Torna alla luce l’antica strada lastricata che tagliava Segesta, in provincia di Trapani. Nel corso del cantiere di scavo, condotto dall’Università di Ginevra all’interno del Parco archeologico regionale, sono stati scoperti diversi lastroni dell’antica strada che fu utilizzata fino al periodo medievale. Ne dà notizia l’assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana. “Si tratta di un ritrovamento eccezionale che permetterà di riscrivere l’ampiezza dell’abitato di età ellenistica, ma già nell’orbita romana, in attività sino all’epoca medievale, come denunciano importanti (e bellissimi) frammenti di ceramica”, spiega una nota. Ma gli archeologi sperano in altro: si intuisce che la strada prosegua ben oltre e potrebbe condurre ad un’agorà. Sul posto stanno lavorano, a supporto di tecnici ed esperti, anche i giovani richiedenti asilo del centro Casa Belvedere di Marsala, che ha stretto un accordo di archeologia solidale con il Parco di Segesta e l’Università di Ginevra.
L’area è quella della cosiddetta Casa del Navarca, nell’Acropoli sud dell’insediamento: un sito dove si svolsero delle prime indagini nel 1992, ma lo scavo venne ricoperto. Nel 2021 si è ripreso a lavorare ed è venuta alla luce un’importante pavimentazione unica nel suo genere, una sorta di antico gioco illusorio a tessere romboidali a tre colori, ‘sectilia’ marmorei (bianco, celeste e verde scuro) che raffigurano una sequenza concatenata di cubi dall’effetto tridimensionale. Una visione che ricorda moltissimo i ‘Mondi impossibili’ creati a fine Ottocento da Escher. Ma anche due mensole in pietra a forma di prua e una scritta di benvenuto: sono stati questi ritrovamenti a far finora ipotizzare agli archeologi che questa fosse l’abitazione del navarca Eraclio, ricchissimo armatore citato da Cicerone nelle Verrine.
Aperte le visite guidate dal 25 aprile
Saranno presto possibili, con il supporto del concessionario dei servizi aggiuntivi CoopCulture, anche visite guidate a cantiere aperto; già dal prossimo 25 aprile, che da quest’anno sarà una giornata a ingresso gratuito nei siti della cultura. Ma non è l’unico progetto che guarda a una fase storica precedente del sito: parte il 22 aprile ‘ Segesta incontra le culture – I simboli del sacro’, progetto di valorizzazione ideato e organizzato da CoopCulture, che si focalizza sul periodo normanno quando si insediò nell’Isola una comunità a forte prevalenza islamica.
L’obiettivo a lungo raggio entra nelle pieghe più profonde del Parco e mira a disegnare a Segesta un nuovo itinerario di visita sui simboli del sacro, a partire dalla moschea, dall’imponente tempio dorico e dalla piccola chiesa di San Leone, interessante sito stratificato di civiltà precedenti. San Leone nasce nel 1442 su una preesistente chiesa normanna-sveva di fine XII secolo che a sua volta sorge su un edificio di età ellenistica (tra il II e il I secolo avanti Cristo) i cui mosaici, riportati alla vista in questi giorni dopo pesanti interventi di disboscamento, furono poi riutilizzati come pavimento delle due chiese posteriori.
“Qui c’era un archivio”
“Risale al II secolo avanti Cristo ed e’ stata utilizzata fino al VII secolo dopo Cristo”, spiega all’AGI Alessia Mistretta, direttrice degli scavi. “Non sappiamo dove conduceva questa strada, per adesso abbiamo trovato una minima parte delle lastre ma sono sicura che ne troveremo altre”, aggiunge Mistretta. “Si tratta di un asse viario importante, con una piazzetta, dei gradini monumentali, e non e’ di sicuro un camminamento: e’ una strada molto importante, forse la seconda con una tessitura seconda solo a Selinunte”.
L’ipotesi che si tratti della residenza del ricco armatore e’ bocciata dagli archeologi impegnati nello scavo. “Non ci sono elementi archeologici per dare il nome a una casa servono indicazioni concrete, come ad esempio iscrizioni, che noi non abbiamo. Inoltre, e’ difficile pensare che un personaggio per quanto eminente decori la casa privata con mensole a forma di prua. Questa non e’ una casa privata. La casa di Eraclio, se c’e’, non e’ questa”, dice all’AGI Mistretta, che invece indica una diversa ipotesi di lavoro: “Siamo al margine di una grande area pubblica, di un edificio pubblico, un archivio di mappe, rotte. Segesta, infatti, possedeva un porto. Oppure era in luogo in cui acquisire l’acqua: l’acropoli e’ piena di cisterne e l’acqua non si poteva trasportare”.