Scoperte le origini del bipedalismo umano attraverso teschi di 6 milioni di anni fa

"La maggior parte delle persone non è consapevole di quanto siano cruciali i canali semicircolari per la nostra locomozione"
MeteoWeb

L’evoluzione dell’essere umano è un intricato puzzle che ha impegnato gli scienziati per secoli, con domande fondamentali come la transizione dal quadrupedalismo all’eretto bipedalismo che hanno resistito a risposte chiare. Tuttavia, un nuovo studio, basato su prove recentemente scoperte nei teschi di una scimmia fossile di 6 milioni di anni fa, apre una finestra affascinante sulla storia evolutiva delle nostre origini: Lufengpithecus.

Lufengpithecus

Lufengpithecus, originariamente scoperto nella provincia cinese dello Yunnan negli anni ’80, è diventato il protagonista di una ricerca pionieristica guidata da scienziati dell’Istituto di Paleontologia dei Vertebrati e Paleoantropologia dell’Accademia Cinese delle Scienze (IVPP). Il team, composto dal dottorando Yinan Zhang, dal professore Xijun Ni e dall’antropologo della New York University, Terry Harrison, ha adottato un approccio innovativo per rispondere a domande senza risposta sulla transizione evolutiva verso il bipedalismo umano.

La chiave per svelare questo mistero risiede nei canali semicircolari, una parte del cranio situata tra il cervello e l’orecchio esterno, responsabili del senso di equilibrio e posizione durante il movimento. Utilizzando la tecnologia di scansione tridimensionale CT, il team è riuscito a illuminare le porzioni precedentemente oscure dei teschi di Lufengpithecus, permettendo una ricostruzione virtuale dei canali semicircolari.

La maggior parte delle persone non è consapevole di quanto siano cruciali i canali semicircolari per la nostra locomozione“, spiega Yinan Zhang. “La loro dimensione e forma sono correlate al modo in cui i mammiferi, tra cui scimmie ed esseri umani, si muovono nel loro ambiente.”

L’analisi dei teschi fossilizzati ha rivelato una sorprendente diversità di comportamenti locomotori nelle prime scimmie, indicando un repertorio ancestrale al bipedalismo umano. Terry Harrison sottolinea che questo studio rivela una “tripla evoluzione del bipedalismo umano“, svelando le fasi cruciali che hanno portato all’unicità del nostro modo di camminare.

Storia del bipedalismo umano

Inizialmente, le prime scimmie si muovevano sugli alberi in modo simile ai gibboni asiatici di oggi. Successivamente, l’antenato comune alle scimmie e agli esseri umani utilizzava una combinazione di arrampicata, sospensione degli arti anteriori, bipedalismo arboreo e quadrupedalismo terrestre, simile a quanto osservato in Lufengpithecus. È da questo repertorio locomotore ampio che il bipedalismo umano si è evoluto.”

Le analisi condotte dal team suggeriscono che la regione ossea dell’orecchio interno fornisce un registro unico della storia evolutiva della locomozione delle scimmie, offrendo un’alternativa preziosa al tradizionale studio dello scheletro postcranico.

La maggior parte degli studi si era concentrata su confronti tra ossa degli arti, spalle, bacino e colonna vertebrale. Tuttavia, la diversità nei comportamenti locomotori delle scimmie viventi e le lacune nel registro fossile hanno reso difficile ottenere una chiara immagine delle origini del bipedalismo umano“, spiega il professor Xijun Ni.

Lufengpithecus, con i suoi teschi fossilizzati che offrono una visione straordinaria della storia evolutiva, potrebbe essere la chiave per risolvere alcuni dei misteri più affascinanti dell’evoluzione umana.

Tuttavia, l’impresa non è priva di sfide. I teschi di Lufengpithecus, sebbene preziosi, presentano distorsioni e compressioni significative, che in passato hanno oscurato la regione ossea dell’orecchio. Grazie alle moderne tecnologie di scansione, il team è riuscito a superare questi ostacoli, aprendo una finestra unica sulla storia evolutiva.

Ma cosa ha catalizzato questa diversificazione locomotoria nelle scimmie e negli esseri umani? Gli scienziati suggeriscono che i cambiamenti climatici potrebbero aver svolto un ruolo fondamentale. Terry Harrison spiega che “temperature globali più fredde, associate all’accumulo di lastre di ghiaccio nell’emisfero settentrionale circa 3,2 milioni di anni fa, corrispondono a un aumento del tasso di cambiamento del labirinto osseo. Questo potrebbe indicare un rapido aumento del ritmo dell’evoluzione della locomozione delle scimmie e degli esseri umani”.

Attraverso la scansione tridimensionale e l’analisi approfondita dei teschi fossilizzati, gli scienziati stanno gettando nuova luce su uno dei capitoli più affascinanti della nostra storia evolutiva: l’origine del bipedalismo umano.

Condividi