di Alessandro Martelli (esperto di sistemi antisismici, già direttore ENEA) – In Italia, in tempi storici, la magnitudo (quantomeno stimata) dei terremoti risulta non aver mai superato il valore, pur elevatissimo, di Ms = 7,4÷7,7 (corrispondente ad una magnitudo momento stimata Mws = 7,3). Fu questo il valore che caratterizzò l’evento della Val di Noto, nell’attuale Provincia siciliana di Siracusa, dell’11 gennaio 1693 (Fig. 1). Tale sisma, assieme al successivo devastante maremoto (causato, si ritiene, dal movimento di una faglia tettonica sulla Scarpata di Malta e da una frana sottomarina al largo di Augusta, avvenuti a breve distanza di tempo l’uno dall’altra ed innescati dal sisma), uccise almeno 60.000 persone, delle quali circa 16.000 nella sola Catania, sui circa 20.000 abitanti di allora (https://www.meteoweb.eu/2021/01/la-violentissima-scossa-dell11-gennaio-1693-in-sicilia-328-anni-fa-il-catastrofico-terremoto-della-val-di-noto/1531845/).

Però, il terremoto della Val di Noto è solo al 23° posto, per violenza, fra quelli che risultano essere avvenuti in tempi storici al mondo: il valore noto di magnitudo più elevato (M = 9,5) è quello che caratterizzò il terremoto di Valdivia, verificatosi nel Cile Meridionale il 22 maggio 1960 (https://www.meteoweb.eu/2021/01/10-terremoti-violenti-mondo-cile-tibet/1538456/). Per chiarire quanto quest’ultimo evento sia stato ben più forte di quello della Van di Noto, si ricorda che la scala delle magnitudo è logaritmica.
Il terremoto di Valdivia del 22 maggio 1960 (noto anche come Grande Terremoto Cileno, o di Bìo Bìo) fu preceduto da due violente scosse avvenute il giorno precedente: una prima di M = 8,1 con epicentro a Curanilahue (un comune della Provincia di Arauco, nella Regione del Bìo Bìo), che aveva tagliato le telecomunicazioni locali e, di fatto, aveva isolato il Cile Meridionale dal resto del Paese, poi una seconda di M = 7,8.
La scossa principale del 22 maggio si verificò nel primo pomeriggio, con epicentro nei pressi di Cañete (nuovamente un comune della Provincia di Arauco, a circa 900 km a sud di Santiago), ma la città più colpita fu Valdivia. Il terremoto durò ben 13 minuti e fu avvertito in molti Paesi.
Nonostante l’elevatissima magnitudo, grazie alla bassa densità della popolazione delle zone colpite ed al fatto che molti edifici erano in legno, i danni causati dal terremoto in Cile furono sì notevoli (Figg. 2÷5), ma “relativamente contenuti” (nel 2021 essi furono stimati esser stati pari a 3,7÷7,4 miliardi di dollari USA). Per lo stesso motivo, furono stimate “solo” 3.000÷6.000 vittime (oltre a 2.000.000 di sfollati).
Comunque, a Valdivia (la città più colpita) crollò il 40% degli edifici ad esempio e, complessivamente, 150.000 furono gli edifici cileni danneggiati (in particolare, furono rase al suolo numerose fortificazioni del periodo coloniale spagnolo). Inoltre, interi versanti montuosi delle Ande (fortunatamente disabitati) crollarono nelle valli. Furono poi distrutti molti acquedotti, ciò che, assieme alla contaminazione delle falde, provocò una grave penuria di acqua potabile. Infine, a causa della subsidenza (con sprofondamenti anche di 2 m), cambiò la conformazione del suolo, provocando la distruzione di edifici e l’abbassamento del letto dei fiumi (con la creazione di paludi al loro posto).
Dopo quella principale del 22 maggio, una serie di scosse continuò a sconvolgere il sud del Cile fino al 6 luglio.
La scossa principale del sisma innescò pure un devastante maremoto, con onde alte 4 m nel porto di Valdivia (che sommersero interi villaggi, come Toltén), poi seguite da onde di 8÷10 m che investirono la costa cilena (Fig. 6). Nell’oceano l’altezza delle onde raggiunse 25 m ed il maremoto colpì, anche molte ore dopo, diversi Paesi pure molto lontani, fino alla sponda opposta dell’Oceano Pacifico: le isole Hawaii (con la devastazione del loro centro più importante, Hilo), le Filippine, la Nuova Zelanda, l’Australia, le isole Aleutine in Alaska, Hong Kong e persino il Giappone (a 17.000 km dal Cile), dove morirono centinaia di persone, a causa di onde alte 5 m (Fig. 7).
Inoltre, il 24 maggio, 38 ore dopo la prima scossa (si ritiene a causa di essa), il vulcano Puyehue (alto 2.236 m e situato nelle Ande, fra due vallate scarsamente popolate) riprese ad eruttare, restando in attività fino al 22 luglio.
Infine, è da notare che il violentissimo sisma del 22 maggio risulta aver causato pure variazioni sia dell’inclinazione dell’asse terrestre (di 63 millesimi di secondo d’arco) che della durata del giorno siderale (di 23 milionesimi di secondo).
Sebbene, come ho ricordato, l’Italia non sia mai stata colpita, in tempi storici, da terremoti della violenza di quello di Valdivia del 1960, il nostro Paese è caratterizzato da una densità abitativa ben maggiore di quella della zona cilena colpita in quell’anno. Eventi molto violenti si sono già verificati anche nel nostro Paese, causando (come, ad esempio, in quello succitato del 1693) ben più vittime di quante se ne verificarono in Cile nel 1960. Urge, quindi, anche in Italia, l’attuazione di corrette politiche di prevenzione del rischio sismico e degli altri rischi naturali, come richiesto dagli attuali 999 firmatari della petizione “Che si inizino finalmente ad attuare serie politiche di prevenzione dai rischi naturali!” (https://chng.it/4RKbRXvW).