Da una ricerca condotta da ENEA emerge che alcune molecole contenute nella melagrana hanno un potenziale effetto antinfiammatorio sul fegato. Pubblicato sulla rivista internazionale Natural Product Research e finanziato dall’azienda italiana di nutraceutica Esserre Pharma, lo studio ha investigato gli effetti benefici di alcune particolari sostanze presenti in grandi quantità nei chicchi rossi (arilli) ma anche nella buccia e nelle membrane interne della melagrana.
“Dalle prime analisi in vitro è emerso che il trattamento a base di estratto di melagrana è in grado di ridurre in modo significativo la risposta infiammatoria in cellule epatiche umane; le sostanze attive contenute nel frutto intero sono in grado di inibire la produzione e il rilascio di specifiche molecole coinvolte nella risposta infiammatoria e responsabili del danno al fegato”, spiega Barbara Benassi, responsabile del Laboratorio ENEA Salute e Ambiente e coautrice dello studio sperimentale insieme alla collega di laboratorio Maria Pierdomenico e a Costanza Riccioni di Esserre Pharma.
Il melograno (Punica granatum L.) è un albero da frutto adattabile a una vasta gamma di condizioni agro-climatiche; è originario dell’Iran, ma attualmente è coltivato in molte regioni del mondo, tra cui l’Italia. La produzione e il consumo del suo frutto sono aumentati nel tempo per via delle sue proprietà benefiche, tanto da essere considerato un nuovo superfood. I frutti del melograno sono una grande fonte di molecole bioattive, come i polifenoli e gli acidi grassi polinsaturi, che svolgono un’azione antinfiammatoria, antidiabetica, antiossidante, antimicrobica e antitumorale per alcune forme di cancro. “Se la maggior parte di questi effetti sono dimostrati e comprovati da sperimentazioni a base di semi e di succhi di frutta fresca, con il nostro studio, invece, puntiamo a valorizzare le molecole presenti anche nella buccia e nelle membrane interne della melagrana e i loro effetti benefici in un ambito ancora poco esplorato quale l’infiammazione epatica” sottolinea Benassi.
Il fegato è uno dei bersagli di microrganismi patogeni e sottoprodotti batterici provenienti dall’intestino attraverso la vena porta, il vaso sanguigno che convoglia il sangue dall’intestino all’organo epatico. Un tipico esempio è l’endotossina LPS (LipoPoliSaccaride), una sostanza tossica che è legata alle strutture cellulari di alcuni batteri. “Nei nostri esperimenti in vitro abbiamo prima indotto una risposta infiammatoria nelle cellule di fegato, utilizzando la stimolazione con l’endotossina LPS; quindi, abbiamo somministrato l’estratto di melagrana alla concentrazione di 1 microgrammo per millilitro. Il risultato è stato molto incoraggiante: l’estratto ha ridotto il rischio di infiammazione e, di conseguenza, di danno al fegato”, spiega Benassi. “E da questi primi risultati ipotizziamo che la biomolecola attiva nell’azione antinfiammatoria dimostrata in laboratorio sia la punicalagina, il polifenolo più abbondante presente nel nostro estratto di frutta e scarti”, aggiunge Barbara Benassi.
“Con il Laboratorio ENEA Salute e Ambiente stiamo svolgendo un ottimo lavoro di ricerca per valutare e dimostrare l’attività biologica degli estratti di alcuni frutti mediterranei. E la determinazione delle proprietà antinfiammatorie dell’estratto del frutto di melograno getta le basi per lo sviluppo di una nuova linea di prodotti nutraceutici, che mira a sostenere le funzioni energetiche del nostro organismo e il sistema immunitario”, conclude Costanza Riccioni, responsabile delle attività di Ricerca e Sviluppo di Esserre Pharma.