Negli ultimi anni, la medicina ha compiuto passi da gigante nel campo delle terapie geniche, un settore in continua espansione che promette di curare malattie considerate un tempo incurabili. Tra queste, l’amaurosi congenita di Leber tipo I (LCA1), una condizione genetica rara che porta alla cecità sin dalla nascita, ha recentemente visto una svolta grazie ad una nuova terapia genica sviluppata dai ricercatori dell’Università della Florida. La notizia del successo di questo trattamento ha acceso speranze tra i pazienti e i professionisti della salute, aprendo la strada a un futuro in cui il buio della cecità potrebbe essere illuminato da nuove opportunità terapeutiche.
L’amaurosi congenita di Leber: una rara condizione genetica
L’amaurosi congenita di Leber tipo I (LCA1) è una malattia genetica estremamente rara, che colpisce circa 3.000 persone tra Europa e Stati Uniti. Essa è causata da mutazioni in entrambe le copie del gene GUCY2D, fondamentale per il corretto funzionamento delle cellule fotorecettrici della retina, quelle che permettono di percepire la luce e trasmettere le immagini al cervello. La conseguenza di questa mutazione è una perdita della vista già nei primi anni di vita, e i pazienti con LCA1 possono avere difficoltà non solo a leggere o riconoscere volti, ma anche a muoversi in ambienti poco illuminati, o svolgere attività quotidiane di base, come attraversare una strada.
Nonostante i limiti imposti da questa condizione, la scienza ha continuato a lavorare senza sosta per trovare una soluzione. E finalmente, i progressi della terapia genica sembrano offrire una risposta concreta.
La svolta della terapia genica: come funziona
La terapia genica sviluppata dal team dell’Università della Florida, guidato da Shannon Boye e Sanford Boye, si basa sull’uso di un vettore virale, un virus modificato per trasportare una copia funzionante del gene GUCY2D direttamente nelle cellule della retina danneggiate. Il principio è semplice: ripristinare la funzione delle cellule sensibili alla luce con un gene corretto, che possa ridare ai pazienti la capacità di percepire e rispondere agli stimoli luminosi.
Nello studio clinico, i pazienti hanno ricevuto una singola iniezione di questo vettore direttamente nell’occhio affetto. Questa iniezione, effettuata chirurgicamente nella retina, permette al vettore di rilasciare il gene nelle cellule target, ripristinando in parte la loro funzionalità. Il trattamento è stato somministrato in un occhio solo, permettendo ai ricercatori di confrontare i risultati tra l’occhio trattato e quello non trattato.
Miglioramenti straordinari nella visione
I risultati dello studio, pubblicati sulla prestigiosa rivista The Lancet, sono stati sorprendenti. I pazienti che hanno ricevuto dosi più elevate del trattamento hanno riportato miglioramenti nella sensibilità alla luce fino a 10.000 volte. Molti di loro, che in precedenza vivevano in un “mondo di ombre“, sono stati in grado di percepire la luce in modo chiaro per la prima volta dopo anni. Alcuni pazienti hanno raccontato esperienze toccanti: una donna ha descritto la gioia di vedere una stella per la prima volta nella sua vita, mentre un altro paziente ha potuto finalmente ammirare i fiocchi di neve cadere dal cielo.
Altri miglioramenti rilevanti riguardano la capacità di leggere e di navigare in spazi complessi. I pazienti sono stati in grado di leggere diverse righe di una tabella oculare, un traguardo che sembrava impensabile prima del trattamento. Inoltre, sono riusciti a muoversi con maggiore sicurezza in un labirinto standardizzato, dimostrando un netto miglioramento nella navigazione visiva.
Sicurezza e tollerabilità del trattamento
Oltre ai miglioramenti visivi, un aspetto cruciale dello studio era quello di verificare la sicurezza della terapia genica. E qui i risultati sono altrettanto positivi. Gli effetti collaterali riscontrati sono stati minimi, con qualche caso di infiammazione lieve che è stato trattato efficacemente con steroidi. Alcuni pazienti hanno riportato complicazioni chirurgiche minori, ma nessuna di queste ha compromesso i benefici del trattamento.
“Questo è il primo caso in cui la LCA1 viene trattata con successo, e i dati mostrano un profilo di sicurezza molto favorevole, insieme a un’efficacia evidente“, ha dichiarato Shannon Boye, co-autore dello studio e capo della Divisione di Terapia Cellulare e Molecolare presso l’Università della Florida. La sua determinazione, e quella del suo team, è stata premiata dopo oltre 20 anni di ricerca.
Verso il futuro: il passo successivo
Lo studio ha coinvolto 15 pazienti, trattati presso l’Università della Pennsylvania e l’Oregon Health and Science University. Questi soggetti hanno ricevuto una delle tre dosi sperimentali della terapia, permettendo ai ricercatori di individuare la dose ottimale per gli studi futuri. Tuttavia, il lavoro non è ancora concluso. Il prossimo passo è la conduzione di uno studio clinico di fase 3, che coinvolgerà un numero maggiore di pazienti e che potrebbe portare all’approvazione della terapia da parte della FDA, l’autorità regolatoria statunitense.
Se la terapia dovesse superare con successo tutte le fasi di sperimentazione, potrebbe diventare disponibile per i pazienti, offrendo una speranza concreta a chi è affetto da LCA1. Si prevede che il trattamento richieda una sola dose per occhio e che i suoi effetti possano durare a lungo, forse per tutta la vita.
Un trattamento per una malattia rara, ma non dimenticata
Uno degli aspetti più toccanti di questa storia è la dedizione del team di ricerca, che ha lavorato per anni su una malattia rara che, per molte aziende farmaceutiche, non rappresenta un’opportunità di profitto significativa. “Molte aziende non sono interessate a investire in terapie per malattie rare, perché non sono forti generatori di entrate“, ha spiegato Sanford Boye. Tuttavia, la coppia Boye ha scelto di intraprendere questa strada per offrire una cura a chi ne ha più bisogno.
Grazie alla fondazione di Atsena Therapeutics nel 2019, la startup nata dall’Università della Florida, è ora possibile non solo proseguire con la ricerca, ma anche immaginare una futura commercializzazione della terapia. Questa potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione per il trattamento della cecità genetica, aprendo la strada a terapie simili per altre forme di cecità ereditaria.