Il Gatto di Schrödinger è stato ucciso dalla fisica: ecco di chi è la colpa

Per comprendere appieno il paradosso del gatto di Schrödinger, dobbiamo immergerci nelle profonde acque della meccanica quantistica
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Chi mai avrebbe pensato che un gatto potesse diventare il protagonista di uno dei più grandi enigmi della fisica quantistica? Eppure, il celebre esperimento mentale del gatto di Schrödinger ha tenuto svegli molti studiosi da quando fu proposto nel lontano 1935 da Erwin Schrödinger. Ma cosa c’è di così straordinario in questa bizzarra situazione, che coinvolge un gatto, una scatola e una dose di veleno? Scopriamolo insieme, esplorando le profondità della meccanica quantistica e le possibili soluzioni che il multiverso potrebbe offrire.

Il Paradosso del Gatto di Schrödinger

Immaginiamo una scatola chiusa contenente un gatto, una fiala di veleno, una sorgente radioattiva e un dispositivo che reagisce al decadimento atomico. Secondo la meccanica quantistica, esiste una probabilità non trascurabile che la sorgente radioattiva si attivi, rilasciando il veleno e uccidendo il gatto. Tuttavia, fino a quando non apriamo la scatola per osservare direttamente il suo contenuto, il gatto esiste in uno stato sovrapposto, simultaneamente vivo e morto.

Questo concetto, che sembra paradossale e assurdo secondo le leggi della fisica classica, riflette la natura indeterminata e sfuggente delle particelle subatomiche secondo la meccanica quantistica.

Uno sguardo al mondo dei quanti

Per comprendere appieno il paradosso del gatto di Schrödinger, dobbiamo immergerci nelle profonde acque della meccanica quantistica. Questa disciplina rivoluzionaria ci mostra un universo in cui le particelle subatomiche sfidano le nostre intuizioni classiche sulla realtà, esistendo in uno stato di sovrapposizione fino a quando non vengono osservate o misurate.

Secondo la teoria quantistica, le particelle possono essere sia onde che particelle, e possono occupare simultaneamente molteplici stati o posizioni. Solo quando vengono osservate o misurate, queste sovrapposizioni “collassano” su uno stato definito, portando alla luce la complessità e l’incertezza della natura stessa della realtà.

Quando l’osservatore diventa parte del fenomeno osservato

L’interpretazione di Copenaghen, avanzata da Niels Bohr e Werner Heisenberg, suggerisce che l’atto stesso dell’osservazione influenzi la realtà. In questo contesto, l’osservatore diventa parte integrante del fenomeno osservato, modellando attivamente il risultato finale. Tuttavia, questa interpretazione solleva più domande di quante ne risolva, aprendo la strada a interpretazioni ancora più audaci.

In risposta alle sfide e alle complessità del paradosso del gatto di Schrödinger, alcuni fisici hanno proposto una soluzione audace: il multiverso quantico. Secondo questa teoria rivoluzionaria, avanzata da Hugh Everett III nel 1956, ogni possibile esito di un evento si verifica effettivamente in universi separati.

In altre parole, quando osserviamo il contenuto della scatola, l’universo si divide in due rami separati, ognuno dei quali rappresenta una delle possibili esiti dell’esperimento. In uno di questi universi il gatto sopravvive, mentre nell’altro muore. Questa visione suggerisce l’esistenza di una molteplicità di realtà parallele, in cui ogni possibilità si materializza effettivamente.

Forse, proprio come i supereroi dei fumetti, siamo destinati a navigare tra mondi paralleli, esplorando le infinite sfaccettature della nostra esistenza. In fondo, il paradosso del gatto di Schrödinger non è solo un enigma scientifico, ma una porta aperta verso l’infinita vastità dell’universo e della mente umana.

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