“Siamo tutti prigionieri, perché siamo tutti debitori: lo siamo verso Dio, verso gli altri e anche verso la nostra amata Terra, dalla quale traiamo l’alimento quotidiano”. Lo scrive Papa Francesco nel discorso consegnato al corpo diplomatico, che il pontefice non legge perché colpito da un raffreddore. “Sempre più la natura sembra ribellarsi all’azione dell’uomo, mediante manifestazioni estreme della sua potenza“, osserva il Pontefice, pensando alle alluvioni che si sono verificate in Europa centrale e in Spagna, come ai cicloni che hanno colpito in primavera il Madagascar e, poco prima di Natale, il Dipartimento francese di Mayotte e il Mozambico. “Non possiamo rimanere indifferenti a tutto ciò! Non ne abbiamo il diritto! Piuttosto, abbiamo il dovere di esercitare il massimo sforzo per la cura della nostra casa comune e di coloro che la abitano e la abiteranno”.
“Nel corso della COP 29 a Baku, sono state adottate decisioni per garantire maggiori risorse finanziarie per l’azione climatica. Mi auguro che esse consentano la condivisione delle risorse a favore dei molti Paesi vulnerabili alla crisi climatica e sui quali grava il fardello di un debito economico opprimente. In quest’ottica, mi rivolgo alle nazioni più benestanti perché condonino i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Non si tratta solo di un atto di solidarietà o magnanimità, ma soprattutto di giustizia, gravata anche da una nuova forma di iniquità di cui oggi siamo sempre più consapevoli: il ‘debito ecologico’, in particolare tra il Nord e il Sud”, continua Papa Francesco.
“Anche in funzione del debito ecologico, è importante individuare modalità efficaci per convertire il debito estero dei Paesi poveri in politiche e programmi efficaci, creativi e responsabili di sviluppo umano integrale. La Santa Sede è pronta ad accompagnare questo processo nella consapevolezza che non ci sono frontiere o barriere, politiche o sociali, dietro le quali ci si possa nascondere“, scrive il Pontefice.