L’ultimo passo verso il cielo: la sfida dell’Everest South Col

Una volta superato l’Hillary Step, la vetta dell’Everest si trova finalmente a portata di mano. A 8.848 metri, ogni passo verso la cima è una lotta contro la fatica estrema e la mancanza di ossigeno, ma il premio è indescrivibile. Dalla sommità del mondo, gli scalatori possono ammirare panorami che sembrano infiniti, provando una combinazione unica di gioia, sollievo e realizzazione personale
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Il percorso del South Col rappresenta la via classica verso la vetta dell’Everest, un’impresa che incarna il limite della resistenza umana e il trionfo sulla natura. Gli scalatori raggiungono il campo a quota 8.000 metri, una base di partenza tra le più estreme al mondo, dove l’aria rarefatta e le temperature glaciali mettono alla prova il fisico e la mente. Qui si preparano per l’ultimo tratto, un viaggio che richiede non solo forza fisica, ma anche una determinazione incrollabile. La scalata finale inizia solitamente a mezzanotte. Con i fari che fendono l’oscurità, gli alpinisti avanzano lentamente verso il Balcone, un punto cruciale situato a 8.400 metri di altitudine. Questo breve riposo, benché fondamentale, avviene in condizioni al limite della sopravvivenza, con ossigeno rarefatto e temperature che sfidano il corpo umano.

La scalata verso l'Everest

Il percorso prosegue verso la cima sud, un punto apparentemente vicino alla vetta ma che nasconde una sfida ulteriore: l’Hillary Step. Questa parete quasi verticale è una delle prove più difficili del viaggio, un passaggio che richiede concentrazione assoluta e abilità tecniche per superare un ostacolo naturale tanto insidioso quanto iconico.

L’Hillary Step, storicamente considerato uno dei tratti più difficili e pericolosi della scalata dell’Everest, ha subito un cambiamento significativo negli ultimi anni, trasformandosi da un’imponente sfida tecnica a un passaggio relativamente più semplice. Questo punto iconico, situato a 8.790 metri di altitudine, a soli 60 metri dalla vetta, era originariamente una parete di roccia quasi verticale alta circa 12 metri. Superarlo richiedeva abilità avanzate di arrampicata su roccia, un’impresa resa ancora più ardua dalle condizioni estreme di alta quota, dove la carenza di ossigeno e il freddo pungente mettono a dura prova anche gli alpinisti più esperti.

Il terremoto che colpì il Nepal nel 2015 ha però modificato profondamente il profilo dell’Hillary Step. Secondo molti esperti e alpinisti, la parete di roccia originale è crollata durante il sisma, trasformando questo storico passaggio in un pendio di neve meno ripido. Dove un tempo si trovava una sfida tecnica di arrampicata verticale, ora si incontrano gradini di neve con una pendenza di circa 45 gradi. La presenza di corde fisse ha ulteriormente semplificato il passaggio, rendendolo più accessibile anche a scalatori con minori competenze tecniche.

Nonostante questa semplificazione, l’Hillary Step continua a rappresentare una prova impegnativa a causa dell’altitudine estrema, dove ogni movimento è una lotta contro la fatica e la rarefazione dell’ossigeno. Le condizioni meteorologiche imprevedibili possono peggiorare rapidamente la situazione, aumentando i rischi per gli scalatori. Inoltre, il tratto rimane pericoloso per il rischio di congestione. Durante le brevi finestre di bel tempo, il numero elevato di alpinisti che tentano di raggiungere la vetta può causare code e aumentare l’esposizione ai pericoli, come il gelo e l’esaurimento.

Sebbene l’Hillary Step non rappresenti più la stessa sfida tecnica di un tempo, conserva il suo status di simbolo della scalata dell’Everest. La sua trasformazione ha aperto la via a una platea più ampia di alpinisti, ma i pericoli intrinseci della montagna restano immutati, ricordando a tutti che l’Everest è, e rimane, un territorio ostile e maestoso, dove ogni successo è guadagnato con impegno, coraggio e rispetto per l’ambiente estremo.

Una volta superato l’Hillary Step, la vetta dell’Everest si trova finalmente a portata di mano. A 8.848 metri, ogni passo verso la cima è una lotta contro la fatica estrema e la mancanza di ossigeno, ma il premio è indescrivibile. Dalla sommità del mondo, gli scalatori possono ammirare panorami che sembrano infiniti, provando una combinazione unica di gioia, sollievo e realizzazione personale.

La conquista della vetta non è solo un traguardo geografico, ma un’esperienza trasformativa che segna profondamente chiunque abbia il coraggio e la determinazione di affrontare questa straordinaria sfida.

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