Un nuovo studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B ha messo in evidenza il drammatico declino dei predatori marini e delle loro prede preferite nel Mar Adriatico. I ricercatori, guidati da Martin Zuschin dell’Università di Vienna, hanno documentato come le popolazioni di lumache e vongole siano crollate, sostituite dalla comune vongola corbulid (Varicorbula gibba), che prospera in condizioni ambientali sfavorevoli.
Negli anni ’50 del XX secolo, il Mar Adriatico si presentava come un ecosistema marino vibrante, caratterizzato da una crescente popolazione di lumache e dalle vongole di cui si nutrono. Tuttavia, a partire dalla metà del XIX secolo, si è assistito a un drastico crollo delle popolazioni di entrambi i gruppi. I cambiamenti osservati sono stati attribuiti a fattori umani, tra cui la pesca intensiva, il trawling, il deflusso di nutrienti e l’introduzione di specie invasive.
L’analisi dei campioni di sedimenti prelevati da due aree del Mar Adriatico ha rivelato una composizione delle specie notevolmente semplificata rispetto al passato. Oggi, si nota la mancanza di predatori e di organismi che vivono sulla superficie del sedimento, mentre gli alimentatori di depositi e gli animali che abitano il sedimento sono aumentati in abbondanza. “La situazione attuale del Mar Adriatico è paragonabile a quella di un campo da golf,” ha affermato Zuschin, “caratterizzata da bassa biodiversità e nutrienti in eccesso.” Questi cambiamenti hanno comportato un impoverimento dell’ambiente marino, alterando le interazioni tra le specie.
L’eutrofizzazione ha provocato periodi di bassa ossigenazione nelle acque, favorendo la proliferazione della vongola corbulid, la quale è meno vulnerabile a bassi livelli di ossigeno rispetto ad altre specie. Il cambiamento climatico sta aggravando ulteriormente la situazione nel Mar Adriatico, con l’acqua che diventa sempre più stratificata, ostacolando il flusso di ossigeno verso i fondali.
Tuttavia, ci sono segnali di speranza: sono in corso sforzi per ridurre l’inquinamento nei fiumi italiani e alcuni campioni mostrano un leggero aumento della frequenza dei fori di perforazione nei fossili. Nonostante ciò, Zuschin avverte che la restaurazione degli ecosistemi danneggiati sarà una sfida complessa e costosa. “La degradazione ambientale è estremamente costosa – afferma – non puoi nemmeno quantificarla perché ciò che è andato perduto ha avuto un impatto enorme sulla qualità della vita“.