“A partire da oggi lascio l’Università di Padova“. E’ quanto dichiarato all’ANSA dal sen. Andrea Crisanti, che all’Ateneo padovano ricopriva il ruolo di docente ordinario di microbiologia. La decisione, ha proseguito Crisanti, è legata all’indagine sui tamponi rapidi della Procura di Padova, e alla diffusione di alcune intercettazioni telefoniche che lo riguardano. Senza voler entrare nel merito, Crisanti ha aggiunto di volere “essere libero di prendere ogni decisione che mi riguarda, visto anche – ha concluso – che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell’Università“.
“Dichiarazioni di una gravità senza precedenti. Lo inseguo fino alla fine del mondo per inchiodarlo su qualsiasi responsabilità che ha nei miei confronti. Questo regime di intimidazione in questa Regione deve finire“. E’ il commento rilasciato da Crisanti, in risposta a quanto emerso dalla trasmissione ‘Report’ su alcune parole del governatore del Veneto, Luca Zaia, in una telefonata intercettata, in cui avrebbe parlato di portare il microbiologo, oggi senatore Pd, “allo schianto“.
Dichiarazioni dalle quali sembra emergere che l’esperto sarebbe stato preso di mira da Zaia per le proprie prese di posizione sulla gestione della pandemia e in particolare sui tamponi rapidi. “Qui è un problema di etica, non è un problema politico. Accolgo con sgomento queste dichiarazioni. Perché poi non sono solo queste le dichiarazioni“, dice Crisanti. “Chiaramente io ho fatto accesso agli atti e ci sono ben altre dichiarazioni, in cui si dimostra che lui è l’orchestratore di una campagna di diffamazione e discredito nei confronti, tra le altre cose, di una persona che lavora per la Regione e che, tra le altre cose, ha preso delle posizioni proprio per salvaguardare la Regione stessa – sostiene il virologo -. Evidentemente se fosse stato preso sul serio lo studio che ho fatto e che poi è stato pubblicato su ‘Nature’, chiaramente avrebbero dovuto riflettere sugli ordini che stavano facendo e gli appalti per 200 e passa milioni di euro. Questi praticamente hanno accettato come giustificazione la dichiarazione di Rigoli (direttore della microbiologia di Treviso, incaricato di confermare l’idoneità clinico-scientifica dei tamponi, ndr) che non ha fatto nessuno studio, ed erano addirittura consapevoli che non l’aveva fatto“.
Dirigenti della sanità del Veneto: “le affermazioni di Crisanti non rappresentano la realtà”
”Riteniamo necessario, doveroso, stabilire una serie di punti fermi a difesa di chi ha lottato con il Covid per lunghi anni, prendendo decisioni che anche i più autorevoli organi a livello nazionale e internazionale hanno decretato corrette, a tutela dei professionisti della sanità e del mondo accademico che li ha affiancati. Lo facciamo dal punto di vista scientifico, senza entrare nel merito della comunicazione politica, ma dicendo con chiarezza che quanto espresso anche quest’oggi dal senatore Crisanti non rappresenta la realtà delle cose”. Così Gianluigi Masullo, direttore generale (facente funzioni) della sanità della Regione Veneto, interviene nella vicenda che coinvolge il microbiologo e senatore Pd Andrea Crisanti, nell’ambito dell’indagine in corso sui tamponi rapidi in Veneto.
‘‘La strategia della Regione del Veneto, tesa al perseguimento dell’obiettivo ultimo di prevenire il più possibile contagi, ricoveri e decessi, si è sempre fondata, fin dalle prime fasi dell’emergenza pandemica, su indicazioni tecnico-scientifiche di livello internazionale e nazionale. Il cardine della strategia regionale è sempre stato l’individuazione precoce di tutti i possibili soggetti positivi al SARS-CoV-2, anche asintomatici, per l’adozione tempestiva delle misure di sanità pubblica”, prosegue Masullo, sentita la direttrice del Dipartimento di Prevenzione, Francesca Russo. “È bene ricordare – si legge nella nota – che nei periodi più critici della pandemia la massima capacità dei test molecolari era di 23mila unità al giorno. A fronte di una richiesta di prestazioni che arrivava ad oltre 170mila tamponi al giorno: considerati 30mila ospiti case di riposo, 54mila ai dipendenti della sanità, cui si aggiungevano tutti i ricoveri e gli accessi nei Pronto Soccorso. E, ovviamente, quelli richiesti dal resto dei cittadini veneti. Prendendo ad esempio il 15 gennaio del 2022 sono stati effettuati 24.832 test molecolari e 164.189 test antigenici. Con un numero di positivi di 13.094 persone, la maggioranza dei quali emersi proprio dai test rapidi. Cosa sarebbe accaduto se non fossero stati effettuati?”.
”Negli scenari più impegnativi – proseguono i dirigenti della sanità del Veneto – è stato possibile estendere la protezione della popolazione rafforzando l’attività di contact tracing, grazie alla contestuale introduzione, accanto ai test molecolari e non in loro sostituzione, dei test antigenici rapidi, che sono stati utilizzati nel rigoroso rispetto delle indicazioni di utilizzo internazionali e nazionali. Una scelta basata su precise indicazioni non certo regionali, ma dell’Istituto superiore di sanità, del ministero della Salute e adottata anche a tutti i livelli delle principali istituzioni internazionali, a partire dell’Organizzazione mondiale della sanità. Tamponi utilizzati da tutto il mondo, autorizzati dall’Aifa a seguito anche di trial scientifici pubblicati dal Lancet”. “L’unica decisione adottata in piena autonomia avvenne il 21 febbraio 2020, quando il presidente regionale in totale autonomia, contro i pareri del mondo scientifico, decise di effettuare i tamponi all’intera cittadinanza di Vò Euganeo, decretando l’istituzione della zona rossa”.
“Voler far passare il concetto che i test antigenici hanno addirittura favorito la mortalità e che non siano stati utili nel completamento degli screening appare davvero un vilipendio alla professionalità dei tanti autorevoli esperti che hanno impegnato tutte le loro energie e le loro conoscenze per assicurare le miglior tutela possibile alla popolazione del Veneto. E lo stesso senatore” Crisanti “- che ricordiamo essere a tutt’oggi membro del Comitato Scientifico Regionale istituito con funzioni di indirizzo per i provvedimenti di sanità pubblica riguardanti il Covid, del quale il citato dottor Roberto Rigoli non è mai stato membro – potrebbe trovare molte risposte nella letteratura scientifica che ha studiato lungamente quanto fatto in Veneto’‘, si aggiunge nella nota.
‘‘Risulta utile in tale senso citare, a ulteriore conferma dell’efficacia della strategia regionale, che in marzo 2022 è stato pubblicato, sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Lancet, uno studio che ha analizzato l’eccesso di mortalità durante l’intero periodo della pandemia da Covid-19 nei diversi paesi del mondo”. “Per l’Italia è stato calcolato un eccesso di mortalità pari a 227,4 (212,0 – 242,5) ogni 100mila abitanti mentre per il Veneto pari a 177.5 (164.0 – 190.7), tra i valori più bassi tra tutte le Regioni“. Tale dato “evidenzia chiaramente come la capacità di testing ha consentito di individuare e identificare un numero elevato di casi contribuendo a contrastare la diffusione e limitare il contagio e conseguentemente anche i decessi che – come anticipato – sono tra i più bassi tra tutte le regioni italiane”. “La sanità del Veneto – sottolinea la nota – ha sempre notificato all’organo giudiziario i principali studi e letteratura sulla pandemia”.
”Andrebbe ricordato al senatore Crisanti che – si legge ancora nella nota – nella pubblicazione di ‘Nature Communication’ a firma del team dello stesso senatore, giunta a pubblicazione dopo due anni dall’accadimento dei fatti, dopo la revisione attenta degli studiosi inglesi dell’Imperial College è sparito ogni collegamento, riferimento, ipotesi alla maggiore mortalità in Veneto provocata dall’adozione massiva di test antigenici (con supporto dei test molecolari), rispetto alle versioni in pre print. E a validare le modifiche sono gli scienziati inglesi colleghi dello stesso Crisanti”. ”Se il linguaggio politico vede talvolta trascendere nei toni, il nostro mondo, quello della scienza e dei professionisti della sanità non può accettare di essere strumento di contesa. Ne va dalla credibilità di chi continua a lavorare con il camice e vuol far sentire la propria voce contro quello che potrebbe apparire un vilipendio dell’istituzione regionale”, terminano i dirigenti della sanità del Veneto.