La situazione dell’innevamento sulle Alpi piemontesi al 1° gennaio 2025 desta notevole preoccupazione, in particolare per il ridotto accumulo di neve osservato in luoghi come il Colle dell’Agnello, a 2.744 metri sul livello del mare. Nonostante l’elevata altitudine, il manto nevoso risulta estremamente scarso, riflettendo una tendenza negativa che si è accentuata negli ultimi anni. Le Alpi Cozie e Marittime, in particolare, registrano oggi il minor quantitativo di neve sopra i 1.500-2.000 metri di tutto l’arco alpino italiano. Questa condizione è attribuibile principalmente ai costanti flussi occidentali e settentrionali che hanno dominato le perturbazioni giunte nel Nord-Ovest negli ultimi mesi.
Il cambiamento climatico gioca un ruolo chiave in questo scenario, con temperature medie in aumento che riducono significativamente gli accumuli nevosi, soprattutto a quote più basse. A ciò si aggiungono anomalie nei flussi atmosferici, che hanno limitato le precipitazioni nevose in questa parte dell’arco alpino. La tendenza a lungo termine conferma il fenomeno: negli ultimi cento anni, gli accumuli nevosi sulle Alpi sono diminuiti tra il 3,8% e il 4,9% per decennio, con una maggiore incidenza sul versante meridionale.
Le conseguenze di questa scarsità nevosa sono molteplici e preoccupanti. Sul fronte delle risorse idriche, la mancanza di neve compromette le riserve d’acqua necessarie per la primavera e l’estate, aumentando il rischio di siccità. Gli ecosistemi alpini, già fragili, subiscono un impatto significativo, con effetti negativi sulla biodiversità e sugli equilibri ecologici delle alte quote. Anche l’economia locale, fortemente legata al turismo invernale, rischia gravi ripercussioni a causa della riduzione delle attività sciistiche e di altri sport sulla neve. Paradossalmente, la scarsità di neve può persino aumentare il rischio di valanghe, poiché il manto nevoso ridotto risulta spesso instabile.
Le prospettive per il resto della stagione invernale 2024-2025 non sono particolarmente incoraggianti. Le previsioni indicano un deficit nevoso marcato sulle Alpi occidentali per gennaio, con temperature sopra la media e precipitazioni scarse. Tuttavia, si intravede una lieve possibilità di miglioramento, grazie a una potenziale saccatura depressionaria atlantica che potrebbe portare neve in montagna tra il 6 e il 7 gennaio. Anche un possibile peggioramento delle condizioni meteorologiche dopo il 5-6 gennaio potrebbe favorire nevicate, potenzialmente fino a quote pianeggianti.
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