I dolcificanti sono prodotti edulcoranti sostitutivi dello zucchero semplice (saccarosio), del miele o del fruttosio. Il loro utilizzo è ormai diffuso in quanto hanno poche o zero calorie, e pertanto aiutano a mantenere il peso forma o sono coadiuvanti nelle diete dimagranti. Nella maggior parte dei casi, con le dovute eccezioni, questi prodotti non hanno potere nutritivo, non apportano energia, ma tuttavia possono avere conseguenze sul metabolismo e sulla produzione di insulina.
I dolcificanti spesso sono al centro dell’attenzione per le possibili ripercussioni negative sulla salute, anche perché i risultati degli studi di tossicità sono a volte contrastanti, dando adito a dubbi di sorta. Proprio una recente indagine ha portato alla luce un possibile legame tra dolcificanti artificiali e malattie metaboliche. Per fare chiarezza, abbiamo interpellato la dott.ssa Romina Inès Cervigni, biologa nutrizionista, Responsabile Scientifico della Fondazione Valter Longo Onlus.
“Oggigiorno tra le prime cause di morte al mondo compaiono l’obesità ed il diabete e per entrambe l’eccessivo consumo di zuccheri gioca un ruolo determinante. Per sopperire a questo si ricorre sempre di più al consumo di dolcificanti (siano essi artificiali, naturali, e/o nutritivi) in quanto acalorici ma capaci al contempo di garantire un gusto dolce analogo o superiore a quello dello zucchero,” ha dichiarato l’esperta ai microfoni di MeteoWeb.
Gli effetti sul microbiota ed il metabolismo glucidico
“Uno studio pubblicato su Nature riporta gli effetti sul topo di 3 dolcificanti comunemente usati: saccarina, aspartame e sucralosio, ed evidenzia che in tutti e 3 i casi c’è un aumento dei livelli di glicemia anche rispetto a topi che bevevano acqua e zucchero. Tuttavia, somministrando ai topi dei probiotici, è stato neutralizzato l’effetto negativo dei dolcificanti. Come controprova trapiantando il microbiota di topi nutriti con dolcificanti artificiali ad altri germ free, ossia nati e allevati in condizioni di sterilità e quindi privi di microrganismi, si innalzava subito la glicemia. Questo studio dimostra che i dolcificanti possono alterare la flora intestinale che è a sua volta responsabile dei livelli di glucosio nel sangue e di una serie di processi coinvolti nel controllo del metabolismo e del rilascio di ormoni. Tali processi se compromessi porterebbero a malattie come diabete di tipo 2 e obesità,” ha dichiarato la nutrizionista.
I dolcificanti e gli effetti sui circuiti neuronali
“Alcuni ricercatori sottolineano come topi alimentati con dolcificanti acalorici, aumentavano di un terzo il loro introito calorico. Questo sembrerebbe essere dovuto all’alterazione di un circuito neurologico avente il compito di integrare il gusto dolce con il bilancio energetico dell’organismo. Risulta che, quando questo equilibrio viene a mancare, i neuroni si comportano come se l’organismo fosse a digiuno: l’animale avverte dunque il bisogno di assumere più cibo. Quando la corrispondenza tra dolcezza dell’alimento e il suo contenuto energetico viene a mancare, il cervello ricalibra dunque la sensazione della fame e ci spinge ad assumere più calorie,” ha sottolineato la dott.ssa Cervigni.
La posizione della Fondazione Valter Longo sui dolcificanti
Valter Longo, biogerontologo di fama internazionale, si è avvalso dei risultati di trent’anni di ricerca di base e clinica per dimostrare l’efficacia della Dieta Mima-Digiuno e della Dieta della Longevità nella riduzione dei fattori di rischio dei tumori e altre malattie dell’invecchiamento.
“Il protocollo nutrizionale previsto dalla Dieta della Longevità nello specifico non include il consumo di dolcificanti, però riguardo questo dibattuto tema la Fondazione Valter Longo non esprime né il suo consenso né il suo diniego ma, nell’ottica di seguire un’alimentazione sana, varia ed equilibrata, ne consiglia un uso adeguato alternato talvolta al consumo del temuto zucchero purché nelle porzioni raccomandate dalle linee guida,” ha precisato la dott.ssa Cervigni.
Infine, ha concluso l’esperta, “si può assumere che non esistono dolcificanti sani o dannosi per definizione ma è la quantità di assunzione a determinarne gli effetti negativi nel breve termine. Tuttavia per i rischi sul lungo termine mancano studi clinici a supporto, quindi l’approccio migliore si conferma essere quello della prevenzione, che vuol dire evitarne il consumo, abituarsi gradualmente al gusto amaro, e ricercare il sapore dolce degli zuccheri naturali come quelli contenuti nella frutta o nel miele“.
Chi è Romina Inès Cervigni, biologa nutrizionista
Romina Inès Cervigni, biologa nutrizionista, Responsabile Scientifico della Fondazione Valter Longo Onlus, ha al suo attivo un dottorato di ricerca alla Open University nel Regno Unito conseguito focalizzando i suoi studi in ambito oncologico, con un particolare focus nelle ricerche di biologia cellulare. Ha collaborato, inoltre, come ricercatrice post-dottorato con il Comitato Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli e con l’Università VitaSalute San Raffaele di Milano, occupandosi di malattie neurodegenerative.
I suoi studi in Nutrizione e Dietetica, con un Master di secondo livello all’Università Politecnica delle Marche, le permettono di completare il suo percorso formativo integrando fra le sue competenze le terapie farmacologiche per diverse patologie attraverso una terapia alimentare. Collabora con la Fondazione Valter Longo Onlus fin dalla sua creazione e assiste quotidianamente pazienti con diverse patologie provenienti da tutto il mondo.
Cos’è la Fondazione Valter Longo Onlus, la prima in Italia dedicata a ottimizzare la longevità
Offrire a tutti l’opportunità di una vita più lunga e sana. È questo il mantra che ha ispirato Valter Longo, scienziato e biogerontologo di fama internazionale, nella creazione della Fondazione Valter Longo Onlus, che opera per prevenire e curare gravi malattie e permettere a tutti, bambini e adulti, anche in povertà, di vivere sani e a lungo. La prima in Italia dedicata a favorire la longevità sana attraverso l’educazione alimentare nelle scuole ed il sostegno alle persone fragili e in difficoltà nella prevenzione e cura di gravi malattie.
Una Fondazione concentrata sulla creatività, ma anche sull’approccio multidisciplinare tipico dell’ambito universitario. Un approccio unico, che combina la biologia molecolare, la dietologia e la medicina per informare, assistere e curare sempre più persone, dall’infanzia agli anni d’argento, per accompagnarle verso una longevità sana – intendendo per longevità una vita di durata superiore alla media. In particolare, il lavoro della Fondazione si focalizza sulla ricerca del nesso tra nutrienti e geni della longevità per vivere in salute più a lungo e dar vita a quella che può essere definita una “longevità programmata”.
La missione della Fondazione è rallentare e combattere l’insorgenza di importanti patologie correlate all’avanzare dell’età o non trasmissibili – quali tumori, diabete, obesità, malattie cardiovascolari, autoimmuni, come il Morbo di Crohn e la sclerosi multipla, e patologie neurodegenerative come l’Alzheimer – promuovendo l’educazione alimentare e la crescente diffusione di uno stile di vita bilanciato e di abitudini alimentari salutari.
“Non tutti sono consapevoli che la nutrizione è uno dei più potenti farmaci naturali a nostra disposizione, sia in un’ottica preventiva che in un percorso di cura”, tiene a precisare Valter Longo. Ecco perché il lavoro della Fondazione Valter Longo Onlus si focalizza sulla ricerca del nesso tra nutrienti e geni della longevità per vivere in salute più a lungo. Una vera e propria strategia biologica evoluta per poter influire sulla longevità e sulla salute attraverso strategie di protezione e rigenerazione come la dieta e il digiuno.
Fondazione Valter Longo Onlus intende educare, formare e collaborare con un esercito di 10mila nutrizionisti per trasformarli in veri e propri ambasciatori della sana longevità e dare un contributo concreto alla salute di adulti e bambini.