Una tavoletta d 5.000 anni fa rivela una lingua sconosciuta: un’antica scrittura che sfida la storia

E' stata scoperta nel Caucaso e mostra somiglianze con alcune scritture del Vicino Oriente e del Mediterraneo
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E’ stata scoperta nel Caucaso una lingua nuova e inedita con somiglianze con alcune scritture del Vicino Oriente e del Mediterraneo, che sarebbe stata diffusa nella zona tra 5.000 e 3.000 anni fa. Lo rivela uno studio pubblicato sul “Journal of Ancient History and Archaeology”, che ha preso in esame una tavoletta di pietra portata alla luce nel 2021 nei pressi del lago Bashplemi, in Georgia, risalente alla fine dell’età del bronzo (3300 avanti Cristo – 1200 avanti Cristo) o all’inizio dell’età del ferro (1200 avanti Cristo – 550 avanti Cristo). La tavoletta in basalto, una roccia effusiva di origine vulcanica, misura 24 x 20 cm ed è spessa tra 0,8 e 1,8 cm. Contiene 60 segni, di cui 39 distinti e solleva la questione dell’origine della scrittura georgiana, nota come proto-georgiana.

Un esame visivo dettagliato ha rivelato delle rientranze alla base dei caratteri incisi. Poiché il basalto è un materiale solido e difficile da tagliare, i contorni iniziali sono stati realizzati con una punta conica, poi collegata con uno strumento a testa tonda. Una profonda tacca, lasciata dalla punta conica, è visibile alla base delle scanalature lineari. Per incidere questi simboli, un antico scriba avrebbe prima praticato delle tacche prima di levigare il disegno con uno strumento arrotondato. Ciò che incuriosisce ancora di più gli esperti è che questi simboli non assomigliano a nessuna lingua conosciuta, nemmeno la più esotica.

I ricercatori sullo studio

“L’iscrizione di Bashplemi non corrisponde a nessun sistema di scrittura conosciuto, anche se la maggior parte dei simboli ricorda le scritture mediorientali, così come altri sistemi geograficamente lontani come quelli dell’India, dell’Egitto e dell’Iberia occidentale”, assicurano i ricercatori autori dello studio, cinque professori di archeologia dell’Università di Tbilisi, capitale della Georgia (Ramaz Shengelia, Levan Gordeziani, Nikoloz Tushabramishvili, Nodar Poporadze, Othar Zourabichvili).

Una prima analisi comparativa di oltre 20 lingue rivela che i 39 caratteri, che si pensa appartengano a una popolazione indigena caucasica, presentano somiglianze con i segni delle scritture proto-georgiane e albanesi (la scrittura proto-cartveliana, ma anche con le rune colchiche, la scrittura della collina di Grakliani e Mrgvlovani), nonché con i caratteri semitici, brahmani e nord-iberici.

La direzione della scrittura rimane indeterminata e le tre ipotesi sono ancora aperte: da sinistra a destra, da destra a sinistra, in boustrophedon (direzione alternata su ogni riga). Da parte loro, i ricercatori suggeriscono che le figure ripetute siano equivalenti a numeri: ventuno segni sono unici, tredici appaiono due volte e tre sono ripetuti tre volte. Solo uno compare quattro volte, usato come punteggiatura.

Le ipotesi

L’iscrizione potrebbe essere il resoconto di un bottino militare, il bottino di una spedizione o di una campagna. Oppure un importante progetto di costruzione, con la descrizione dei materiali o delle fasi di completamento. Potrebbe anche trattarsi di un’offerta a una divinità, che descrive i beni o le preghiere rivolte a un essere sacro. Alcune ipotesi collegano questa tavoletta al mito di Giasone e degli Argonauti. Nella loro ricerca del vello d’oro, Giasone si spinse fino alla Colchide, una regione ricca di storia nell’attuale Georgia.

Gli antichi testi greci menzionano che gli abitanti della Colchide avevano imparato una forma di scrittura chiamata “scrittura aurea”, il che potrebbe indicare che la tavoletta aveva uno scopo cruciale. La decifrazione dell’iscrizione scoperta nella regione storica di Dbaniskhevi potrebbe diventare un evento di grande importanza, in grado di mettere in discussione alcuni stereotipi storici e di far luce su aspetti chiave dell’origine e dello sviluppo dei sistemi di scrittura nel Caucaso.

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