Il mistero degli alpinisti morti e dispersi in Svizzera: cos’è successo al confine? Il meteo e tutti i punti oscuri

I sei alpinisti morti e dispersi in Svizzera erano atleti forti ed esperti: è mistero su quello che è successo nel weekend sul Tête Blanche, al confine con la Valle d'Aosta. Aperta un'inchiesta, mentre continuano le ricerche del sesto escursionista che sembra svanito nel nulla
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E’ una tragedia epocale quella dei sei alpinisti dispersi da sabato sulle Alpi al confine tra Italia e Svizzera: cinque sono stati ritrovati morti questa mattina, del sesto si sono completamente perse le tracce. Nelle ultime ore stanno emergendo clamorosi dettagli e retroscena su un dramma dai connotati davvero raccapriccianti: i sei alpinisti erano molto esperti, alcuni di loro atleti molto forti. Erano tutti svizzeri, di età compresa tra i 21 e i 58 anni, ed erano partiti da Zermatt sabato mattina con l’obiettivo di raggiungere il villaggio d’alta quota di Arolla lo stesso giorno. La polizia svizzera non ha ancora reso note le identità dei corpi ritrovati.

Gli escursionisti sono stati dati per dispersi nella regione della Tête Blanche, da dove uno di loro aveva effettuato una telefonata di soccorso chiedendo aiuto nella stessa giornata di sabato. Ed è proprio lì, sulla Tête Blanche, che cinque dei sei alpinisti sono stati ritrovati morti questa mattina. Siamo esattamente al confine con l’Italia:

località alpinisti svizzeri

I cinque escursionisti sono stati trovati nella zona da cui proveniva il segnale della loro chiamata di sabato“, ha detto questa mattina Fredy-Michel Roten, direttore dell’OCVS, Organizzazione cantonale vallesana dei soccorsi. Per localizzare gli escursionisti nella regione della Tête Blanche, i servizi di emergenza hanno schierato undici elicotteri. In totale sul luogo delle ricerche si trovano più di 35 soccorritori: nel dettaglio sono stati mobilitati tre elicotteri dell’Air-Glaciers, tre dell’Air Zermatt, tre della Rega e due Super Puma dell’esercito. Oltre a questi soccorsi aerei operano una decina di medici specializzati, colonne d’emergenza a piedi e psicologi d’emergenza. La mobilitazione dei soccorsi è davvero imponente. Gli escursionisti sono stati localizzati nella zona del passo della Tête Blanche, a circa 3.500 metri di altitudine.

Durante il fine settimana, il transito del Ciclone Monica che ha investito le Alpi occidentali con nevicate eccezionali e venti impetuosi aveva impedito agli elicotteri e alle squadre di soccorso di avvicinarsi alla zona. Un tentativo via terra da Zermatt era stato fatto sabato sera da cinque soccorritori, ma avevano dovuto rinunciare a più di 3.000 metri di altitudine a causa delle pessime condizioni meteorologiche e dei rischi connessi. Era stato allertato anche il Soccorso alpino valdostano, nella speranza che le condizioni meteorologiche sul lato meridionale consentissero l’intervento in elicottero, ma non c’era nulla da fare.

Ieri sera, una squadra di tre soccorritori e un agente di polizia dell’unità di montagna hanno finalmente potuto essere trasportati in elicottero “vicino al rifugio Dent Blanche“, ha dichiarato la polizia elvetica in un comunicato. “Intorno alle 21.20, hanno raggiunto il settore della Tête Blanche dove hanno scoperto i corpi di cinque delle sei persone date per disperse“, hanno aggiunto.

L’identità degli alpinisti è ancora ignota. Cinque di loro appartengono alla stessa famiglia del Vallese mentre un’altra persona, una donna, arriva dal canton Friburgo. I media locali hanno spiegato che si tratta di tre fratelli tra cui un amministratore comunale, un loro zio, un loro cugino e l’amica di uno tre fratelli. Diversi di loro erano alpinisti esperti e alcuni si stavano allenando per una gara di scialpinismo di fama mondiale in programma ad aprile, la Patrouille des glaciers, il cui tracciato passa anche lungo l’itinerario Zermatt-Arolla che stavano percorrendo. A dare per primo l’allarme, sabato pomeriggio verso le 16, era stato un familiare che aspettava il gruppo ad Arolla, nella Val d’Hérens. Una telefonata fatta poco dopo, alle 17.19, da uno dei sei dispersi ha poi permesso la localizzazione nel settore del Col de la Tête Blanche, a circa 3.500 metri di quota, poco più di mezzo chilometro in linea d’aria dal confine con l’Italia e la Valle d’Aosta.

Le parole degli investigatori e quelle “circostanze poco chiare”

Christian Varone, comandante della polizia regionale del Vallese, ha dichiarato in una conferenza stampa a Sion, in Svizzera, che i sei sciatori dispersi, di cui 5 sono stati trovati senza vita, sono partiti sabato in condizioni “relativamente buone“, ma che la situazione è peggiorata rapidamente e improvvisamente. Stavano percorrendo il tragitto tra la località turistica di Zermatt, ai piedi del Cervino, e il villaggio di Arolla, vicino al confine con l’Italia. Varone ha aggiunto che cinque dei sei sciatori appartenevano a una famiglia della regione del Vallese e una sesta persona viveva a Friburgo, nella Svizzera occidentale. Avevano un’età compresa tra i 21 e i 58 anni. Non ha specificato quale persona fosse ancora dispersa né ha indicato se tutte le vittime fossero parenti. La ricerca della sesta persona continua.

Vogliamo capire la cronologia degli eventi che hanno portato a questa tragedia“, ha osservato il procuratore generale Béatrice Pilloud. Al momento le circostanze non sono chiare, ha aggiunto.

Il drammatico tentativo di scavare una buca nella neve

Hanno con ogni probabilità tentato di scavare una buca nella neve per trovare riparo dal freddo e dalla bufera i cinque scialpinisti elvetici trovati morti ieri sera nella zona della Tête Blanche, sulle Alpi svizzere, e che erano dispersi da sabato, insieme a una sesta persona non ancora trovata. L’ipotesi, appresa dall’ANSA da ambienti vicini ai soccorritori, è che la morte possa essere legata all’ipotermia, dopo che il gruppo aveva perso l’orientamento nella tempesta di neve. Le autorità elvetiche in conferenza stampa oggi a Sion non hanno chiarito le cause della morte, ma durante le ricerche di ieri mai si era parlato di valanga. Fredy-Michel Roten, direttore dell’ Ocvs, ha detto in conferenza stampa che in queste situazioni, quando si riescono a contattare i dispersi al telefono, “si dà l’informazione di proteggersi al meglio, il che non è sempre facile, fare un buco” nella neve, “proteggersi da qualche parte“. In casi del genere “si prova sempre a rimanere in contatto, poi bisogna vedere anche i mezzi che si hanno a disposizione, c’è purtroppo la questione della batteria” del telefono. “Tutto è stato fatto sul piano umano, sul piano delle risorse… abbiamo provato l’impossibile. Talvolta dobbiamo inchinarci alla natura“, ha spiegato Christian Varone, comandante della polizia cantonale del Vallese. I soccorritori hanno lavorato “fino all’estremo limite delle loro possibilità“, ha aggiunto, facendo riferimento alle condizioni meteorologiche “catastrofiche” del fine settimana scorso, con nebbia, vento, freddo e pericolo valanghe. La “speranza” è di poter trovare ancora in vita lo scialpinista ancora disperso, pur essendo “realisti” sulle condizioni della montagna, a 3.500 metri di quota, nelle ultime 48 ore. Il procuratore generale del canton Vallese, Beatrice Pilloud, ha annunciato l’apertura di un’indagine per far luce sulla tragedia. Secondo Pilloud in montagna le condizioni possono “cambiare subito” ed “è importante non giudicare le persone“, avendo rispetto nei “loro confronti” e “verso le loro famiglie“.

Abbiamo visto che gli scialpinisti avevano cercato di costruire una buca” nella neve “per proteggersi dal vento“. La conferma arriva da Anjan Truffer, capo del soccorso della compagnia aerea svizzera Air Zermatt. “Gli scialpinisti – aggiunge – sono morti congelati in quota, disorientati“. Truffer ha preso parte alle ricerche: “Abbiamo trovato una brutta scena“, ha spiegato. Truffer crede che sia scattato il panico perché i corpi delle vittime sono stati trovati sparsi. Il soccorritore ritiene quindi che la tempesta in quota possa essere fatale per gli scialpinisti.

Sulle Alpi, il sistema di bassa pressione ha causato raffiche di vento tra i 110 e i 150 km/h, e localmente fino a 190 km/h, al di sopra dei 1.800 metri. La polizia vallesana ha invitato alla massima prudenza anche per i prossimi giorni, perché anche se il vento si è calmato, il pericolo di valanghe persiste. Ieri, in un altro incidente, uno sciatore che procedeva in fuoripista è morto all’ospedale di Sion (Svizzera) per i traumi riportati dopo essere stato travolto da una valanga nella Val Ferret elvetica.

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