Caronte, la luna più grande di Plutone, ha sempre affascinato gli scienziati per le sue caratteristiche uniche e misteriose. Dalla sua scoperta nel 1978, è stato oggetto di numerose osservazioni, ma la sua composizione superficiale ha lasciato in sospeso molti interrogativi, fino a oggi. Uno studio recente, pubblicato su Nature Communications, rivela nuove informazioni sorprendenti: la presenza di anidride carbonica (CO₂) e perossido di idrogeno (H₂O₂) sulla superficie di Caronte, grazie ai dati ottenuti dal James Webb Space Telescope (JWST).
Questa scoperta apre una nuova finestra sulla nostra comprensione non solo di Caronte, ma anche degli altri corpi ghiacciati nella fascia di Kuiper, dove si trovano Plutone e altri pianeti nani. I risultati offrono un’importante prospettiva sui processi chimici in atto su queste superfici remote, e sulle dinamiche di formazione e evoluzione dei corpi ghiacciati nel sistema solare esterno.
Il contesto scientifico: i limiti delle osservazioni passate
Prima di questo studio, la nostra conoscenza di Caronte era in gran parte basata su osservazioni spettrali a lunghezze d’onda inferiori a 2,5 micrometri (μm). Sebbene fosse già stata rilevata la presenza di ghiaccio d’acqua, ammoniaca e alcune specie organiche, molte informazioni fondamentali erano fuori portata, poiché l’intervallo spettrale esaminato non permetteva l’identificazione di composti chiave come la CO₂ e l’H₂O₂. Questo gap conoscitivo ha rappresentato per lungo tempo un ostacolo alla comprensione completa della composizione di Caronte e di come le interazioni con le radiazioni solari influenzino i corpi ghiacciati nella fascia di Kuiper.
Il contributo decisivo del James Webb Space Telescope
Grazie al JWST, gli scienziati hanno ora accesso a dati molto più dettagliati. Lo spettrografo Near-Infrared del telescopio ha permesso di estendere le osservazioni spettrali di Caronte fino a 5,2 μm, un intervallo critico per l’identificazione di nuovi composti. L’analisi condotta dal team guidato da Silvia Protopapa dell’Università del Maryland si è basata su quattro osservazioni distinte, ciascuna a diverse longitudini della luna, per ottenere una visione più completa della sua superficie.
Ma i dati raccolti non sarebbero stati sufficienti senza il supporto di modelli spettrali e di esperimenti di laboratorio che hanno permesso agli scienziati di interpretare i risultati con precisione. E così, oltre alla conferma della presenza di ghiaccio d’acqua cristallina e ammoniaca, sono emersi nuovi elementi di grande rilevanza: CO₂ e H₂O₂, mai rilevati prima sulla superficie di Caronte.
Perossido di idrogeno e anidride carbonica: cosa rivelano questi composti?
La rilevazione di CO₂ e H₂O₂ su Caronte non è solo una curiosità chimica, ma ha implicazioni profonde per la nostra comprensione dei processi in atto sulla sua superficie. L’H₂O₂, infatti, è spesso associato a fenomeni di irradiazione: quando il ghiaccio d’acqua viene colpito da radiazioni ultraviolette o particelle cariche provenienti dal Sole, le molecole d’acqua possono essere spezzate, generando perossido di idrogeno. Questo processo, chiamato fotolisi, avviene anche su altri corpi ghiacciati del sistema solare esterno, suggerendo che superfici come quella di Caronte siano in continua trasformazione a causa dell’esposizione alle radiazioni.
D’altra parte, la CO₂ rappresenta una scoperta altrettanto interessante. Secondo gli autori dello studio, l’anidride carbonica potrebbe provenire dai depositi sottosuperficiali formatisi durante le prime fasi di accrescimento di Caronte. Questi serbatoi di CO₂, sepolti sotto strati di ghiaccio d’acqua, potrebbero essere stati esposti sulla superficie a causa di impatti o altri fenomeni geologici, come il rimescolamento causato dalle radiazioni o dal calore interno della luna.
Un nuovo tassello per la comprensione della fascia di Kuiper
Caronte non è un corpo isolato nel vasto scenario del sistema solare esterno. Fa parte di un gruppo più ampio di oggetti ghiacciati che orbitano nella fascia di Kuiper, una regione oltre Nettuno che ospita anche Plutone e altri pianeti nani, come Haumea e Makemake. Lo studio delle superfici di questi corpi può aiutarci a capire meglio come si siano formati e come abbiano subito l’influenza delle radiazioni solari e degli impatti nel corso di miliardi di anni.
La rilevazione di CO₂ e H₂O₂ su Caronte ha un’importanza particolare, poiché questi composti possono essere utilizzati come traccianti dei processi fisici e chimici che modellano la superficie di corpi ghiacciati. La presenza di CO₂, in particolare, potrebbe indicare che Caronte, come altri oggetti della fascia di Kuiper, ha subito processi di sublimazione, un fenomeno in cui le sostanze solide passano direttamente allo stato gassoso sotto l’effetto del calore.
L’H₂O₂, invece, evidenzia la continua interazione tra la superficie di Caronte e l’ambiente esterno. Questo perossido si forma a seguito dell’interazione del ghiaccio d’acqua con la radiazione ultravioletta del Sole, segnalando un processo di alterazione superficiale costante, simile a quello osservato su altre lune ghiacciate come Europa, una delle principali lune di Giove.
Verso una comprensione più profonda del sistema solare esterno
La scoperta di CO₂ e H₂O₂ su Caronte non rappresenta la fine della ricerca, ma piuttosto l’inizio di nuove domande e di nuove esplorazioni. Uno degli obiettivi principali sarà capire come questi composti siano distribuiti su tutta la superficie della luna e se ci siano variazioni significative in base alla latitudine o all’esposizione solare.
Inoltre, il JWST potrebbe essere utilizzato per osservare altri corpi della fascia di Kuiper con lo stesso livello di dettaglio, permettendoci di fare confronti tra le diverse composizioni superficiali e di tracciare una mappa più accurata dei processi chimici in atto in questa remota regione del sistema solare.
Lo studio di Caronte ci offre anche una finestra sul passato del sistema solare. La CO₂ potrebbe rappresentare un residuo della formazione primordiale di questa luna, intrappolata sotto strati di ghiaccio per miliardi di anni. Capire come e quando questa anidride carbonica è stata rilasciata sulla superficie potrebbe fornirci indizi su eventi catastrofici o cicli geologici che hanno influenzato Caronte e altri corpi della fascia di Kuiper.