Il mese di gennaio ha evidenziato un quadro preoccupante per l’equivalente idrico nivale, con un significativo deficit a livello nazionale. L’accumulo di neve risulta ben al di sotto delle medie stagionali, una condizione che sta già influenzando negativamente la disponibilità idrica nei principali bacini fluviali. Se sulle Alpi la situazione è già critica, sugli Appennini il problema si presenta con sfumature diverse, ma altrettanto preoccupanti. In queste aree, le precipitazioni nevose sono spesso accompagnate da temperature superiori alla norma, impedendo la formazione di un manto nevoso duraturo e favorendo un rapido scioglimento.
Un esempio emblematico è il bacino del Tevere, che in poche settimane è passato da condizioni di accumulo nella media a un drammatico deficit del -88%. Questo comportamento è tipico della cosiddetta neve “effimera”, un fenomeno sempre più comune nelle regioni caratterizzate da temperature miti o instabili. La neve effimera si distingue per la sua breve durata al suolo: si scioglie rapidamente dopo la caduta, a volte in poche ore o giorni. Questa caratteristica la rende particolarmente problematica per la gestione delle risorse idriche, poiché non consente un accumulo significativo nei bacini montani.
Le cause principali della neve effimera risiedono in condizioni meteorologiche al limite, con temperature che oscillano intorno allo zero. Questo fenomeno è spesso aggravato dal calore residuo del terreno e dall’esposizione ai raggi solari, entrambi fattori che accelerano il processo di fusione della neve appena caduta. Le temperature anomale degli ultimi mesi hanno amplificato questa dinamica, rendendo il fenomeno più frequente e visibile.
Le implicazioni di questa tendenza sono molteplici. Dal punto di vista delle risorse idriche, la mancanza di un accumulo stabile di neve nelle aree montane compromette la capacità di rifornimento dei bacini fluviali, con possibili conseguenze sulla disponibilità di acqua durante i periodi più secchi dell’anno. Anche il settore turistico invernale è direttamente colpito: la riduzione della neve naturale costringe le stazioni sciistiche a un maggiore utilizzo dell’innevamento artificiale, con costi ambientali ed economici rilevanti.
In un contesto più ampio, l’aumento della neve effimera rappresenta un indicatore significativo dei cambiamenti climatici in corso. L’aumento delle temperature medie e l’instabilità meteorologica stanno rendendo questo fenomeno sempre più frequente nelle regioni alpine e appenniniche. La sua diffusione non è solo un segnale del mutamento climatico, ma un fattore che influisce concretamente sulla gestione delle risorse naturali e sulle attività economiche legate al territorio.
La neve effimera, un tempo considerata un fenomeno isolato, sta diventando un elemento distintivo dell’inverno contemporaneo, sollevando interrogativi cruciali sulle strategie di adattamento necessarie per affrontare un clima in evoluzione.