Il modello standard che descrive la formazione delle galassie nell’universo primordiale è messo in discussione da nuove osservazioni effettuate dal James Webb Space Telescope (JWST). Fino ad oggi, si pensava che il telescopio spaziale avrebbe rilevato segnali deboli provenienti da piccole galassie primordiali. Tuttavia, i dati raccolti hanno smentito questa ipotesi, suggerendo che la materia oscura invisibile, che si pensava fosse un fattore chiave nella formazione delle prime stelle e galassie, non abbia svolto il ruolo atteso. Anzi, le galassie più antiche osservate risultano essere grandi e luminose, un risultato che sembra supportare una teoria alternativa che si fonda sulla gravità modificata.
Webb smentisce il modello standard
Le osservazioni effettuate dal JWST non sono coerenti con il modello cosmologico standard Lambda-Cdm (Lambda Cold Dark Matter), che postula che la materia oscura favorisca la formazione delle galassie. Secondo le aspettative, il telescopio avrebbe dovuto rilevare segnali luminosi deboli provenienti da galassie giovani e di piccola massa. Invece, i dati raccolti raccontano un’altra storia: le galassie più antiche osservate sono apparse grandi e luminose. Questo studio, condotto dalla Case Western Reserve University di Cleveland (Ohio) e pubblicato su The Astrophysical Journal, mette così in discussione la nostra comprensione dell’universo primordiale.
Nel corso della ricerca, sono state confrontate le osservazioni di galassie nell’universo primordiale (ad alto redshift) con le predizioni di due modelli teorici molto differenti tra loro. Da un lato, il modello cosmologico standard Lambda-Cdm, che spiega la formazione delle galassie attraverso l’introduzione della materia oscura; dall’altro, il modello Mond (Modified Newtonian Dynamics), che non contempla la materia oscura, ma propone una modifica delle leggi gravitazionali di Newton ed Einstein per spiegare la formazione delle galassie.
La teoria della gravità modificata
I dati osservativi ottenuti dal JWST sembrano allinearsi con la teoria della gravità modificata Mond, introdotta dal fisico Mordehai Milgrom oltre quarant’anni fa. “Gli astronomi hanno inventato la materia oscura per spiegare come si possa passare da un universo primordiale molto omogeneo a grandi galassie con molto spazio vuoto intorno, com’è attualmente“, ha dichiarato Stacy McGaugh, primo autore dello studio e direttore del dipartimento di astronomia della Case Western Reserve University. Tuttavia, McGaugh ha sottolineato che “ciò che la teoria della materia oscura prevedeva non è quello che stiamo osservando“.
Il modello Lambda-Cdm suggerisce che le galassie si siano formate gradualmente, accumulando materia da strutture più piccole, grazie alla gravità aggiuntiva fornita dalla massa della materia oscura. Al contrario, la teoria Mond sostiene che la formazione delle galassie nell’universo primordiale sarebbe avvenuta in modo molto più rapido di quanto previsto dal modello standard. Di conseguenza, se la teoria Mond fosse corretta, il JWST avrebbe dovuto rilevare segnali luminosi deboli provenienti da piccoli precursori delle galassie.
Webb e la formazione delle galassie
Federico Lelli, primo ricercatore all’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) di Arcetri, Firenze, e coautore dello studio, ha commentato: “Il modello standard Lcdm di formazione delle galassie è un modello strettamente ‘gerarchico’, in cui le galassie di grande massa si formano grazie alla fusione di tante proto-galassie e/o aloni di materia oscura più piccoli“. Lelli ha continuato spiegando che “questo processo richiede tempo, quindi ci si aspetta che le galassie massive, come ad esempio le galassie ellittiche, si formino relativamente tardi durante la storia evolutiva dell’universo“. Tuttavia, “negli ultimi anni, varie osservazioni ottenute con diversi telescopi – Alma, Hst, Spitzer e più recentemente JWST – ci hanno mostrato uno scenario molto diverso: le galassie massive sono già presenti nell’universo primordiale e sembrano essersi evolute molto più velocemente di quanto ci aspettassimo nel contesto cosmologico standard“. Questa osservazione è pienamente in linea con la teoria Mond, che suggerisce che la massa si assemblerebbe rapidamente, portando alla formazione delle galassie nelle fasi iniziali dell’universo.
Rivoluzionando la cosmologia
Lelli è anche autore di un altro studio, pubblicato lo scorso giugno, che ha riscontrato risultati coerenti con le previsioni della teoria Mond, basandosi sulla misura delle curve di rotazione delle galassie tramite il fenomeno della lente gravitazionale debole. “In questa teoria, non esiste alcuna materia oscura“, ha spiegato Lelli. “Verso la fine degli anni ‘90, l’astrofisico Bob Sanders ha utilizzato la teoria Mond per predire che galassie massive ed evolute potessero essere già presenti nell’universo primordiale (a redshift 10)“. Lelli ha anche sottolineato che “si tratta di una predizione sorprendente e piuttosto incredibile, infatti non è stata presa in seria considerazione dalla maggior parte della comunità scientifica per molto tempo“. Tuttavia, i dati attuali sembrano confermare la predizione di Sanders del 1998, che affermava che le galassie massicce si sarebbero formate in tempi estremamente brevi, nell’ordine di qualche centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang.
Le grandi domande sull’universo
Il James Webb Space Telescope è stato progettato per rispondere ad alcune delle domande più grandi sull’universo, tra cui la formazione di stelle e galassie. Prima del suo lancio nel 2021, nessun telescopio era stato in grado di osservare in modo così profondo l’universo, permettendo di andare indietro nel tempo cosmico. “In primo luogo, James Webb ha permesso di scoprire galassie ad altissimi redshift, quando l’universo aveva solo qualche centinaio di milioni di anni“, ha spiegato Lelli. “Poi, ha rivelato l’esistenza di galassie massive e ‘passive’ – ovvero che non formano più stelle – a redshift più alti di quanto non si ritenesse possibile, indicando che queste galassie passive debbano essersi formate in modo estremamente veloce e quasi ‘monolitico‘”. Inoltre, “Jwst ha rivelato l’esistenza di ammassi di galassie in epoche cosmiche più antiche di quanto non ci si aspettasse nel contesto cosmologico standard“.
Molti di questi studi sono ancora in corso e necessitano di ulteriori conferme. Tuttavia, i risultati ottenuti dal JWST stanno gettando nuove basi per la comprensione dell’universo primordiale, facendo presagire che nei prossimi anni potremmo riscrivere alcuni capitoli dell’astrofisica.