Come si sa che l’universo è in espansione?

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Continua il nostro Viaggio nel mondo delle onde elettromagnetiche che oggi ci porterà a tra pianeti e galassie, nel fantastico e ancora misterioso mondo dell’Universo.

La teoria cosmogonica oggi più accreditata è quella del big bang per la quale, dopo un’esplosione primordiale avvenuta circa 15 miliardi di anni fa, si è creata la materia che, aggregata in varie forme, si espande continuamente.

Per capire  perché le galassie si allontanino l’una dall’altra l’esempio più semplice che è stato trovato è quello del palloncino:  se prendiamo un palloncino sul quale sono disegnati dei punti e lo gonfiamo, man mano che questo diventa più grande,  i punti si allontaneranno sempre di più gli uni dagli altri.

Ma come hanno fatto gli astronomi ad accorgersene, dato che le enormi distanze in gioco su scala intergalattica non ci consentirebbero, nemmeno in secoli  di osservazione, di notare differenze nella  posizione apparente dei corpi celesti?

Per comprendere ciò, passiamo per un momento ad un altro argomento.

Ascoltando il rumore provocato da un aereo o da un treno o la  sirena di un auto, non notiamo una differenza di tonalità durante il percorso del mezzo osservato da e verso la posizione in cui siamo?

A nessuno potrà essere sfuggito che il rumore di un  treno o di  un aereo, come anche il suono della sirena di un’auto in avvicinamento sono  molto più acuti di quanto non lo siano quando invece quei  mezzi si allontanano  da noi.

Il fenomeno è dovuto al fatto che se la sorgente sonora e l’ascoltatore  sono tra essi in movimento,  l’onda sonica percepita dall’ascoltatore si “allunga”  in fase di  allontanamento  e si “accorcia”   invece quando i mezzi sono in avvicinamento.

Dato che a differenti  lunghezza d’onda corrispondono differenti  tonalità (più acute man mano che la lunghezza d’onda diminuisce),  il suono diventa infatti più acuto in fase di avvicinamento, così come diventa più grave invece in fase di allontanamento.

Fig. 10 esempio effetto Doppler in acustica

Il fenomeno si chiama effetto Doppler ed è raffigurato graficamente nella figura 10.

Ebbene, l’effetto Doppler funziona allo stesso modo anche per le onde elettromagnetiche.

A questo punto è chiaro che se l’oggetto è in allontanamento da noi, la radiazione luminosa rilevata dovrebbe apparire “allungata”(in termini di lunghezza d’onda) cioè  avere  una colorazione spostata più verso il rosso di quanto dovrebbe essere nella norma. Infatti, al rosso corrisponde la lunghezza d’onda più grande (se vogliamo, “più allungata”).

Naturalmente,  se l’oggetto è invece in avvicinamento, dovremmo notare  un “accorciamento” della relativa lunghezza d’onda, cioè questa risulterebbe più piccola di quanto dovrebbe normalmente essere. Si parla infatti di uno spostamento verso il violetto (corrispondente ad una frequenza più elevata e quindi appunto ad una lunghezza d’onda più piccola).

Consideriamo adesso di osservare un oggetto al telescopio e di farne l’analisi spettrale  nella “finestra”  della luce visibile; verifichiamo cioè  quali siano le  frequenze/lunghezze d’onda delle radiazioni che esse emettono.

Fig. 11 analisi spetrale di alcuni elementi chimici

Gli astronomi sanno che l’analisi spettrale (cioè l’analisi della radiazione in funzione delle frequenza) degli oggetti celesti non è un continuo, ma assomiglia ad un codice a barre ben preciso. Queste barre rappresentano appunto la carta di identità di quel corpo, in quanto ci dicono da quali elementi  essi siano costituiti – vedi figura 11 – infatti ogni sostanza ha una sua radiazione di emissione.

Ma gli elementi chimici che compongono le stelle sono presenti anche sulla Terra e gli scienziati sanno esattamente quale sia la frequenza  ad essi corrispondente; di conseguenza essi sono facilmente in grado di  riconoscere le eventuali  anomalie che dovessero rilevare.

Già nelle prime analisi  spettrometriche  fu notato che le barre della radiazione emessa dalle   galassie esterne al nostro ammasso locale mostravano tutte uno spostamento verso la parte bassa del digramma, cioè verso il rosso (quindi a lunghezze d’onda più elevate), se rapportate alle posizioni  che avrebbero dovuto avere.

E questo dimostrava senza ombra di dubbio che le fonti di emissione elettromagnetica osservate erano in allontanamento. E tanto più grande è lo scostamento, tanta più alta è la velocità (che può peraltro, essere facilmente determinata) alla quale si allontanano da noi.

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