Terremoto, sismologo: In Italia si fa pochissimo per prevenire

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“Se abbiamo una buona normativa sismica ma nessuno la rispetta, è un problema. Ci sono Paesi del terzo mondo come il Cile che ci sono riusciti: hanno rinnovato il patrimonio edilizio. Servono tempo, tantissimi soldi e scelte ben precise. In Italia, si sta facendo una piccolissima percentuale di quello che si può fare per ragioni sociali, politiche ed economiche”. Ne è convinto Romano Camassi, sismologo dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e storico dei terremoti, in un’intervista a LaPresse, dopo il sisma che ha colpito nella notte l’Italia centrale.

DOMANDA. C’era qualche sentore di questo terremoto nelle scorse settimane?
RISPOSTA. Assolutamente no, ultimamente non c’è stato nessun Terremoto piccolo o grande che abbia interessato quella zona lì. Qualche piccolo Terremoto c’è stato negli ultimi anni. Dopo il sisma del 2009, la zona a Nordovest de L’Aquila, che va da Campotosto ad Amatrice, nell’estate 2009 ha avuto una piccola sequenza che non ha avuto alcun esito. Ci sono tanti piccoli terremoti irregolari sulla catena appenninica ma nulla di significativo. La zona è pericolosa da molto tempo. In termini di mappa di pericolosità pubblicata nel 2006, quella è considerata una delle zone più pericolose come l’Aquilano. Era del tutto ragionevole che ci fosse sei anni fa, oggi o fra dieci anni. Il Terremoto in quella zona è possibile in qualsiasi momento. Fa parte delle caratteristiche di quel territorio.

D. Bisogna aspettarsi altre scosse forti?
R. Questa è una sequenza in corso in cui c’è già un evento principale, quello della notte. La sequenza continuerà. Sicuramente, per molti giorni. Possono esserci altre scosse forti: è del tutto possibile. Non possiamo escludere nulla. C’è la possibilità, ma non abbiamo la minima idea. Noi possiamo monitorare la sequenza in atto, quello che è successo in passato ma non possiamo fare assolutamente previsioni.Possiamo fare, però, molto perché il sisma di magnitudo 6 non faccia danni. Basta semplicemente volerlo e farlo. L’unica strada è fare un lavoro di riduzione del rischio, migliorare la capacità di resistenza degli edifici. È opportuno farlo, assolutamente. In queste zone e in altre del Paese. Si tratta di fare delle scelte sul medio e lungo termine e rispettarle.

D. È stato fatto oggi il paragone con il sisma a L’Aquila del 2009.Che cosa vuol dire?
R. Rispetto a L’Aquila, questo è un settore adiacente: sono strutture non tanto distanti tra loro. Ma è un Terremoto inferiore in termini di energia rispetto al 2009: quello è stato di magnitudo momento 6.3, questo di magnitudo momento 6. I danni, comunque, sono gravi.

D. Ci sono stati meno morti, per ora, rispetto al sisma del 2009.Perché?
R. La ragione è semplice: la conta bisogna farla alla fine. Alcune decine di morti sono tanti. Comunque, bisogna dire che è una zona meno abitata rispetto all’Aquilano. Molti morti del Terremoto a L’Aquila ci sono stati in città. In ogni caso, parecchio gravi i danni per l’edilizia storica oggi, per quello che ho potuto vedere. Si tratta di crolli abbastanza diffusi. Servono giorni per fare un bilancio vero, serio e deciso. Tra due o tre giorni avremo un quadro più preciso.

D. “Il sisma non si prevede, ma si previene”, diceva qualche anno fa in un’intervista. È ancora così, secondo lei?
R. Se per previsione intendiamo dire il dove, l’esattamente quando e quanto forte, siamo lontanissimi dal poterlo fare. Ancora per qualche decina di anni non riusciremo a dire ancora nulla di significativo. Ci sono mediamente 50 terremoti al giorno. C’è un tema di ricerca sulla previsione: può darsi che tra qualche decennio arriveremo ad avere qualche risultato utilizzabile. Bisogna chiedersi se sia necessario e urgente, comunque, quel tipo di previsioni. Oggi abbiamo delle mappe di pericolosità molto solide. Abbiamo tutti gli elementi per fare prevenzione, miglioramento sismico del patrimonio edilizio. Se abbiamo una buona normativa sismica ma nessuno la rispetta, è un problema. Ci sono Paesi del terzo mondo come il Cile che ci sono riusciti. Hanno rinnovato il patrimonio edilizio. Serve tempo, tantissimi soldi e scelte ben precise. In Italia, si sta facendo una piccolissima percentuale di quello che si può fare per ragioni sociali, politiche ed economiche.

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