Viaggio nel mondo delle onde elettromagnetiche: cosa hanno in comune antenne radio e telescopi?

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di Saverio Spinelli – Continua il nostro Viaggio nel mondo delle onde elettromagnetiche che oggi ci porterà a scoprire cosa hanno in comune antenne radio e telescopi. In un’antenna il guadagno  si ottiene realizzando un sistema che consenta di “concentrare” l’energia disponibile, cioè di irradiarla, quanto più possibile, nella sola direzione desiderata.

E ciò che si riesce a fare con un particolare dispositivo: la parabola (più propriamente, trattandosi di una figura spaziale, si dovrebbe parlare di paraboloide).

C’è subito da dire che nei sistemi parabolici, la parabola vera e propria funge esclusivamente da riflettore: infatti  serve solo a convogliare i segnali nel fuoco della stessa, dove è installato l’illuminatore. Quest’ultimo, ben visibile in  Fig.  20 è l’effettivo elemento  radiante (che in ricezione lavora come rilevatore).

Il paraboloide ha una peculiare caratteristica, dovute alla sua figura geometrica: tutti i raggi incidenti la sua superficie interna, se riflessi,  convergono infatti verso il fuoco della stessa (vedi Fig. 21 e 22)

Fig. 21 schemi di paraboloidi

Accade così per la luce nel caso di  uno specchio ottico (come scoprì Archimede); succede la stessa cosa per le onde radio, se il paraboloide ha una superficie interna atta a riflettere le onde elettromagnetiche.

Lo stesso  principio è utilizzato anche nel telescopio riflettore.

Sappiamo che la nostra pupilla, al buio, di dilata per fare entrare più luce, consentendoci di vedere oggetti debolmente illuminati.

Lo stesso principio vale  per i telescopi:  quanto  più grande è lo specchio (se si tratta di un telescopio riflettore) o la lente che fa da obiettivo (se si tratta di uno strumento rifrattore), tanta più luce questi riescono a captare; quindi  tanto maggiore è la capacità del sistema di rilevare oggetti deboli (con la conseguente possibilità, con opportune ottiche secondarie,  di ottenere un ingrandimento nitido).

In pratica vogliamo affermare che l’antenna ed il telescopio sono strumenti molto simili: d’altra parte, entrambi rilevano onde elettromagnetiche.

Fig. 22 schemi di paraboloidi

Ciò che cambia, al di là delle evidenti differenze costruttive e di utilizzo, è la frequenza di esercizio (banda delle radio onde per la prima, banda della luce visibile per il secondo).

C’è da aggiungere inoltre che, diversamente che nel caso delle antenne, per le quali il parametro di riferimento è la direttività, nel caso dei dispositivi ottici si parla di potere di risoluzione, ma in pratica pur sempre si tratta di quantificare la capacità dello strumento di rilevare fonti deboli e di distinguere sorgenti che, nella prospettiva di osservazione, risultino ravvicinate.

Per comprendere cosa sia il potere di risoluzione, ancora una volta facciamo degli esempi pratici: una luce distante che risulti confusa ad occhio nudo, osservata con un adeguato strumento ottico,  si dimostra invece essere una serie di lampioni; oppure, in campo astronomico,  la piccola costellazione delle Pleiadi, ad occhio nudo ha l’aspetto di una nebulosa ma, al binocolo,  viene invece  “risolta” nelle stelle che la compongono.

C’è comunque da dire che il telescopio rimane tuttavia un sistema più semplice di un’antenna perché il segnale con esso rilevabile è direttamente percepibile dall’occhio umano, senza bisogno di ulteriori elaborazioni, che sono invece necessarie nel campo delle telecomunicazioni.

Tornando alle parabole, c’è da aggiungere che queste  vengono utilizzate di norma solo per le frequenze più alte (oltre 1 GHz),  quindi per lunghezze d’onda molto piccole, dell’ordine dei cm, mm o ancora più piccole. Vediamo perché.

Il motivo dipende dal fatto che  il guadagno d’antenna è proporzionale al rapporto tra il diametro della parabola e la lunghezza d’onda di esercizio.

Si comprende quindi come, operando sulle onde corte (onde decametriche) e perfino in banda VHF (onde metriche), per ottenere un guadagno apprezzabile,  una parabola dovrebbe avere un diametro praticamente improponibile.

Mentre invece, operando su lunghezze d’onda di qualche decina di centimetri od inferiori, risulta facile realizzare sistemi che consentono di ottenere guadagni molto elevati.  E tanto più si sale in frequenza tanto maggiore risulterà,  a parità di apertura della parabola,  il guadagno d’antenna ottenibile.

L’elevata caratteristica che ha  il telescopio nel poter  discriminare i “segnali” luminosi  è dovuta al fatto che il rapporto diametro/lunghezza d’onda in ballo è enormemente più elevato rispetto a quello possibile per qualsiasi segnale appartenente alle bande radio.

Fig 23 un telescopio riflettore con uno specchio di 10 cm

Prendiamo, per esempio, un piccolo telescopio riflettore che utilizzi uno specchio di 10 cm di diametro (come quello in fig.  23).

Dato che la luce visibile ha una lunghezza d’onda compresa tra 400 e 700 nanometri
(400/700 10-9 m), approssimiamo a  500 nm (pari a 5 x10-7) la lunghezza d’onda in esame; nel caso specifico  il rapporto diametro / lunghezza d’onda r = D/l pari a   (10-2 m / 5×10-7 m),   cioè 2 x 105 cioè 200.000.

Consideriamo adesso di voler operare che un sistema radio con frequenza di lavoro di 3 GHz, corrispondente alla lunghezza d’onda di 10 cm.

Se volessimo ottenere lo stesso potere di risoluzione del telescopio prima descritto la nostra antenna parabolica dovrebbe avere un diametro D = r x l  pari ( 200.000 x 10-2 m)  e cioè 2000 metri!

Ecco per quale motivo i radiotelescopi, che effettuano indagini nelle bande radio,  hanno dimensioni così grandi.

C’è da dire ancora che  la dimensione di un’antenna parabolica ci può dir poco, a differenza  delle antenne elementari in precedenza descritte, sulla sua frequenza di lavoro. Infatti questa dipende non da essa, che non è altri che un sistema riflettente, ma  dal  suo illuminatore (che è chiuso in una scatola), che è realizzato e tarato per operare sulla frequenza di lavoro richiesta.

Fig. 24 radiotelescopio a schiera

I radiotelescopi, pur avendo caratteristiche di risoluzione molto inferiori a quelle degli strumenti ottici,  rispetto a questi presentano tuttavia il vantaggio di poter operare anche con il cielo coperto, oltre al fatto che possono rilevare segnali allocati in uno spettro molto più ampio di quella piccola finestra (quella della radiazione luminosa) in cui possono invece operare i telescopi ottici.

Per aumentare il potere risolutivo dei radiotelescopi si usa realizzare sistemi composti da più antenne distanti tra esse,  ma  accoppiate elettricamente, realizzando così dei sistemi equivalenti ad una unica antenna avente una dimensione fisica pari alla distanza tra le stesse.

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