I giovani corrono maggiori rischi di infarto dopo aver avuto il Covid. In questo senso è emblematico il caso di Demi Washington, una giocatrice di basket all’Università di Vanderbilt che ha contratto il COVID-19 alla fine del 2020 con sintomi leggeri, un lieve raffreddore. La scuola le ha formalmente richiesto una risonanza magnetica. I risultati hanno lasciato tutti sgomenti. A seguito dell’infezione, la studentessa aveva sviluppato una miocardite – una sindrome in cui il muscolo cardiaco si infiamma, e in cui si registra il cuore pompa con fatica. La condizione può portare a ictus o infarto, secondo uno studio della Mayo Clinic.
La giovane all’epoca non era vaccinata contro il COVID-19. “Ero spaventata, non sapevo davvero cosa ne sarebbe venuto fuori, quanto tempo ci sarebbe voluto perché si risolvesse.” ha riportato la giocatrice a Today.
Washington ha dovuto saltare il resto della stagione 2020-2021, ma alla fine è stata grata di avercela fatta. Di sicuro, non avrebbe fatto la risonanza magnetica, correndo dei rischi importanti per la salute, se non gli fosse stato intimato con un’istanza dal tribunale dall’Università di Vanderbilt.
Il medico della Washington non l’ha mai informata che era a rischio di morte, ma aveva sottolineato l’importanza del riposo e di mantenere basso il ritmo cardiaco. Doveva indossare un orologio per seguire le sue attività. Anche se il COVID era comparso solo di recente, il medico le aveva assicurato che non si trattava di una condizione dipendente dal coronavirus, nonostante la letteratura scientifica riporta casi simili in altri atleti universitari.
La Washington ricorda di non aver avuto sintomi o segni tali da preoccuparla, né aveva una predisposizione genetica alle malattie cardiovascolari. Ora è rimessa, ed è tornata a giocare. Ma la sua esperienza getta nuova luce su una possibile connessione tra il coronavirus e la mortalità per infarto nei giovani sportivi.
COVID-19, infarto e mortalità giovanile
Dall’inizio della pandemia COVID-19, le morti per infarto in tutte le fasce d’età sono diventate più comuni negli Stati Uniti, secondo uno studio del settembre 2022 del Cedars Sinai hospital di Los Angeles.
Quali sono le fasce di pazienti più colpite dall’infarto post-COVID? Le persone tra i 25 e i 44 anni, che hanno visto un aumento della mortalità per infarto del 29,9% nei primi due anni della pandemia (il che significa che il numero effettivo di morti per infarto è quasi del 30% superiore rispetto al passato).
“I giovani ovviamente non dovrebbero morire di infarto” afferma Dott. Susan Cheng, cardiologo al Cedars Sinai e co-autore dello studio sulle conseguenze cardiache post-COVID. E’ stato registrato un aumento della mortalità per infarto post-COVID del 19,9% negli adulti tra i 45 e i 64 anni, e del 13,7% in anziani con più di 65 anni in condizioni di salute simili.
Romeo Robles, paramedico del Los Angeles County ha dichiarato che ci sono sempre più chiamate al 911 per infarto da parte di giovani che hanno in passato contratto il COVID-19.
Una connessione con il coronavirus non casuale
Cheng si è dichiarato certo che la connessione tra giovani positivi al COVID che hanno avuto problemi cardiaci è “più che casuale”. Inoltre, il virus del COVID può influenzare notevolmente il sistema cardiovascolare. “Sembra essere in grado di aumentare la viscosità del sangue e aumentare la probabilità di formazione di coaguli di sangue,” ha spiegato Cheng. Inoltre, lo studioso ha riportato che: “Sembra provocare un tasso elevato di infiammazione dei vasi sanguigni, e uno stato stressogeno generale che può causare un picco della pressione sanguigna”.
La ragione del relativo aumento dei giovani con malattie cardiovascolari post-coronavirus non è ad oggi chiara, ma Cheng ha affermato che l’impatto del virus sulla salute del sistema cardiovascolare di alcune persone può essere dovuto ad una risposta eccessiva del sistema immunitario, nonostante i giovani abbiano generalmente un sistema immunitario forte.