Bradisismo Campi Flegrei: continuano sismicità e sollevamento

Il vulcanologo Stefano Carlino, dell’Osservatorio Vesuviano, analizza per MeteoWeb cosa sta succedendo nell’area dei Campi Flegrei
MeteoWeb

La caldera dei Campi Flegrei, il grande vulcano a ovest di Napoli, sta destando nuovamente preoccupazioni nella popolazione per il perdurare del fenomeno del bradisismo. Il sollevamento e l’abbassamento del suolo in quest’area è un fenomeno che si ripete da secoli, già riconosciuto nel XIX secolo da Charles Lyell, padre della geologia moderna, ed oggi viene attentamente monitorato dai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano (INGV). In epoca storica, si riconoscono almeno tre crisi bradisismiche nei Campi Flegrei.

La prima precedette di circa un secolo l’ultima eruzione flegrea, nel 1538, che formò il piccolo edificio vulcanico di Monte Nuovo dove sorgeva il villaggio di Tripergole. Questo evento fu precorso da un sollevamento del suolo di diversi metri, prima lento e poi più veloce all’approssimarsi dell’eruzione. Successivamente, la caldera conobbe un lungo periodo di lenta subsidenza, dell’ordine di millimetri l’anno. La discesa del suolo fu interrotta da altri due episodi significativi di sollevamento, nel 1970-72 e nel 1982-84. Il centro di massimo sollevamento (oltre 3 metri) fu localizzato a Pozzuoli, in prossimità del porto. Questi due episodi allertarono la comunità scientifica e le autorità locali per la possibilità che i fenomeni registrati potessero essere precursori di un’eruzione. Pozzuoli fu evacuata in entrambe le crisi bradisismiche, anche se in maniera più massiccia nel 1984. Infatti, il bradisismo del 1982-84 fu più drammatico del precedente, a causa dalla continua attività sismica e delle intense deformazioni del suolo, che oltre a terrorizzare la popolazione, causarono danni diffusi agli edifici. La seconda evacuazione di Pozzuoli fu ordinata più per il rischio della stabilità degli edifici che per la possibilità di un’eruzione. L’eruzione di fatto non avvenne, e dopo il 1984 il suolo invertì di nuovo il suo movimento con una fase di discesa che è durata fino al 2005. In quell’anno le reti di sorveglianza dell’Osservatorio Vesuviano di Napoli (INGV) registrarono l’inizio di una nuova fase di sollevamento a Pozzuoli, che perdura tutt’oggi. Questa fase ha caratteri diversi rispetto a quella degli anni ‘80 poiché il sollevamento del suolo avviene con una velocità quasi dieci volte inferiore, così come anche il tasso di sismicità risulta notevolmente più basso. Tuttavia, la fase di risalita iniziata nel 2005 ha recuperato tutto l’abbassamento registrato tra il 1985 e il 2005: in pratica il livello attuale del suolo al centro di Pozzuoli è di alcuni centimetri più alto di quello del 1984.

A partire dal 2020 si è registrato un incremento della sismicità che spesso si manifesta con sciami in concomitanza con un aumento relativo della velocità di sollevamento. Questo stato del vulcano preoccupa gli studiosi, e pone interrogativi sulle cause del sollevamento che, a quanto pare, potrebbe avere una duplice natura. La comunità scientifica è in buona parte a favore dell’ipotesi di una sorgente di pressione che determina il sollevamento – localizzata a circa 3km sotto la costa di Pozzuoli – costituita da fluidi idrotermali ad alta temperatura. Tuttavia, non si può escludere che il sollevamento sia causato almeno in parte dal contributo di magma. Chiaramente, le due ipotesi estreme conducono a scenari di rischio diversi poiché la presenza di magma a profondità così basse aumenterebbe considerevolmente la pericolosità di un’eruzione rispetto all’ipotesi dei fluidi idrotermali. Anche la possibilità di un meccanismo di ricarica magmatica più profonda, che avverrebbe intorno agli 8 km sotto il livello del suolo, è opinabile e non trova un riscontro rispetto ai dati registrati. Oltretutto, i segnali più profondi di una possibile attività magmatica sono più difficili da individuare, a meno che non si tratti di processi molto energetici.

La comunità scientifica esprime, in buona parte, un giudizio unanime sulle cause del sollevamento del 1982-84, attribuite all’aumento di volume di una piccola sorgente magmatica posta intorno a 3 km di profondità. Nel caso attuale, l’origine del sollevamento rimane ambigua. I complessi modelli fisici pubblicati dai ricercatori, riescono infatti a spiegare le condizioni di aumento di pressione, di volume e la geometria della sorgente che genererebbe il sollevamento, ma non riescono a spiegarne univocamente la natura.

La distribuzione dell’energia dei fenomeni in gioco registrati (flusso di calore, deformazione e terremoti) mostra che la quantità di calore emessa dalla caldera flegrea è molto maggiore rispetto all’energia di deformazione e di quella liberata dai terremoti. Questa osservazione definisce una condizione non-critica del vulcano, che va di volta in volta verificata attraverso un’attenta analisi dei segnali registrati dalle reti di monitoraggio. Ciò nonostante, la progressiva fratturazione dovuta ai terremoti potrebbe aver indebolito progressivamente la crosta sotto la caldera consentendo una potenziale via di risalita al magma. Questa ipotesi rivelerebbe invece un quadro più critico, perché l’evoluzione dei fenomeni potrebbe dar luogo a una risalita del magma senza che si registrino segnali chiari di deformazione e sismicità.

In definitiva, la dinamica attuale dei Campi Flegrei ha certamente la sua origine in una sorgente magmatica, che si trasferisce in superficie generando deformazioni e sismicità o che può essere stazionaria e attivare la risalita di fluidi magmatici generando gli stessi fenomeni. Questi due diversi scenari dipendono da molteplici fattori, come le condizioni di alimentazione del sistema magmatico, la sua profondità e temperatura e quindi la sua reologia, il livello di rigidità e di permeabilità della crosta, l’interazione con il campo di stress regionale.

La caldera dei Campi Flegrei è oggi tra i vulcani meglio monitorati al mondo, un fatto che, insieme all’attenzione che gli scienziati stanno ponendo sul problema del bradisismo, consentirà di valutare se il vulcano entrerà in una fase critica, in cui potrebbe aumentare la pericolosità di un’eruzione. Intanto, la popolazione di Pozzuoli dovrà abituarsi a convivere nuovamente con i terremoti, finché perdurerà il sollevamento del suolo, e prepararsi anche a possibili crisi sismiche che potrebbero verificarsi in corrispondenza di un aumento della velocità del sollevamento.

Stefano Carlino

bradisismo campi flegrei
Sollevamento registrato alla stazione GPS di Rione Terra (Pozzuoli) dal 2000 a febbraio 2023
(bollettino mensile INGV Sezione di Napoli Osservatorio Vesuviano, www.ov.ingv.it)
Condividi