Quasi tre anni dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, l’Europa continua a dipendere in larga misura dal petrolio e dal gas di Mosca, contribuendo indirettamente a finanziare il conflitto. Ora, la Polonia vuole mettere pressione su queste entrate, sfruttando il suo ruolo nella presidenza del Consiglio dell’Unione Europea per intensificare le restrizioni sulle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) e tecnologia nucleare dalla Russia. A partire dal 1 gennaio, il governo polacco guidato da Donald Tusk e dalla Coalizione Civica di centrodestra assumerà la presidenza semestrale del Consiglio dell’UE. In un contesto europeo segnato da instabilità politica in paesi chiave come Francia e Germania, Varsavia è chiamata a guidare con determinazione le politiche comunitarie, specialmente in tema di sanzioni contro Mosca. E’ quanto riferisce Politico.
“Abbiamo grandi aspettative per la presidenza polacca del Consiglio”, ha dichiarato Vladyslav Vlasiuk, coordinatore delle sanzioni e consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. “Dalle aule scolastiche alle sale riunioni, polacchi e ucraini lavorano quotidianamente per plasmare un futuro comune. Questo rende essenziale una collaborazione continua in quest’area cruciale”.
Il bilancio dell’UE sulle importazioni russe
Secondo il Centre for Research on Energy and Clean Air di Helsinki, l’UE ha speso oltre 200 miliardi di euro per petrolio e gas russi dall’inizio dell’invasione su larga scala. Inoltre, vi sono preoccupazioni crescenti sul fatto che la Russia stia violando apertamente il tetto massimo di prezzo imposto dall’Occidente sul proprio petrolio.
Donald Tusk ha più volte invocato sanzioni “più ampie possibile” contro Mosca e ha indicato che intende utilizzare la presidenza del Consiglio per limitare ulteriormente le importazioni di GNL russo e colpire il settore della tecnologia e del combustibile nucleare, ancora fonte di importanti entrate per il Cremlino.
Le sfide politiche interne all’UE
Il piano polacco dovrà affrontare resistenze significative, soprattutto da parte dell’Ungheria. Il primo ministro Viktor Orbán ha dichiarato che si opporrà a qualsiasi nuova restrizione che colpisca il settore nucleare civile, dato che Budapest ha siglato un accordo con la società russa Rosatom per l’espansione della centrale nucleare di Paks. “Non permetteremo che si includa l’energia nucleare nelle sanzioni”, ha affermato Orbán. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di bloccare nuovi progetti congiunti con Rosatom, costringendo a un allontanamento graduale dal settore nucleare russo.
L’opportunità di un cambio di rotta
La presidenza polacca coincide con l’entrata in vigore di nuove restrizioni europee sull’esportazione di GNL russo. Queste regole obbligheranno gli Stati membri a bloccare la rivendita di gas naturale attraverso i loro porti, creando ostacoli logistici alla flotta di navi cisterna russe. Belgio e Francia, due hub principali per il commercio di GNL, hanno già dichiarato di essere pronti a implementare le nuove misure.
Dan Jørgensen, nuovo responsabile delle politiche energetiche dell’UE, ha promesso di introdurre una “roadmap” entro il primo trimestre del 2025 per eliminare la dipendenza europea dai combustibili fossili russi. Tuttavia, esperti come Maria Shagina, dell’International Institute for Strategic Studies, avvertono che “al di là del GNL, rimangono poche opzioni significative” per ulteriori sanzioni.
Il ruolo degli Stati Uniti
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca aggiunge ulteriori variabili alla situazione. Trump ha promesso di incrementare le esportazioni di GNL statunitense verso l’Europa, offrendo un’alternativa economica e strategica al gas russo. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha già accennato alla possibilità di approfondire la cooperazione con Washington per ridurre la dipendenza da Mosca.
“Perché non sostituirlo con il GNL americano, che è più economico e abbassa i nostri prezzi energetici?” ha dichiarato durante un summit a Budapest.