garantire che vengano prese decisioni appropriate a favore della salute pubblica.
Per l’insieme di tali ragioni riteniamo auspicabile l’istituzione di un tavolo tecnico, alla presenza nostra e di tutte le rappresentanze di settore, affinché si possa poter procedere ad una rivalutazione dell’attuale impianto normativo e conseguente introduzione di un regime fiscale maggiormente equo e rispettoso dei diritti di consumatori, rivenditori e produttori che operano nel nostro Paese“.