Incendio all’Aeroporto di Catania, il caldo non c’entra: smentita l’ennesima fake dei catastrofisti climatici

All'Aeroporto di Catania Fontanarossa la sera dell'incendio il clima era fresco e l'ondata di caldo non era ancora neanche iniziata: le indagini fanno piena luce sulle cause del disastro, scagionando completamente il cambiamento climatico (com'era ovvio)
MeteoWeb

Adesso è ufficiale: il caldo non c’entra affatto con l’incendio che alle 23:30 di domenica 16 luglio ha devastato l’Aeroporto di Catania Fontanarossa. Dopo due settimane lo scalo più importante della Sicilia e tra i principali d’Italia con oltre 10 milioni di passeggeri annui (nel 2022 hanno fanno meglio solo Malpensa, Fiumicino, Orio al Serio e – di pochissimo – Capodichino) non ha ancora risolto i problemi e il traffico viene parzialmente dirottato su altri scali vicini.

Le indagini per ricostruire la dinamica dell’accaduto, però, hanno intanto documentato cos’è successo davvero in quella maledetta serata che ha stravolto la mobilità dei siciliani, già costretti a pagare una distanza territoriale enorme e drammatica con il resto d’Italia per l’arretratezza di un’isola in cui i cavernicoli hanno sempre osteggiato la costruzione del Ponte sullo Stretto. Ebbene, il caldo non c’entra affatto con le cause dell’incendio.

Le condizioni meteo del 16 luglio a Catania

Che il caldo non potesse essere la causa dell’incendio era banale e scontato, eppure alcuni fanatici del catastrofismo climatico avevano voluto attribuire questo disastro al clima che cambia, appunto, nel tentativo di ingigantire ulteriormente la problematica e speculare sulle paure della gente. In realtà domenica 16 luglio a Catania è stata una normalissima giornata estiva, senza alcun picco di calore. Anzi. Quella sera faceva addirittura fresco. L’ondata di caldo che nei giorni successivi ha infuocato il Sud Italia non era ancora iniziata, tanto che i metar della stazione meteorologica dello stesso Aeroporto di Fontanarossa, quindi proprio nel luogo dell’incendio, evidenziano come la temperatura massima giornaliera fosse stata di appena +35°C raggiunti alle 11:50 del mattino, dodici ore prima dell’incendio. Ma a luglio e agosto la temperatura massima di Fontanarossa in pieno giorno è più o meno sempre di +35°C: nulla di anomalo o di eccezionale.

Avvicinandoci all’orario dell’incendio, vediamo come la temperatura fosse in costante diminuzione: già alle 12:50 del mattino era scesa a +33°C per poi diminuire ulteriormente a +31°C alle 16:50 del pomeriggio, scendere ancora a +29°C alle 19:50 e addirittura piombare a +25°C alle 23:20, dieci minuti prima che scoppiasse l’incendio. Quando è scoppiato il rogo a Catania, non solo non c’era caldo ma c’era persino un clima decisamente fresco e gradevole. Se con questo clima potesse scoppiare un incendio, si brucerebbero ogni giorno per svariati mesi durante l’anno un po’ tutti gli Aeroporti d’Italia, d’Europa e del mondo.

Le vere cause dell’incendio dell’Aeroporto di Catania

In base alle ultime informazioni fornite dagli investigatori, l’incendio è partito da un cavo della bassa tensione andato in sovraccarico all’interno dell’Aeroporto stesso. Il cavo scorreva sotto l’aerostazione e passava sotto un’agenzia di autonoleggio. Proprio nella sede di un’agenzia di autonoleggio una giovane dipendente ha notato fumo uscire dalle grate dell’impianto di condizionamento e ha fatto scattare l’allarme. Il sovraccarico dei cavi della bassa tensione è un episodio che – seppur raramente – può capitare e infatti è messo in conto da tutte le misure di sicurezza di tutte le infrastrutture strategiche, ma la cosa grave è che quella sera a Fontanarossa non siano intervenute le protezioni elettriche oltre che non ci fosse un sistema anti incendio efficace.

Come sempre, quindi, le cause dei problemi nascono dalle inefficienze umane e non dai fenomeni naturali. Ed è su cosa non ha funzionato che bisognerebbe concentrare tutti gli sforzi per accertare le responsabilità di quanto accaduto a Catania, affinché non si verifichi mai più. Lasciando stare il clima che cambia, che tra poco verrà considerato anche la causa dell’esclusione della Juventus dalla Conference League. Povera scienza!

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