Il 27 novembre prossimo, la Corte di Cassazione affronterà l’ultimo grado di giudizio per la tragica vicenda dell’hotel Rigopiano, dove una valanga nel gennaio 2017 causò la morte di 29 persone e la sopravvivenza di altre 11. Questa udienza non si limiterà solo a valutare la legittimità delle otto condanne emesse in appello, ma prenderà in esame anche un aspetto rimasto escluso nella precedente sentenza: l’ipotesi di depistaggio contestata ai vertici della prefettura di Pescara.
La tragedia di Rigopiano
La tragedia di Rigopiano ha segnato profondamente la coscienza collettiva italiana, e il percorso giudiziario, iniziato subito dopo i fatti, continua a suscitare grande attenzione. A giugno scorso, la procura generale, rappresentata dal procuratore Alessandro Mancini, ha presentato un ricorso di oltre 100 pagine contro le 22 assoluzioni che, sette anni dopo l’evento, hanno ristretto le responsabilità penali ai soli livelli istituzionali del Comune di Farindola, della Provincia e della Prefettura di Pescara.
In particolare, il ricorso della procura generale si concentra sulla responsabilità dell’ex prefetto Francesco Provolo e di altri funzionari. Secondo l’accusa, la semplice assenza di richieste esplicite da parte degli inquirenti in merito alle telefonate di richiesta di aiuto effettuate dal cameriere d’Angelo non può giustificare l’esclusione della loro responsabilità. Il ricorso evidenzia che “il semplice tacere è sufficiente per integrare l’ipotesi di reato” e sottolinea l’importanza della documentazione richiesta dalla Squadra mobile di Pescara riguardo all’attività svolta dal Centro coordinamento soccorsi (Ccs) e dalla sala operativa il 18 gennaio 2017, giorno della valanga.
I dirigenti della Protezione Civile
Un altro punto critico sollevato nel ricorso riguarda i dirigenti regionali del servizio di Protezione civile, tra cui Pierluigi Caputi, Carlo Visca, Emidio Primavera, Vincenzo Antenucci, Carlo Giovani e Sabatino Belmaggio. La sentenza d’appello è stata contestata per aver escluso la loro responsabilità nella mancata realizzazione della Carta di localizzazione del pericolo valanghe e nella prevedibilità dell’evento.
In merito a questo, il ricorso afferma che “non è necessario che il garante, per rispondere dell’evento, deve essere dotato di tutti i poteri impeditivi, essendogli richiesto di porre in essere solo quelli da lui esigibili“. Questa premessa porta alla conclusione che “è certo che il puntuale adempimento di quanto richiesto avrebbe senz’altro impedito il grave disastro. L’inerzia accertata è certamente un comportamento gravemente censurabile nel funzionario“.
Infine, la sentenza d’Appello è stata criticata per non aver adeguatamente considerato le evidenze probatorie emerse dal lavoro dei consulenti tecnici e dei periti. Tra le prove fondamentali del processo vi è la prevedibilità dell’evento: “Una cartografia completa (sia Clpv e Clv) della zona, se fosse stata disponibile all’epoca del fatto, avrebbe certamente individuato un’area di espandimento comprendente l’Hotel Rigopiano“, si legge nella perizia.
L’udienza di Cassazione rappresenta dunque un momento cruciale per fare chiarezza definitiva sulle responsabilità di una tragedia che ha segnato profondamente l’Italia, e che attende ancora una giustizia completa e imparziale.