Dal cordone ombelicale, una nuova speranza per i neonati prematuri

"L'unità di sangue raccolta in sala parto viene inviata al centro trasfusionale, dove viene filtrata per rimuovere i globuli bianchi, centrifugata e sottoposta alla scomposizione dei suoi costituenti: plasma, piastrine e globuli rossi"
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Il sangue del cordone ombelicale rappresenta una fonte preziosa e spesso sottovalutata di vita. Accanto alle forme tradizionali di donazione del sangue, esiste infatti la possibilità di donare il sangue rimasto nella placenta e nel cordone ombelicale dopo il parto. Questa pratica, già nota per la sua utilità nei trapianti di cellule staminali ematopoietiche per pazienti con malattie del sangue, si sta rivelando fondamentale anche per un’altra categoria di pazienti estremamente vulnerabili: i neonati prematuri.

Un supporto vitale per i prematuri estremi

Come spiega la professoressa Luciana Teofili, direttrice dell’UOC Emotrasfusione del Policlinico Gemelli IRCCS e professoressa associata di Malattie del sangue presso l’Università Cattolica di Roma, “i neonati di età gestazionale molto bassa, cioè nati prima della 28ª settimana, hanno bisogno di ripetute trasfusioni di globuli rossi. Finora queste trasfusioni venivano effettuate con sangue donato dagli adulti, che però contiene un’emoglobina diversa da quella del neonato pretermine, ovvero l’emoglobina fetale o HbF. Questo può provocare effetti indesiderati“.

La differenza tra emoglobina fetale e adulta risiede nella loro capacità di trasportare e rilasciare ossigeno ai tessuti. L’emoglobina fetale, presente naturalmente nei neonati, ha una maggiore affinità per l’ossigeno rispetto a quella adulta, permettendo un rilascio più graduale e riducendo il rischio di danni ossidativi. “L’emoglobina adulta – continua la professoressa Teofilitende a rilasciare una maggior quantità di ossigeno ai tessuti, e questo può avere effetti tossici sulla retina (retinopatia del prematuro), sul tessuto cerebrale o sul sistema respiratorio (displasia broncopolmonare). Il sistema metabolico del bambino pretermine non è in grado di proteggersi adeguatamente da uno stress ossidativo, e quindi può subire danni significativi“.

Lo studio BORN e le trasfusioni personalizzate

Un passo avanti nella comprensione e nell’applicazione pratica del sangue cordonale è stato fatto con lo studio multicentrico BORN (umBilical blOod to tRansfuse preterm Neonates), coordinato dalla professoressa Teofili e dalla dottoressa Patrizia Papacci, dell’UOC di Neonatologia del Policlinico Gemelli IRCCS. Questo studio ha coinvolto otto banche del cordone ombelicale e otto unità di terapia intensiva neonatale, reclutando 146 neonati prematuri con un’età gestazionale dalla 24ª settimana in su.

I neonati arruolati nello studio sono stati suddivisi in due gruppi: il primo riceveva trasfusioni standard con sangue adulto, mentre il secondo veniva supportato con globuli rossi derivati dal cordone ombelicale fino alla 32ª settimana di età post-concepimento“, spiega la professoressa Teofili. “L’obiettivo era valutare la frequenza di retinopatia severa, identificare il livello ottimale di HbF per prevenire questa condizione e analizzare l’impatto delle trasfusioni di sangue cordonale sulle altre patologie associate alla prematurità“.

I risultati preliminari sono promettenti. “Abbiamo pubblicato l’analisi intermedia di safety sui primi 58 pazienti, che dimostra come le trasfusioni di sangue cordonale siano sicure e associate a un minor numero di eventi avversi rispetto alle trasfusioni con sangue adulto. Inoltre, i bambini che ricevono solo trasfusioni di sangue cordonale mostrano un’incidenza ridotta di retinopatia severa“, aggiunge la professoressa.

Come funziona la raccolta e l’uso del sangue cordonale

Il processo di raccolta e preparazione del sangue cordonale segue rigidi protocolli. “L’unità di sangue raccolta in sala parto viene inviata al centro trasfusionale, dove viene filtrata per rimuovere i globuli bianchi, centrifugata e sottoposta alla scomposizione dei suoi costituenti: plasma, piastrine e globuli rossi“, chiarisce la professoressa Teofili. Dopo gli esami di legge previsti, il sangue è pronto per essere utilizzato nel neonato che necessita di una trasfusione.

Un futuro da consolidare

Per trasferire questi risultati dalla ricerca alla pratica clinica su larga scala, è necessario ampliare la raccolta del sangue cordonale, in particolare nelle strutture dotate di terapia intensiva neonatale. “Le unità donate potrebbero essere utilizzate a scopo trasfusionale, inviando alle banche del cordone quelle idonee al trapianto“, conclude la professoressa Teofili. La promozione della donazione del sangue cordonale rappresenta quindi un passo cruciale per garantire che sempre più neonati prematuri possano beneficiare di questo approccio innovativo e salvavita.

La ricerca sui benefici del sangue cordonale per i neonati prematuri è solo all’inizio, ma i risultati ottenuti finora aprono la strada a una nuova frontiera nella medicina neonatale. In un mondo in cui la medicina personalizzata è sempre più una realtà, l’utilizzo di emoglobina fetale naturale rappresenta una soluzione su misura per una delle categorie più fragili della nostra società. La donazione del sangue cordonale non è solo un atto di solidarietà, ma un investimento nel futuro dei più piccoli.

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