Albert Einstein, lo scienziato ebreo: una mente luminosa nel buio dell’Olocausto

La stessa teoria che aveva rivoluzionato la fisica teorica divenne uno strumento nelle mani di chi cercava di plasmare il destino del mondo attraverso una forza distruttiva senza precedenti
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Il Giorno della Memoria non solo richiama alla mente i dolorosi capitoli dell’Olocausto, ma celebra anche la fuga di menti brillanti, di scienziati che, scappando dalle tenebre del nazismo, hanno portato con sé il sapere e la speranza di un futuro migliore. Nel cuore di questa storia travagliata si trova la persecuzione della comunità scientifica, con la fisica come bersaglio principale del regime di Adolf Hitler. L’attacco diretto alle teorie della relatività e dei quanti, orchestrato da figure come Philipp Lenard e Johannes Stark, ha spinto molti scienziati, tra cui il celebre Albert Einstein, a cercare rifugio oltre oceano.

Quando la scienza e l’umanità sopravvissero all’Olocausto

Se verrà dimostrato che la mia teoria della relatività è valida, la Germania dirà che sono tedesco e la Francia che sono cittadino del mondo. Se la mia teoria dovesse essere sbagliata, la Francia dirà che sono un tedesco e la Germania che sono un ebreo”, Albert Einstein.

Quando Adolf Hitler salì al potere nel 1933, la Germania si trovò ad affrontare un’epocale epurazione culturale. La fisica atomica fu una delle vittime principali, con il regime nazista che mirava a “purificare” la cultura tedesca. Due premi Nobel per la fisica, Philipp Lenard e Johannes Stark, attaccarono apertamente le teorie della relatività e dei quanti, accusando gli ebrei di aver corrotto la scienza. In questo contesto, Albert Einstein, uno degli scienziati più importanti dell’epoca, era nel mirino. Le università e le accademie furono invase, e la lingua tedesca, precedentemente internazionale nel mondo scientifico, divenne strumento di propaganda nazista.

L’attacco ad Einstein e alla fisica

Il 15 maggio 1933, Philipp Lenard dichiarò sul Völkischer Beobachter: “Si era fatto buio nella fisica“. Einstein, già consapevole della crescente minaccia, aveva lasciato la Germania. Questo segnò l’inizio di un esodo di scienziati, artisti e intellettuali. La fisica tedesca fu decapitata, e la perdita fu incalcolabile per la scienza tedesca stessa, anche se la portata di questa tragedia è spesso sottovalutata o ignorata.

L’attacco non si limitò alle persone, ma si estese alle idee scientifiche. Lenard e Stark cercarono di sovvertire la teoria della relatività, un pilastro nella comprensione del cosmo.

L’emigrazione della fisica

Nel frattempo, nel campo della fisica sperimentale, nuove scoperte stavano caratterizzando il panorama scientifico. Nel 1932, James Chadwick dimostrò l’esistenza del neutrone, aprendo le porte all’era nucleare. Molte menti brillanti costrette all’esilio erano esperte in questo campo. Mentre Hitler e Mussolini si univano nel progetto di conquistare il mondo, implementando provvedimenti antisemiti, la comunità scientifica internazionale si mobilitò per accogliere gli esuli.

Circa un centinaio di fisici fuggirono dalla Germania e dall’Italia fascista tra il 1933 e la fine degli anni ’30. Scienziati come Enrico Fermi, premiato con il Nobel, si unirono alla nuova comunità negli Stati Uniti. Nel far ciò, la Germania perse l’opportunità di sviluppare l’arma nucleare. Gli Stati Uniti, pronti ad accogliere il “regalo” di Hitler alla scienza americana, divennero il nuovo baricentro della fisica mondiale.

Il know-how nucleare si concentrò a Los Alamos, nel Nuovo Messico, nel segreto Progetto Manhattan. Mentre i fisici lavoravano freneticamente, la Germania invadeva l’Europa. Einstein, che aveva già lasciato la Germania, inviò una lettera a Roosevelt nel 1939, avvertendo della possibilità che i tedeschi stessero lavorando a un’arma basata sulla fissione dell’uranio.

La Teoria della Relatività

La teoria della relatività di Einstein, pubblicata in due tappe fondamentali, nel 1905 e nel 1915, costituisce uno dei pilastri più significativi della fisica moderna. Questo complesso ed elegante insieme di principi ha radicalmente trasformato la nostra comprensione dello spazio, del tempo e della gravità, aprendo nuovi orizzonti scientifici e tecnologici.

La teoria afferma che il tempo non è una grandezza assoluta, ma dipende dal punto di osservazione e dal movimento relativo degli osservatori. In altre parole, il tempo scorre in maniera differente per chi si muove rispetto a chi è in uno stato di quiete. Questa idea ha applicazioni pratiche rilevanti, ad esempio, nei sistemi di posizionamento globale (GPS). I satelliti GPS si trovano in movimento costante rispetto agli utenti sulla Terra, e senza la correzione relativistica, gli orologi a bordo dei satelliti diverrebbero rapidamente inaffidabili, compromettendo la precisione della localizzazione.

Altrettanto fondamentale è la concezione della gravità come una curvatura nello spazio-tempo causata dalla presenza di massa ed energia. In termini più tecnici, la massa di un oggetto non solo influenza lo spazio circostante, ma deforma anche il tempo. Questa deformazione è ciò che percepiamo come forza di gravità. La relatività generale, sviluppata da Einstein dieci anni dopo la sua prima teoria, ha ulteriormente esteso questi concetti alla gravità, spiegando fenomeni come la curvatura della luce attorno a masse massicce.

Oggi, la teoria della relatività continua a influenzare tecnologie avanzate e si è estesa anche nei confini della cosmologia e dell’astronomia. Fenomeni come i buchi neri, le onde gravitazionali e la natura dell’espansione dell’universo trovano spiegazioni nella teoria della relatività. Inoltre, le ricerche attuali mirano a integrare la relatività con la fisica quantistica per una comprensione più completa dei fenomeni più estremi dell’universo.

La voce di Einstein nel silenzio nucleare

La stessa teoria che aveva rivoluzionato la fisica teorica divenne uno strumento nelle mani di chi cercava di plasmare il destino del mondo attraverso una forza distruttiva senza precedenti.

La lettera di Einstein al presidente Roosevelt nel 1939, avvertendo dell’opportunità di una reazione nucleare a catena, segnò l’inizio ufficiale della corsa alla bomba atomica. Nonostante le intenzioni iniziali di Einstein fossero orientate solo a sfavorire la minaccia nazista, il Progetto Manhattan adottò le teorie di Einstein per sviluppare l’arma nucleare.

Il paradosso si rivela nella stessa persona di Einstein, che, se da un lato avvertiva il pericolo della creazione di una bomba capace di annientare intere città, dall’altro aveva contribuito involontariamente alla sua genesi. La relatività di Einstein si ritrovò a essere parte integrante di un progetto che portò alla creazione di Little Boy e Fat Man, gli ordigni atomici sganciati su Hiroshima e Nagasaki nel 1945.

Così, mentre il mondo contemplava il nuovo capitolo della storia nucleare, il nome di Einstein divenne inscindibilmente legato a una tecnologia che avrebbe plasmato il corso della guerra e della pace. La sua voce, che inizialmente aveva sollecitato l’azione per contrastare una minaccia, si trasformò in un eco di riflessione sulle implicazioni morali e etiche della conoscenza scientifica.

Lezioni dal passato

La ricerca della pace e della collaborazione scientifica internazionale emerge come un imperativo morale, un richiamo urgente tratto dalle lezioni profonde e a volte oscure del passato.

Nel cuore di questa riflessione, le parole di Einstein in una lettera a Freud risuonano con un eco eterno: “Vi è una possibilità di dirigere l’evoluzione psichica degli uomini in modo che diventino capaci di resistere alle psicosi dell’odio e della distruzione?“. Questa non è solo una domanda rivolta alle “masse incolte”, ma un’esplorazione audace della fragilità umana, evidenziando come anche l’intellettualità possa soccombere a suggestioni collettive distruttive.

In questo contesto, emergono chiaramente le sfide intrinseche nel plasmare una visione globale di pace duratura. La memoria ci insegna che, anche nelle tenebre della storia, la luce della conoscenza e dell’umanità può brillare. Attraverso la scienza, dobbiamo onorare la memoria di chi ha sofferto ingiustamente, impegnandoci a costruire un futuro in cui la comprensione reciproca e la collaborazione possano essere le fondamenta di una società pacifica, affinché nessuno debba mai più rivivere le atrocità del passato.

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