Buchi neri e stelle di neutroni sono “gemelli diversi”

Buchi neri e stelle di neutroni nei sistemi binari condividono la stessa instabilità di accrescimento, cioè accrescono ed emettono materia allo stesso modo
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Un discreto numero di oggetti celesti che popolano il nostro universo trascorrono la loro vita in coppia. Le Low-mass X-ray binary transients (Lmxbt) sono tra questi oggetti. Si tratta di sistemi binari costituiti da un oggetto compatto, una stella di neutroni o un buco nero, e da una stella di dimensioni simili al Sole.

Un team internazionale di astronomi, comprendente tra gli altri ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), ha studiato uno di questi oggetti, la binaria a raggi X con stella di neutroni Swift J1858, scoprendo che alla base dell’accrescimento di materia da parte dell’oggetto compatto c’è un processo, chiamato dagli addetti ai lavori “accretion instability”, simile a quello osservato finora solo sulle binarie con buco nero, suggerendo che si tratti di un meccanismo generale che riguarda tutti questi tipi di sistemi binari.

Le binarie a raggi X di piccola massa sono sorgenti che alternano due fasi principali, motivo per cui sono chiamate anche sorgenti transienti: una fase di quiescenza e una fase di intensa attività durante la quale l’oggetto compatto accresce materia a spese della stella compagna. La firma più evidente di quest’ultima fase è la produzione di potenti esplosioni (outburst in inglese) che emergono dal disco di accrescimento che circonda l’oggetto compatto – la struttura a forma di anello dove la materia della stella compagna si accumula prima di essere ingurgitata – sotto forma di getti relativistici e venti osservabili a diverse lunghezze d’onda, con un picco nei raggi X.

Nei sistemi binari con buco nero l’emissione di raggi X mostra variabilità, una caratteristica osservabile nello spettro della sorgente con un profilo che ricorda un elettrocardiogramma. Variabilità Beta o , più colloquialmente, “heartbeat” (battito), è questo il nome che gli astronomi hanno dato a questo schema di emissione.

Uno dei modelli proposti dai ricercatori per spiegare questa variabilità prevede che alla base vi sia l’instabilità del disco di accrescimento, un processo dovuto a un cambiamento nella densità del disco stesso. I fattori in gioco in questo meccanismo sono due: la pressione di radiazione dei getti emessi dal disco e la gravità. La prima svuota il centro del disco, la seconda attira materiale dal bordo esterno per rimpinguare la materia persa.

Più in dettaglio, secondo questo modello, chiamato dagli astronomi Accretion instability, durante la fase di svuotamento del disco interno il materiale viene espulso dal disco sotto forma di getti di particelle, con conseguente forte emissione nell’X. Man mano che il disco interno si riempie sotto l’effetto della gravità, l’energia del getto diminuisce, e con essa l’emissione X, per poi incrementare quando il disco è completamente rimpinguato di materia. L’alternanza delle fasi di svuotamento e di riempimento sarebbe alla base dell’emissione “pulsata” del sistema.

Nello studio guidato dall’Instituto de Astrofisica de Canarias (Iac), pubblicato oggi su Nature, gli astronomi hanno coordinato una  campagna di osservazione per studiare Swift J1858 simultaneamente in cinque diverse lunghezze d’onda – nell’ X  (3–79 keV) con Nustar, nell’ultravioletto (150 nm) con il Cosmic Origins Spectrograph a bordo del telescopio spaziale Hubble, nell’ottico (720 nm) con lo strumento Rise del Liverpool Telescope, nel vicino infrarosso (2.2 µm) con lo strumento Hawk-I sul Very Large Telescope e nel radio (4.5 e 7.5 GHz) con il Karl Jansky Very Large Array – scoprendo che la sorgente esibiva la stessa variabilità dell’emissione e la stessa instabilità di accrescimento osservata nei sistemi binari con buco nero. E in particolare in Grs 1915105, la sorgente utilizzata come stele di Rosetta per decifrare il complesso comportamento di Swift J1858.

profilo di emissione di Swift J1858
Immagine che mostra il grafico del profilo di emissione di Swift J1858. Credit: Vincentelli at al., Nature, 2023

Lo studio ha riguardato l’emissione della binaria X Swift J1858.6-0814, scoperta nell’ottobre 2018 con il Burst Alert Telescope (Bat) a bordo del Neil Gehrels Swift Observatory“, ha spiegato a Media Inaf  Tomaso Belloni, ricercatore all’Inaf – Osservatorio astronomico di Brera e co-autore dello studio. “Siamo sicuri che questo sistema binario contenga una stella di neutroni perché in passato sono stati osservati fenomeni associati alla presenza di una superficie solida, assente nel caso di un buco nero. Le osservazioni hanno rivelato la presenza di instabilità peculiari nel sistema accrescimento-eiezione. Queste instabilità sono conosciute quasi esclusivamente in un’altra binaria X, chiamata Grs 1915+105, in cui l’oggetto compatto è un buco nero di massa 12.4 volte quella del Sole. Si tratta della sorgente più bizzarra che conosciamo“.

Oltre al caratteristico profilo di emissione “pulsante” a tutte le lunghezze d’onda, nello studio i ricercatori hanno osservato anche un ritardo nell’emissione infrarossa rispetto all’emissione di raggi X. Secondo gli autori, ciò sarebbe dovuto al fatto che i raggi X emessi dal disco interno della stella di neutroni vengono intercettati sia dal disco esterno che dalla stella compagna, quindi rielaborati e riemessi pochi secondi dopo sotto forma di radiazione infrarossa; una sorta di eco di luce dei raggi X.

Ma è grazie al confronto delle curve di luce dei due sistemi binari che i ricercatori hanno potuto studiare aspetti delle sorgenti mai indagati prima d’ora. “Ci siamo resi conto che potevamo spiegare la complessa fenomenologia di entrambi gli oggetti con tre ingredienti: un disco di accrescimento instabile, che produce un’emissione di raggi X estremamente variabile come conseguenza del ciclico svuotamento e riempimento del disco; le ripetute eiezioni di materia – prodotte dopo lo svuotamento del disco, che possono essere viste alle lunghezze d’onda del radio e nell’infrarosso; e gli echi di luce della radiazione X, che possono essere osservate dall’infrarosso all’ultravioletto“, ha sottolineato Federico Vincentelli, ricercatore all’Istituto de Astrofísica de Canarias (Iac) e primo autore dello studio.

binaria a raggi X buco nero
Illustrazione artistica che mostra una binaria a raggi X con buco nero (a sinistra) e una binaria a raggi X con stella di neutroni (a destra) e i rispettivi profili di emissione. Credit: Gabriel Pérez Díaz (Iac)

Questo studio dimostra che una tale “instabilità” sembra essere un processo fisico fondamentale, che si verifica indipendentemente dal fatto che l’oggetto che accresce materia sia un buco nero o una stella di neutroni“, ha evidenziato Thomas Russell, ricercatore all’Inaf – Istituto di astrofisica spaziale e fisica cosmica di Palermo e coautore dello studio. “Il meccanismo attraverso il quale la materia viene ingurgitata ed emessa sembra essere molto simile in tutti i tipi di oggetti compatti in accrescimento, a prescindere dal fatto che abbiano una superficie (come in una stella di neutroni) o un orizzonte degli eventi (come in un buco nero)“.

Come anticipato, i risultati dello studio sono stati ottenuti grazie a una campagna di osservazione multi lunghezza d’onda, utilizzando cinque tra telescopi spaziali e terrestri. “Si è trattato di un lavoro basato su dati di diversi telescopi che hanno coperto un ampio intervallo di lunghezze d’onda: radio, infrarosso, ottico, ultravioletto e raggi X“, ha osservato Belloni. “Questo è importante perché questi sistemi emettono su tutto lo spettro elettromagnetico e solo osservazioni con molti strumenti possono fornirci un quadro completo. Riuscire ad ottenere tempo di osservazione con così tanti telescopi e a fare in modo che le osservazioni fossero il più possibile simultanee è stata un’impresa piuttosto ardua“.

In vista di future ricerche, la recente scoperta fornisce alla comunità scientifica nuovi indizi per comprendere la fisica dell’accrescimento e dei getti. “Per esplorare ulteriormente questa connessione poco conosciuta, possiamo estendere questo lavoro ad altri sistemi molto luminosi e in accrescimento“, conclude Russel. “In questo modo potremmo capire come si comporta la materia in prossimità di questi oggetti estremi“.

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