Scoperto un “Grande Anello”: modello cosmologico standard in crisi

Se immaginassimo di vederlo nel cielo, occuperebbe uno spazio pari a 15 lune piene
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L’Universo, un vasto e misterioso regno di cui sappiamo ancora così poco. Mentre le nostre osservazioni si concentrano soprattutto sul nostro “vicinato cosmico“, dove galassie e ammassi di galassie giocano il ruolo principale, il resto dell’Universo su larga scala rimane avvolto nell’oscurità. Le teorie cosmologiche, in particolare il modello cosmologico standard, ci offrono ipotesi e intuizioni, ma la loro validità è messa continuamente alla prova dalle scoperte sempre più sorprendenti.

Il Grande Anello

Tra le più recenti di queste scoperte si trova il Grande Anello, una struttura macrocosmica presentata durante il 243° incontro dell’American Astronomical Society da Alexia Lopez, dottoranda presso l’University of Central Lancashire. Situato a 9.2 miliardi di anni luce dalla Terra, questo enigmatico anello possiede un diametro di circa 1.3 miliardi di anni luce e una circonferenza di straordinari 4 miliardi di anni luce. Se immaginassimo di vederlo nel cielo, occuperebbe uno spazio pari a 15 lune piene.

La sua scoperta è stata preceduta da quella dell’Arco Gigante nel 2021, una macrostruttura lunga circa 3.3 miliardi di anni luce. Entrambe queste enormi formazioni fanno parte dello stesso “quartiere cosmico“, una regione dell’Universo che sta sfidando molte delle nostre concezioni fondamentali sulla sua struttura e evoluzione.

Gli astronomi, da decenni, hanno rivelato al mondo le macrostrutture cosmiche, andando ben oltre i confini dei superammassi di galassie. La Grande Muraglia CfA2, scoperta nel 1989, fu la prima a catturare l’attenzione con il suo filamento imponente, trattenendo vari ammassi di galassie su dimensioni stimate da 500 a 750 milioni di anni luce. La Grande Muraglia di Sloan, la South Pole Wall, lo Huge-LQG, la Grande Muraglia BOSS sono solo alcune delle “meraviglie” cosmiche che hanno esteso il nostro concetto di dimensioni nello spaziotempo.

Ma il Grande Anello e l’Arco Gigante sono differenti, sono ultra-grandi in modo sconcertante, mettendo in discussione le basi stesse della cosmologia. Lopez sottolinea che queste strutture, con le loro dimensioni straordinarie e le forme peculiari, potrebbero contenere messaggi cruciali sull’Universo che stiamo solo iniziando a comprendere.

L’osservazione delle linee di assorbimento negli spettri dei quasar

La scoperta del Grande Anello è stata resa possibile grazie all’osservazione delle linee di assorbimento negli spettri dei quasar, galassie luminose e antiche, raccolti dallo Sloan Digital Sky Survey (SDSS). Questo metodo, già utilizzato per scoprire l’Arco Gigante, ha portato alla luce una nuova sfida per il modello cosmologico standard.

Secondo questo modello, le strutture cosmiche si formano seguendo filamenti composti da idrogeno e materia oscura, intessendo una sorta di ragnatela cosmica. Ma il Grande Anello, l’Arco Gigante e altre macrostrutture sfidano questo principio, superando il limite teorico di ciò che pensavamo fosse possibile.

Possibili spiegazioni

Le dimensioni di queste strutture, come sottolinea Lopez, sono molto superiori al limite teorico di 1.2 miliardi di anni luce calcolato dai cosmologi. Le possibili spiegazioni oscillano tra teorie rivoluzionarie e visioni alternative del nostro Universo.

Una delle possibilità suggerite dagli scienziati è che il Grande Anello potrebbe essere legato alle oscillazioni acustiche barioniche (BAO). Queste oscillazioni, originarie dalle fluttuazioni della materia nell’Universo primordiale, dovrebbero apparire come gusci sferici nella disposizione delle galassie. Tuttavia, l’analisi dettagliata del Grande Anello ha rivelato incongruenze: è troppo grande e non ha la forma sferica attesa.

Una visione alternativa potrebbe essere offerta dalla teoria della Cosmologia Ciclica Conforme (CCC), proposta dal premio Nobel Roger Penrose nel 2001. Questo modello suggerisce un universo ciclico, in cui la fine coincide con l’inizio di un nuovo ciclo. Gli anelli cosmici potrebbero essere i segni di questo processo ciclico, un’idea affascinante che spinge i confini della nostra comprensione dell’Universo.

Un’altra possibilità è l’effetto delle stringhe cosmiche, filamenti topologici di grandi dimensioni formatisi nell’Universo primordiale. Jim Peebles, un altro premio Nobel, ha suggerito che le stringhe cosmiche potrebbero giocare un ruolo nella formazione di alcune delle peculiarità nella distribuzione su larga scala delle galassie.

Lopez conclude con una riflessione provocatoria: “Dalle attuali teorie cosmologiche non pensavamo neppure che strutture di questa scala fossero possibili.” Forse, di fronte a queste meraviglie cosmiche, stiamo solo cominciando a scalfire la superficie delle immense e ancora sconosciute verità dell’Universo.

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