Le colture di soia sono più inquinanti di quanto precedentemente ipotizzato. Questo è il risultato di uno studio condotto dall’Universidad de Buenos Aires e recentemente pubblicato su Nature Sustainability. I ricercatori hanno rilevato che, durante la rotazione biennale di mais e soia, una pratica comune tra gli agricoltori dell’Iowa, il 40% delle emissioni di protossido di azoto si verifica nell’anno in cui è presente la soia.
La scoperta è stata sorprendente per la comunità scientifica, poiché la maggior parte dei campi di soia non viene trattata con fertilizzanti azotati. Tuttavia, il gas serra viene comunque rilasciato a causa dei processi naturali nel terreno. Michael Castellano, professore di agronomia e scienze del suolo presso l’Università Statale dell’Iowa, ha commentato: “Abbiamo dato per scontato che le colture di legumi come la soia non abbiano un’impronta di emissioni elevata perché di solito non ricevono fertilizzanti. Ma i processi naturali nel terreno che producono ossido di azoto non si fermano solo perché non si applica fertilizzante“. Castellano ha aggiunto: “Quasi metà delle emissioni in un tipico sistema di coltivazione provengono dalla soia e non abbiamo nemmeno pensato a come gestirle“.
Nel loro studio, i ricercatori hanno anche proposto una soluzione per ridurre le emissioni. Secondo una modellazione, l’introduzione di colture di copertura invernali e la semina anticipata della soia potrebbero abbattere le emissioni di protossido di azoto di un terzo, migliorando al contempo le rese. Castellano ha sottolineato l’importanza di queste soluzioni pratiche e scalabili, dicendo: “La parte che preferisco di questa ricerca è che gli agricoltori sono più propensi a implementare queste soluzioni subito perché sono pratiche e scalabili. Le opzioni esistono già, ma le persone semplicemente non le considerano“.
Per quantificare l’effetto della soia sulle emissioni di protossido di azoto nel Midwest degli Stati Uniti, gli autori hanno analizzato 16 studi precedenti sui sistemi di coltivazione mais-soia. I risultati hanno confermato che il 40% delle emissioni proviene dal periodo in cui la soia è presente nel ciclo di rotazione. Una delle strategie proposte dai ricercatori consiste nell’introdurre una coltura di copertura invernale, come avena o segale, nei campi di mais, riducendo così il tempo in cui i terreni rimangono senza piante vive. Inoltre, l’uso di varietà di soia a crescita estesa permetterebbe una semina anticipata in primavera, migliorando ulteriormente i risultati.
La combinazione di queste due tecniche potrebbe ridurre le emissioni annuali di protossido di azoto del 33% e aumentare le rese del 16% grazie alla semina anticipata. La soia a crescita estesa è già ampiamente disponibile, e molti agricoltori stanno già cercando di anticipare la semina, anche se spesso privilegiano il mais, poiché le rese del mais sono più sensibili a un inizio tardivo rispetto a quelle della soia.