Lo smog può influire sullo sviluppo di malattie neurodegenerative. Lo dimostrano i risultati di uno studio italiano: “un’associazione statisticamente significativa tra i livelli di PM10 e un aumento del rischio di sviluppare malattia di Parkinson, indipendente da altri fattori di rischio, o protettivi, come dati anagrafici, peso corporeo, lo stile di vita, l’esposizione lavorativa, se residente in città o campagna, attività professionali e condizioni socioeconomiche”. La ricerca è stata presentata oggi al Ministero della Salute da Antonio Cherubini, Inrca (One Health), ed è stata condotta dal gruppo guidato da Licia Iacoviello, direttore del dipartimento di Epidemiologia e prevenzione dell’Irccs Neuromed e professore di Igiene generale e applicata dell’Università Lum, per il programma Age-It – Spoke 3.
La ricerca ha preso in esame un ampio campione di partecipanti (24mila) over 35 della regione Molise. In letteratura l’inquinamento atmosferico è stato associato a un aumento del rischio di disturbi neurodegenerativi.
Nell’ambito dello studio longitudinale ‘Moli-sani’, un team di ricercatori ha esplorato la complessa relazione tra inquinamento atmosferico e malattia di Parkinson (Pd). Lo atudio prospettico, che copre un periodo di 12 anni (2006-2018), “ha esaminato simultaneamente diversi inquinanti, tra cui ossidi di azoto, ozono, particolato sottile (PM10), anidride solforosa e idrocarburi Btx, utilizzando la geo-localizzazione delle residenze e sofisticati algoritmi di interpolazione (Kriging) per mappare l’esposizione nell’intera regione”.
Dalla ricerca è emerso, in sostanza, che il particolato di diametro inferiore a 10 micron, PM10, “è associato a un maggior rischio di comparsa di malattia di Parkinson, diagnosticata da specialisti neurologi mediante una revisione delle informazioni contenute nei database sanitari. Tale risultato è stato confermato anche in un campione di pazienti che sono stati direttamente visitati presso Irccs Neuromed“.
Inoltre, è stata effettuata un’analisi di mediazione, che ha identificato un ruolo potenziale di alcuni biomarcatori, in particolare la lipoproteina(a), “suggerendo nuovi meccanismi attraverso i quali l’inquinamento atmosferico potrebbe influenzare l’insorgenza della malattia”.
Considerata la rilevanza dei risultati, “la scarsità di studi simili e l’ampia mole di dati ambientali analizzati, questo lavoro rappresenta un contributo originale di fondamentale importanza per comprendere meglio i rischi legati all’inquinamento e le sue implicazioni per la salute pubblica“, conclude lo studio.