In un articolo intitolato “More frequent atmospheric rivers slow
the seasonal recovery of Arctic sea ice”, pubblicato sulla rivista Nature viene evidenziato come Ad accelerare lo scioglimento dei ghiacci marini dell’Artico potrebbero essere quindi i ‘fiumi atmosferici‘, intense correnti d’aria molto cariche di umidità e di pioggia la cui esistenza è stata scoperta solo pochi anni fa.
Negli ultimi decenni, la copertura del ghiaccio marino artico abbia subito un drastico declino in inverno, quando si prevede che il ghiaccio marino torna ad espandersi dopo la stagione dello scioglimento. Non è chiaro in che misura i processi atmosferici, come i fiumi atmosferici (AR), influenzino lo spessore del ghiaccio marino artico, contribuendo alla notevole riduzione del recupero del ghiaccio marino. Sulla base di osservazioni e simulazioni di modelli climatici, è stato osservato un forte aumento di frequenza in ARs all’inizio dell’inverno sopra il Mare di Kara nel periodo che va dal 1979 al 2021. L’umidità trasportata da ARs più frequenti ha intensificato la superficie di radiazione ad onde lunghe verso il basso e la pioggia, ha causato la fusione della sottile e fragile copertura di ghiaccio e ha rallentato il recupero stagionale del ghiaccio marino, che rappresenta il 34% del ghiaccio marino artico attualmente in declino nei mari di Barents-Kara e nell’Artico centrale. Una serie di esperimenti empirici in queste aree suggerisce che, oltre ad un aumento uniforme AR in risposta al riscaldamento antropogenico, si è creata una variazione dello spessore del ghiaccio artico.
A indicarlo è uno studio condotto da Pengfei Zhang, dell’università americana dello Stato della Pensilvenia, secondo il quale questi ‘fiumi’ fatti di aria umida sarebbero responsabili di un terzo dello scioglimento dei ghiacci. Lo scioglimento dei ghiacci artici è uno dei fenomeni che rende più visibile la crisi climatica in atto, basti pensare che nei periodi estivi è diventato possibile navigare quasi liberamente nei pressi del polo Nord. Responsabile dello scioglimento dei ghiacci è ovviamente l’aumento delle temperature, ma secondo molti ricercatori il solo aumento delle temperature non è in grado di spiegare il così rapido declino della banchisa, i ghiacci che sono sul mare. Analizzando ora dati satellitari e simulazioni climatiche i ricercatori hanno identificato anche nell’Artico la formazione ciclica, e sempre più frequente, dei cosiddetti ‘fiumi atmosferici’, delle strutture meteorologiche identificate solo da una decina di anni nelle regioni tropicali, formate da lunghi ‘pennacchi’ di aria particolarmente ricca di vapore, larghi qualche centinaio di chilometri, capaci di avanzare rapidamente nell’atmosfera e scaricare a terra grandi quantità di pioggia. Proprio queste piogge violente sarebbero, secondo lo studio, responsabili di un terzo dello scioglimento dei ghiacci marini. I fiumi atmosferici nell’Artico, aggiungono gli autori, potrebbero dunque avere un ruolo finora sottostimato nell’evoluzione dei ghiacci in questa regione con ricadute sul clima dell’intero pianeta.
Questo fenomeno di scioglimento del ghiacciaio artico che sollevato diverse preoccupazioni anche perché questi cambiamenti possono alimentare gravi tempeste invernali nei paesi caratterizzati dal clima continentale e possono modificare tout de court l’ecosistema e la pesca nell’Artico. Il declino del ghiaccio marino invernale, soprattutto nei mari di Barents-Kara, è stato attribuito al trasporto di perturbazioni di umidità atmosferica, mentre il trasporto di calore oceanico attraverso il Mare Nordico ha migliorato lo spessore del ghiaccio artico.
La maggior parte delle importazioni di umidità artica è guidata da fiumi atmosferici, che sono lunghi e stretti corridoi transitori che trasportano intensi flussi di umidità in modo orizzontale, in genere accompagnati da un getto a bassa quota in seguito a cicloni tropicali ARs e rappresentano fino al 90% del trasporto di vapore acqueo verso il polo, svolgendo un ruolo cruciale nel ciclo idrologico.
Nelle regioni polari, contrariamente all’accumulo di neve indotto da AR
nell’Antartide orientale, l’umidità intensa e il calore che sono rapidamente trasportati da AR può esercitare un forte effetto di fusione sulla criosfera, esemplificata dalla fusione della calotta glaciale in Groenlandia e nell’Antartide Occidentale.
I processi fisici rilevanti per AR-indotti dalla fusione del ghiaccio o dalla crescita del ghiaccio che è ostacolato da questi fiumi oceanici includono (1) una maggiore radiazione ad onde lunghe verso il basso (DLW) dovuta all’effetto serra del vapore acqueo, l’effetto radiativo delle nubi (CRE) e il rilascio di condensazione, (2) la riduzione o i segnali di cambiamento nei flussi delle turbolenze calde sulla superficie dei ghiacciai, (3) la capacità isolante della neve e (4) la fusione di energia trasportata dalla pioggia.