I Giorni della Merla, l’inverno e il meteo: tradizioni antichissime e leggende cariche di magia

Leggende, proverbi, costumi: tutto quello che bisogna sapere sui Giorni della Merla e sulle origini così affascinanti di quest'antichissima tradizione
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Domani, Domenica 29 Gennaio, iniziano i Giorni della Merla e cioè quei tre giorni che secondo la tradizione popolare sarebbero i più freddi dell’anno. Nelle nostre previsioni meteo abbiamo appena visto che quest’anno non sarà così, anche se in ogni caso la leggenda ha un solido fondamento. Andiamo allora a scoprire dove e come nasce questa antichissima tradizione, e quali sono i suoi più affascinanti contorni culturali in termini di proverbi, credenze, miti e modi di dire.

Secondo la leggenda, infatti, negli ultimi tre giorni di gennaio si registrano le temperature più basse di tutto l’inverno, così rigide che si tramanda come proprio una merla dalle piume bianche, sentì così freddo da andare a ripararsi in un camino per sfuggire al gelo. Dopo tre giorni uscì completamente nera e da quel giorno i merli rimasero tutti neri per sempre. Quella della merla bianca è solo una delle leggende legate a questa tradizione. Secondo il mito, infatti, la merla ha anche la capacità di prevedere l’andamento delle stagioni successive: se i 3 giorni saranno freddi, la primavera sarà calda e soleggiata. In caso contrario, la primavera tarderà a manifestarsi.

Un’altra leggenda che vede protagonista la merla e spiega l’origine dei Giorni della Merla è una vera e propria favola. I suoi personaggi sono una merla completamente bianca e la personificazione di gennaio, freddo e gelido. Secondo questa fiaba, Gennaio era un mese un po’ dispettoso, che si divertiva a ricoprire il terreno di neve e gelo non appena la merla si decideva a mettere il becco fuori dalla tana per procacciarsi del cibo. Stufa di questi scherzi, un anno la merla decise di raccogliere molto cibo, in modo da resistere per un mese intero chiusa nella sua tana. Gennaio, allora, che fino a quel momento durava solo 28 giorni, si indispettì e, per punire la merla, aggiunse 3 giorni al suo mese e fece scendere sulla terra il freddo, accompagnato da neve e vento. Presa alla sprovvista, la merla si trovò un rifugio di fortuna in un camino e, terminati i tre giorni, uscì tutta nera, segnando così il futuro piumaggio degli esemplari della sua specie.

Sta di fatto che gli ultimi giorni di gennaio sono considerati il cuore dell’inverno, richiamando paesaggi quasi spettrali, coperti da una coltre di neve, dalle atmosfere cupe e suggestive, alimentando leggende curiose e accattivanti, aventi per protagoniste i merli, uccelli dallo splendido canto che allietano l’alba dei giorni invernali.

I Giorni della Merla: credenze popolari e proverbi

Oltre la leggenda della merla bianca, l’origine della locuzione non è  ben chiara. Sebastiano Pauli (Modi di dire toscani ricercati nella loro origine; p. 341- Venezia, appresso Simone Occhi MDCCXL, 1740) espone due ipotesi: “L’origine del quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un Cannone di prima portata, nomato la Merla, s’aspettò l’occasione di questi giorni: ne’ quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all’altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, ne’ quali passò sovra il fiume gelato”.

La seconda versione è quella della leggenda più conosciuta, ma così ben romanzata che merita di essere integralmente riportata: “una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che lei uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di Gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L’ultimo giorno del mese, la merla, pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio se ne risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo e pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo, e così essa rimase per sempre con le piume nere”. Anticamente, infatti, sin dai tempi di Numa Pompilio e della sua riforma del 713 a.C., nel calendario romano il mese di gennaio aveva realmente solo 28 o 29 giorni. Fu poi nel 46 a.C. che gennaio “prese in prestito” i tre giorni a febbraio, grazie all’introduzione del calendario giuliano che rendeva il computo dei giorni definitivamente solare.

Tante le credenze popolari dei Giorni della Merla. Molto noti i cosiddetti “canti popolari della Merla”, tipici, ad esempio, di Stagno Lombardo, Crotta d’Adda, Pizzighettone, Soresina, Formigara, Cornaletto, Pianengo ecc. Proprio nei Giorni della Merla, ci si riunisce attorno a un grande falò sul sagrato della chiesa o in riva al fiume, a seconda della tradizione, intonando questi canti insieme al coro, abbigliato con abiti contadini, oltre a degustare vino e cibi tradizionali. I testi delle canzoni differiscono leggermente da paese a paese ma tutti vertono sui temi dell’inverno e dell’amore.

Solitamente il coro gioca con la parte maschile e femminile, sottoforma di simpatici battibecchi. Parliamo di canti in cui si intende sollecitare l’arrivo della bella stagione proprio in questo periodo di passaggio, spartiacque tra inverno e primavera, con un ricchissimo corredo simbolico: un modo per esorcizzare buio e gelo, sconfiggere le fredde brume padane con canti, falò, mascherate e balli.

I Giorni della Merla e la più moderna leggenda di Milano

Secondo una tradizione più moderna, si racconta che un tempo, durante quelle giornate, a Milano vi furono temperature fredde e rigide: la città era imbiancata e tutti i suoi abitanti, umani o animali, cercavano riparo dal gelo. Tra i tanti, anche una piccola famiglia di merli bianchi si trovava in città: vi erano giunti verso la fine dell’estate e aveva sistemato il nido su un alto albero nel cortile di un palazzo del quartiere Porta Nuova. Il padre, merlo Pasquino, la madre, merla Nerea e i loro tre figlioletti: i piccoli merli Verina, Podino e Sirino. I genitori, preoccupati dal gelo, temevano per l’incolumità dei loro piccoli: “Il freddo è troppo e la neve è tanta: i nostri piccoli moriranno! Dobbiamo cercare un altro rifugio”. Così Pasquino decise di sistemare il nido sotto una grondaia, al riparo da pioggia e neve, e ogni giorno, insieme a Nerea, si davano da fare per trovare il cibo per i loro piccoli e per se stessi.

Pasquino decise così di volare fuori città, per trovare un posto che potesse essere davvero caldo e accogliente per la loro famiglia. Si assentò il 29, il 30 e il 31 Gennaio: furono giorni gelidi a Milano, colpita da un freddo mai visto. Merla Nerea, per proteggere i propri cuccioli, decise così di spostare il nido su un tetto vicino, dove fumava il comignolo di un camino da cui proveniva un po’ di tepore. Al termine dei tre giorni Pasquino tornò e stentò a riconoscere la moglie e gli amati figli: a causa del fumo che usciva dal camino, erano diventati tutti neri! Il primo giorno di Febbraio un timido sole riscaldò la città di Milano e anche Pasquino si scoprì nero: aveva dormito vicino al fumo del camino anche lui, abbracciato alla famiglia, e ne aveva preso il colore. Da allora quasi tutti i merli nacquero neri, e i merli bianchi diventarono un’eccezione.

I Giorni della Merla e le altre leggende meno note

Ma legate ai Giorni della Merla ci sono anche altre leggende meno note ma altrettanto suggestive. Tra queste c’è quella ambientata sul Po che parla di Merla, una ragazza amante del ballo e del divertimento che desiderava recarsi a ballare in un paese poco distante dal suo, attraversando di corsa una lastra di ghiaccio che copriva il Po ma quella si ruppe, non reggendo il peso della fanciulla. Per tre giorni gli amici cercarono invano il cadavere di Merla che non venne mai più restituito dal fiume. Stando ad un’altra rielaborazione, un ragazzo e una ragazza, per recarsi ad una festa, attraversarono il Po’ gelato, scivolando nelle sue acque e scomparendo. Solo una merla vide l’accaduto, cinguettando per tre giorni e volando sui passanti per cercare aiuto. Il 31 gennaio il sole sciolse i suoi ghiacci, restituendo i cadaveri attorno ai quali sbocciarono i fiori. Sebastiano Pauli, in “Modi di dire toscani ricercati nella loro origine” espone due ipotesi: “Dovendosi far passare oltre Po un cannone di prima portata, nomato “la Merla”, s’aspettò l’occasione di questi giorni né quali, essendo il fiume tutto gelato, potè quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giungere all’altra riva”. Insomma, si attesero gli ultimi tre giorni di gennaio in modo che l’acqua del fiume, ghiacciata, potesse far da supporto necessario per il passaggio del cannone chiamato “la Merla”. Il Pauli scrive anche: “Altri altrimenti contano esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a marito, non lo potè fare se non in questi giorni, né quali passò sovra il fiume gelato”.

Si narra anche di due sposi merli che, a fine gennaio, dal paese della sposa, avrebbero dovuto attraverrsare il Po per far rientro a casa. I due erano rimasti ospiti di parenti ma, ad un tratto, le temperature si abbassarono drasticamente tanto che il marito decise di attraversare il fiume ghiacciato, annegandovi a causa della rottura del ghiaccio. La merla, appresa la triste notizia, scoppiò a piangere e, ancora oggi, stando alla leggenda, nelle freddi notti di gennaio il suo lamento si udirebbe lungo il Po. Ancora oggi, in ricordo di questo triste episodio, le giovani in età da marito si recano sulle rive del fiume nei tre giorni della Merla per ballare e cantare una canzone propiziatoria il cui ritornello dice: “E di sera e di mattina la sua Merla poverina piange il Merlo e piangerà“.

Un’altra leggenda narra che un servo di Erode rubò una merla e i suoi piccolini per prepararli con la polenta. Un merlo, nero come il carbone, prese una pagliuzza dalla culla di Gesù Bambino e la fece cadere sui suoi piccoli che subito impararono a volare, potendo, così, scappare dalla loro prigionia. L’evento miracoloso fece sciogliere la neve e da allora, il 31 gennaio, le temperatura ricominciarono a salire. Un’altra ulteriore leggenda ha per protagonista, stavolta, non il servo ma il soldato di Erode. Si narra che egli gettò del fiele nella scodella del latte di Gesù. Una merla, vedendo tutto, bevve il latte avvelenato e per tre giorni soffrì, finchè il 31 gennaio, lo stesso Gesù Bambino fece tornare il caldo sole che accellerò la guarigione della merla.

Infine, un’altra leggenda narra di uno dei duchi Gonzaga o di Napoleone, – sui protagonisti ci sono versioni contrastanti – che doveva attraversare il Po. Volendo fare un riposino. avvertì il suo servo, alla guida del carro, di avvisarlo quando sarebbero giunti al fiume. Il servo, arrivato sulle sponde del Po, vide che il freddo intenso degli ultimi giorni ne aveva ghiacciato le acque. Pensando di fare cosa gradita al duca incitò la sua cavalla, chiamata la Merla, a passare col carro sulla lastra ghiacciata. Siccome la traversata sul ghiaccio sarebbe stata agevole, non ritenne necessario svegliare il suo padrone. Quando il Gonzaga si svegliò il servo gli disse trionfante che “la Mèrla l’ha passà al Po” (La Merla ha passato il Po). Il duca montò su tutte le furie perché il servo non aveva obbedito ai suoi ordini e arrivato a destinazione lo fece impiccare.

Giorni della Merla: proverbi, detti e filastrocche

Ci sono anche numerosi proverbi, detti e le filastrocche legati ai giorni della Merla: in dialetto bresciano si dice “Du ghèj hò e ‘n prestit (due soldi li ho a prestito), giù él troarò (uno lo troverò). Se bianca te sé (se bianca sei), negra tè farò, e se negra tè sé, bianca deèntarè (bianca diventerai)”. Oppure, in bergamasco, “Canta ‘l merlo ‘n font al zerlo che ghè finit l’inverno: te salude padrù”, ovvero “canta il merlo, l’inverno è finito, ti saluto padrone: trovo un altro tetto”. Un vecchio proverbio romagnolo recita: “Mèral, ‘d merz no’ cante’, che e’ bec u t’ s’ po’ agiaze. Lessa ch’e’ chénta e’ ragion che lo u n’ha pavura d’incion”(Merlo, di marzo non cantare, che il becco ti si potrebbe ghiacciare. Lascia che canti la tordella, che lei non ha paura di nessuno).

Un proverbio bolognese dice: “Quando canta il merlo, siamo fuori dall’inverno”; un vecchio proverbio romagnolo, invece, consiglia al merlo di non cantare nemmeno a marzo perché gli si potrebbe gelare il becco, lasciando, invece, che canti la tordella che non ha pausa di nessuno. Nel linguaggio popolare “dare del merlo a qualcuno” significa considerarlo uno sprovveduto, un sempliciotto, un ingenuo da cantar vittoria prima del tempo per poi pagarne le conseguenze.

Persino Dante Alighieri, nella sua “Divina Commedia”, cita i giorni della merla nel XIII canto del Purgatorio nel Girone degli Invidiosi, costretti dalla legge del contrappasso alla pena della cecità in quanto i loro occhi, in vita, godettero nel vedere il dolore altrui. Dante fa dire all’anima della nobildonna senese Sapia queste parole, rivolte urlando a Dio: “Omai più non ti temo! / come fè ‘l merlo per poca bonaccia” (Ormai non ti temo più come fa il merlo per un po’ di bel tempo).

Le caratteristiche del merlo: habitat, abitudini e riproduzione

Ma visto che stiamo parlando dei merli, andiamo a vedere di che tipo di esemplare si tratta. E’ un volatile appartenente alla famiglia dei Turdidi, è tra gli uccelli più comuni nei parchi e nelle città italiane. Caratterizzato dal piumaggio morbido e folto, il maschio giovane ha il becco nerastro, mantello più marrone e zampe bruno scure; mentre quello anziano è grigiastro, con becco giallo. La femmina, invece, è bruno-nerastra, col mento e la gola grigiastri e il becco bruno. Presente non solo in ambienti naturali quali macchie, boschi e zone rurali, dalla pianura alla montagna, il merlo frequenta assiduamente anche le aree urbane, ovunque ci sia un po’ di verde. Dalle movenze agili e aggraziate, con un volo sicuro e leggero, nel corso dell’anno, dalla primavera all’estate, nidificano tre volte, raramente anche quattro, costruendo il primo nido a poca distanza dal suolo, a volte anche direttamente sul terreno, fra cespugli fitti o roveti o negli spazi fra i tronchi delle cataste di legna e fra l’edera abbarbicata su vecchi muri, mentre la seconda deposizione avverrà in un nido costruito più in alto e la terza sarà più in alto ancora.

Il nido, a forma di coppa, viene costruito utilizzando fili d’erba secca e sottili ramoscelli morbidi e viene foderato con muschio e piume. In febbraio le coppie si stabiliscono definitivamente ed è allora che i merli in amore cominciano a cantare. I maschi difendono gelosamente il loro territorio e lottano contro gli intrusi, ma le femmine non sono da meno quanto ad attività e aggressività. Di regola le coppie sono monogame, sebbene sia possibile osservare casi in cui un maschio nidifica con due o tre femmine, mentre numerosissimi sono gli individui che restano “scapoli” per tutta la vita. Non risulta che tra questi uccelli esista una qualsiasi forma di parata nuziale: la femmina comincia per tempo ricercare il luogo adatto alla locazione del nido, e una volta individuatala, si unisce al maschio per trasportare i materiali necessari alla costruzione.

Il merlo che vive lontano dai centri abitati è inquieto, diffidente, vivacissimo, impressionabile, soggetto a improvvise crisi di terrore nonchè facile preda del panico anche ingiustificato, mentre Il merlo cittadino, per contro, è abituato alla presenza dell’uomo, e dei rumori urbani, si è liberato degli antichi timori ed è divenuto straordinariamente socievole ricercando infatti la compagnia dei suoi simili. L’uccello trova sul terreno la maggior parte dei suoi alimenti, frugando col becco fra erbe e pietre alla caccia di larve e di vermi, mentre usa picchiettare le cortecce degli alberi per farne sfuggire le piccole prede nascoste come coleotteri, imenotteri, piccoli gasteropodi e non di rado minuscole lucertole. All’alimentazione carnivora il merlo aggiunge anche i frutti e le bacche che raccoglie a terra o addirittura strappa dai rami di frutteti e vigneti.

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