Riscaldamento globale: le conseguenze del mercurio artico per gli ecosistemi marini

Gli esperti hanno ricostruito i modelli climatici nel periodo intercorso tra l'Ultima terminazione glaciale e il primo Olocene e hanno previsto che entro il 2050 ciò avrà forti ripercussioni sulla produttività marittima
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Come si evince nelle conclusioni di uno studio pubblicato di recente sulla rivista Nature geoscience, il mercurio è un inquinante di interesse globale, soprattutto nell’Artico, dove sono presenti livelli elevati nel biota, nonostante la posizione remota. Il mercurio è trasportato nell’Artico nell’atmosfera, ma viene rilasciato anche a livello oceanico e fluviale e si accumula negli ecosistemi acquatici e terrestri. Mentre l’attuale deposito di mercurio naturale, o provocato dalle emissioni antropogeniche nell’Artico è ampiamente studiato, la connessione tra cambiamenti climatici e mercurio resta ad oggi sconosciuto.

In questo studio, i ricercatori esaminano i picchi di mercurio artico nel periodo che intercorre tra l’Ultima Terminazione Glaciale fino all’epoca di Olocene. In questo passaggio temporale, il riscaldamento climatico ha avuto drastici cambiamenti ambientali nell’Artico, con un triplice aumento del flusso deposizionale di mercurio.

I livelli di mercurio nell’Artico

Per indagare le probabili cause di questo marcato cambiamento, gli autori dello studio hanno creato un modello della chimica atmosferica del mercurio per stimare la relativa influenza di diverse condizioni ambientali e fonti naturali di mercurio sul flusso dell’Artico. Negli ecosistemi, gli organismi fototrofici riducono il mercurio al mercurio volatile, come meccanismo di disintossicazione. Anche il mercurio è ridotto sulla superficie dell’oceano per reazione fotochimica.

ciclo del mercurio nell'Artico
Figura: rappresentazione schematica delle differenze nelle emissioni di mercurio,
trasporto, chimica e deposizione durante l’Ultima Terminazione Glaciale e il primo Olocene.

Soerensen e colleghi hanno stimato che, nell’Artico, l’evasione gassosa di mercurio rappresenta il 44% dei percorsi totali di rimozione del mercurio dalla colonna d’acqua senza ghiaccio. La presenza di ghiaccio marino pluriennale (MYSI) limita fortemente l’atmosfera oceanica nello scambio di mercurio così come la produttività primaria e la penetrazione della luce alla superficie dell’oceano, che promuoverebbe la riduzione del mercurio.

Il ciclo del mercurio artico biogechimico

In questo studio, gli esperti hanno ricostruito il ciclo del mercurio artico biogeochimico per il periodo che copre la transizione tra l’ultima terminazione glaciale e il primo Olocene. Gli autori dello studio, esaminano, la dinamica del mercurio artico e valuta il forte impatto che ha avuto sull’ambiente, soprattutto in un contesto di cambiamento climatico.

In passato, le ricostruzioni del nucleo di ghiaccio in periodi di brusche variazioni climatiche sono state fondamentali per stimare le principali fonti di questi elementi, nonché il loro impatto sul clima. Gli esperti hanno messo in risalto la variabilità del ciclo biogeochimico del mercurio artico in risposta al riscaldamento climatico, insieme con potenziali implicazioni per il prossimo futuro.

Le previsioni future per la calotta glaciale artica e la Groenlandia

Il record ad alta risoluzione EGRIP mostra che il ciclo biogeochimico del mercurio nell’Artico risulta altamente sensibile al clima e, in particolare, ai cambiamenti nella copertura del ghiaccio marino. Questa condizione ha portato ad una maggiore evasione di mercurio dal mare e la successiva deposizione sulla superficie della Calotta glaciale della Groenlandia.

Nel contesto dell’attuale riscaldamento climatico, il declino progressivo del ghiaccio marino e il cambiamento ambientale nella regione artica, i risultati della ricerca suggeriscono un potenziale aumento di evasione oceanica del mercurio nel prossimo futuro. La maggior parte dei modelli climatici degli esperti prevedono che nella stagione estiva entro il 2050 l’Oceano Artico sarà senza ghiaccio, il che minaccia la produttività marittima a causa della fusione del ghiacciaio e del permafrost e delle temperature globali di 3-4 ºC più calde entro il 2100.

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