Il virologo Crisanti: “Inaccettabile riaprire a Natale per ricominciare da capo. Alla fine di questa ondata verrà fuori un paradosso”

Crisanti: "La prossima settimana ci dirà se questa curva si è stabilizzata, se siamo in una situazione di plateau o se effettivamente scende"
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Noi stiamo imponendo un sacrificio importante agli italiani, stiamo accettando anche un sacrificio sociale, perché 500 morti al giorno sono un sacrificio sociale ed emotivo grandissimo e dietro ogni morto c’è un episodio di sofferenza grave. E poi che facciamo, riapriamo tutto a Natale, per poi fare tutto il casino, e scusate la parola, che abbiamo fatto in Sardegna questa estate e ricominciare da capo? Questo è moralmente inaccettabile. Lo dico sinceramente“: è quanto ha affermato il virologo Andrea Crisanti, ospite ad Agorà su Rai3. “E’ vero ci sono sicuramente delle sofferenze di carattere economico, ma stiamo facendo pagare anche un prezzo sociale ed emotivo immenso a tantissime famiglie. Sono morte 9mila persone da quando è iniziata la seconda ondata, non ce lo dobbiamo dimenticare“.
Sicuramente le misure hanno avuto l’effetto di rallentare l’andamento della curva,” ha proseguito il professore dell’università di Padova. “La prossima settimana ci dirà se questa curva si è stabilizzata, se siamo in una situazione di plateau o se effettivamente scende, perché se non scende è evidente che bisogna fare qualche altra cosa“.
Penso che era anche obiettivo del Governo smorzare il picco e distribuire l’impatto su un periodo più lungo per cercare di non compromettere la componente economica che si vuole preservare per dicembre. E’ un obiettivo che in qualche modo stanno raggiungendo. Sicuramente” i contagi “non stanno aumentando al ritmo della settimana scorsa. Se volessimo fare le debite proporzioni e ieri avessero fatto i 210mila tamponi al giorno” consueti, avremmo altri diecimila casi e “saremmo sui 35-36mila, quindi una situazione stabile. Fra 37mila e 40mila casi siamo su una situazione stabile, sono piccole variazioni”.

Sono sicuro che alla fine di questa ondata si scoprirà che le regioni che avevano più posti in terapia intensiva avranno fatto più morti. C’è un paradosso: più posti di terapia intensiva si creano, meno pressione teoricamente c’è e più possibilità si dà al virus di infettare e quindi di mandare persone in rianimazione“.
L’esperto dell’università di Padova invita a non considerare solo i numeri di letti disponibili sulla carta: “Un posto di terapia intensiva non si crea attivando e accendendo un ventilatore. C’è dietro tutta una struttura e delle competenze che sono difficili da moltiplicare, perché non si possono moltiplicare i letti senza mobilizzare infermieri e rianimatori e assicuro che ci vogliono anni per formare un rianimatore. Inoltre più posti letto lo specialista segue, più la capacità di curare pazienti diminuisce“.

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