La correlazione tra un’alimentazione ridotta e una vita più lunga è un tema noto da tempo, ma solo ora è stata trovata la risposta che chiarisce il motivo di questa affermazione. Secondo uno dei più significativi studi condotti sull’argomento, il segreto non risiede nella semplice perdita di peso o nei cambiamenti metabolici, come si era sempre ritenuto, bensì nel patrimonio genetico di ciascun individuo.
Questa scoperta emerge da un’ampia ricerca pubblicata sulla rivista Nature, che ha coinvolto quasi 1.000 topi, i quali sono stati sottoposti a diete differenti e osservati per tutta la loro vita. Lo studio, condotto dall’azienda biotech Calico e dal Jackson Laboratory, entrambi statunitensi, evidenzia come il patrimonio genetico giochi un ruolo cruciale, influenzando la resilienza dell’organismo allo stress derivante dalla restrizione calorica.
I ricercatori, coordinati dall’italiano Andrea Di Francesco di Calico e da Gary Churchill del Laboratorio Jackson, hanno scelto 960 topi geneticamente distinti per rappresentare meglio la diversità genetica della popolazione umana. I soggetti sono stati suddivisi in gruppi: alcuni avevano accesso a cibo illimitato, mentre altri seguivano diete ipocaloriche o periodi regolari di digiuno. Un abbattimento calorico del 40% ha portato a un aumento significativo della durata media della vita, ma risultati positivi sono stati registrati anche con diete meno drastiche e con il digiuno intermittente.
Tuttavia, con grande sorpresa per gli autori, gli animali che hanno perso il maggior peso sono stati anche quelli che sono morti prima. Questo paradosso si spiega con il grado di resilienza codificato nei geni: i topi geneticamente più avvantaggiati riescono a mantenere il peso corporeo, la percentuale di grasso e la salute del sistema immunitario, anche quando sottoposti a stress alimentare, e di conseguenza vivono più a lungo. “Se vuoi vivere a lungo, ci sono cose che puoi controllare durante la tua vita, come la dieta – dice Churchill – ma quello che conta davvero è avere una nonna molto anziana“.
Lo studio mette in discussione le convinzioni tradizionali sul perché alcune diete possano allungare la vita: fattori come il peso corporeo, la percentuale di grasso e i livelli di glucosio nel sangue non spiegano il legame tra la riduzione calorica e l’incremento della longevità. Pertanto, le ricerche sulla longevità umana, spesso focalizzate su questi parametri, potrebbero trascurare aspetti più rilevanti legati all’invecchiamento, come la salute del sistema immunitario. “Mentre la restrizione calorica è generalmente positiva per la durata della vita – conclude Churchill – perdere peso non lo è“.