Il movimento delle galassie rivela che l’universo è più giovane di quanto pensassimo

I risultati di un nuovo studio, pubblicati su Nature Astronomy, mettono in discussione il modello cosmologico standard LCDM
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Le rilevazioni sui movimenti delle galassie stanno fornendo indicazioni fondamentali sull’età dell’Universo, suggerendo che potrebbe essere più giovane di quanto precedentemente ipotizzato. Lo studio condotto da un team di ricerca guidato da Guo Qi del NAOC (National Astronomical Observatories of the Chinese Academy of Sciences) ha analizzato la cinetica delle coppie di satelliti attorno ai gruppi di galassie massicce, utilizzando i dati pubblici dello SDSS (Sloan Digital Sky Survey). I risultati, pubblicati su Nature Astronomy, mettono in discussione il modello cosmologico standard ΛCDM con i parametri cosmologici di Planck, suggerendo un’età dell’Universo inferiore a quella derivata dalle precedenti misurazioni.

Nel contesto dei modelli cosmologici standard, la formazione delle strutture cosmologiche inizia con la comparsa di strutture più piccole che, successivamente, si fondono gerarchicamente, portando alla formazione di sistemi più grandi. Con il passare del tempo cosmico, i gruppi e gli ammassi di galassie massicce, rappresentanti i sistemi più grandi, dovrebbero aumentare di massa e raggiungere uno stato dinamicamente più rilassato.

L’analisi del movimento delle coppie di satelliti posizionate sul lato opposto di gruppi di galassie massicce ha rivelato un notevole eccesso di coppie con offset di velocità correlati rispetto a quelle con offset anti-correlati. Questo suggerisce la presenza di galassie satelliti recentemente cresciute o in fase di avvicinamento, muovendosi sotto l’influenza della gravità verso un oggetto celeste. Tuttavia, la discrepanza tra le osservazioni e le simulazioni cosmologiche aggiornate implica che i gruppi di galassie massicce nell’Universo reale siano più giovani di quanto previsto. Ciò sfida il modello cosmologico attuale e potrebbe offrire chiavi importanti per comprendere la tensione di Hubble e riconsiderare la nostra comprensione dell’evoluzione temporale dell’Universo.

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