Inchiesta Covid: le omissioni e i ritardi che hanno accelerato la pandemia

L'elenco delle misure non adottate secondo la Procura di Bergamo, nell’ambito dell’inchiesta sul Covid nella Bergamasca
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La mancata e tempestiva verifica delle dotazioni dei dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario, “inoltrando solo il 4 febbraio 2020 specifica richiesta alle Regioni” di conteggiare le giacenze e il non aver provveduto “al conseguente tempestivo approvvigionamento alla luce dell’insufficienza delle scorte“, nonostante le raccomandazioni del piano per far fronte a una pandemia, sebbene influenzale, vigente e datato 2006. È uno dei capitoli dell’elenco delle misure non adottate dall’ex Ministro della sanità Roberto Speranza, dal Direttore dell’ISS Silvio Brusaferro, dall’ex Dg della prevenzione del Ministero Claudio D’Amario e dall’ex capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, riportato nell’avviso della chiusura dell’inchiesta sulla gestione del Covid nella Bergamasca. 

Secondo l’ipotesi della Procura di Bergamo, il non aver adottato sia il piano pandemico influenzale nazionale esistente sia quello regionale con tutte le indicazioni in essi contenute, avrebbe causato la “diffusione incontrollata” del virus. Diffusione quindi che sarebbe stata determinata da omissioni e ritardi. Oltre alla mancanza di censimento e di approvvigionamento di Dpi, in particolare per il personale sanitario, non sarebbe stata creata “una riserva nazionale di antivirali, Dpi, vaccini antibiotici, kit diagnostici e altri supporti tecnici per un rapido impiego nella prima fase emergenziale e, contestualmente” non sarebbero state definite le modalità di rifornimento “nelle fasi immediatamente successive”.  

Inoltre, si legge nell’atto, solo il 25 febbraio di quell’anno, nonostante gli alert dell’Oms a partire dal 5 gennaio, disponeva l’acquisto dei dispositivi indicando la “priorità assoluta” di tali ordini e vietando la loro esportazione all’estero. Inoltre, solamente dal 24 febbraio, si è provveduto al “censimento dei reparti di malattie infettive pubblici, equiparati ai pubblici e delle case di cura private accreditate e non, e al numero di ventilatori polmonari presenti nelle strutture di ricovero per singola struttura, dati peraltro aggiornati al 2018″. Tra i vari rilievi della Procura, infine, la mancata verifica di una “adeguata formazione del personale” e, nel gennaio di tre anni fa, il non aver messo a punto e attuato “protocolli di sorveglianza per i viaggiatori provenienti da aree affette con riguardo ai voli indiretti, limitando la sorveglianza solo ai voli diretti” dalla Cina per l’Italia.  

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