Il geologo Giampiero Petrucci, da tempo nostro collaboratore, ci ricorda come l’Umbria sia una zona sismica ben nota, tornando al tragico sisma del 1997. L’Appennino Umbro-Marchigiano è tra le zone più sismiche d’Italia, come dimostra la sua storia che è costellata di terremoti disastrosi. Nel 1279 un forte sisma provoca il crollo di molti edifici a Camerino, con danni ingenti e centinaia di vittime tra Perugia e Tolentino. Nel 1328 e nel 1599 si segnalano altri due eventi che causano gravi danni a Val Nerina, Norcia e Cascia, mentre un altro sisma che causa numerose vittime è segnalato nel 1703. Nel 1979 è ancora la Val Nerina ad essere interessata da una scossa di magnitudo 5.9 che causa 5 vittime. Diciotto anni dopo, l’Umbria torna a tremare, con una lunga sequenza sismica che metterà a dura prova la popolazione ed il patrimonio storico edilizio.
Il 12 maggio 1997 una scossa di magnitudo 4.5, dunque similare a quella di oggi, provoca diverse lesioni nel centro storico di Massa Martana, tra Todi e Spoleto, dove una parte consistente degli edifici sarà dichiarato inagibile. In agosto si registrano diverse scosse, di piccola magnitudo, nella zona appenninica del Valico di Colfiorito, tra Foligno e Serravalle del Chienti. Nella prima decade di settembre l’energia rilasciata dai terremoti aumenta, in particolare dal giorno 3 al 10, quando si registrano magnitudo fino a 4.7. La popolazione è in forte apprensione e la Protezione Civile allestisce una tendopoli a Colfiorito, mentre si valuta la possibilità di evacuazione. Molti cittadini per alcuni giorni dormiranno fuori dalle loro abitazioni.
Il 26 settembre, alle 2.33 della notte, si verifica una forte scossa, di magnitudo 5.8, con epicentro nei pressi del Valico di Colfiorito, proprio al confine tra Umbria e Marche. Il sisma produce gravi danni, in particolare a Foligno e Nocera Umbra dove vengono dichiarati inagibili oltre l’80% degli edifici, mentre almeno il 70% della popolazione viene evacuata. A Collecurti, piccola frazione di Serravalle, si registrano due vittime. Diverse scuole e molte chiese subiscono lesioni gravi. Tra queste anche la Basilica di Santa Maria Maggiore ad Assisi, la casa di San Francesco, dove si notano diverse crepe e distacchi di intonaco dai preziosi affreschi di Giotto e Cimabue. Intanto la comunità scientifica tenta di valutare la possibile evoluzione della sequenza sismica, e c’è anche chi ritiene improbabile il verificarsi di scosse di energia maggiore.
Poche ore dopo, alle 11.42, si registra invece un terremoto di magnitudo 6.0, con epicentro ad Annifo, dalla parte opposta del Valico di Colfiorito rispetto alla scossa precedente, ed ipocentro ad una decina di chilometri di profondità. L’evento sorprende un po’ tutti, compresi coloro che stanno eseguendo verifiche e sopralluoghi sugli edifici lesionati. Il caso più eclatante, con le immagini televisive che fanno il giro del mondo, è rappresentato dal crollo della volta della Basilica Superiore di Assisi dove muoiono, sepolte dalle macerie, quattro persone. Se l’Umbria è gravemente colpita, anche le Marche subiscono danni consistenti, in particolare a Camerino e San Severino dove si registrano pure diversi dissesti stradali. Caldarola, Matelica, Fabriano e Visso sono altri comuni in cui si risentono, seppur in misura minore, gli effetti del terremoto. Lo sciame sismico continua anche nei mesi successivi: il 14 ottobre, alle 17.25, un terremoto di magnitudo 5.5, con epicentro tra Sellano e Preci, una quindicina di chilometri più a sud dei precedenti, provoca ulteriori danni su un patrimonio edilizio già indebolito dai continui scuotimenti del suolo. Crollerà tra l’altro la torre campanaria del palazzo comunale di Foligno, proprio mentre alcuni Vigili del Fuoco stanno cercando di metterla in sicurezza. Il territorio umbro-marchigiano subisce danni diffusi con migliaia di case inagibili, 22.000 senzatetto e 11 vittime. Questo quadro testimonia l’elevato numero di edifici dichiarati inagibili, a fronte di un limitato numero di crolli. Settantasei saranno i comuni interessati dalla sequenza sismica molti dei quali verranno in parte evacuati.
L’’inverno trascorre in condizioni difficili per gli sfollati, che sono ospitati in tendopoli e container di lamiera, attrezzati dalla Protezione Civile, mentre continuano a registrarsi eventi sismici, seppur di piccola magnitudo. Il 26 marzo un altro terremoto di magnitudo 5.2, si registra nei pressi di Gualdo Tadino dove si riscontrano ulteriori lesioni e danni agli edifici, in particolare a Nocera Umbra. Durante il mese di aprile, anche nel periodo pasquale, nuove scosse con magnitudo massima intorno a 5.0 saranno chiaramente avvertite dalla popolazione, specie nella più affollata Assisi. Da questo momento il rilascio di energia sismica subisce una drastica riduzione e la serie dei terremoti terminerà, dopo quasi un anno dal suo inizio.
La sequenza sismica umbro-marchigiana si caratterizza per la mancanza di una scossa principale, che generalmente è seguita da eventi minori, e per il verificarsi, invece, di più eventi principali con magnitudo variabile da 5.0 a 6.0. Il monitoraggio dei terremoti, che in tempi recenti ha visto un cospicuo incremento del numero di reti sismiche, evidenzia che questa fenomenologia si verifica in diversi casi nella nostra Penisola e che l’accadimento di un terremoto di energia significativa, durante una sequenza sismica, non garantisce il totale rilascio dell’energia elastica accumulata nelle rocce. In tal caso il rischio sismico può mantenersi su livelli alti, anche in presenza di terremoti di energia medio-alta. La valutazione del possibile rilascio di energia sismica a seguito dei fenomeni di rottura delle rocce, rappresenta dunque un oggetto assai complesso, perché correlato ai processi non lineari di accumulo e rilascio di energia elastica ed alla eterogeneità del mezzo per la presenza di numerosi sistemi di fratture e di fluidi nelle rocce.
Questo terremoto, inoltre, catturerà in maniera particolare l’attenzione dei media, proprio perché andrà ad impattare su un’area caratterizzata dalla presenza di un inestimabile patrimonio storico ed artistico. La ricostruzione che seguirà, sarà accompagnata da polemiche, poiché c’è chi ritiene che sia stata data troppa priorità al restauro dei beni monumentali, come la Basilica di Assisi completamente restaurata e riaperta al pubblico in due anni, a scapito degli interventi per la popolazione, rimasta senza abitazione. Gli sfollati saranno sistemati inizialmente in strutture provvisorie sostituite poi da casette in legno e da alloggi di edilizia residenziale pubblica, che arrederanno il paesaggio disastrato, in particolare a Nocera e Foligno. Oggi la ricostruzione, a 25 anni di distanza, è finalmente conclusa, con un bilancio che può essere considerato positivo, soprattutto se confrontato con esperienze precedenti ben più drammatiche, come il Belice e l’Irpinia.