Sepsi: 3 fattori chiave per una diagnosi accurata e tempestiva

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Una corretta esecuzione dell’emocoltura che preveda un adeguato numero di campioni e una consegna immediata, nonché una disinfezione della cute del paziente e del personale sanitario. Sono questi i fattori chiave per la diagnosi accurata e tempestiva della sepsi, individuati nel primo documento di consenso a livello europeo per definire le procedure diagnostiche indispensabili per affrontare questa grave emergenza sanitaria.

Il documento, realizzato con il patrocinio di Amcli (Associazione microbiologi clinici italiani), Sim (Società italiana di microbiologia), Simpios (Societ? italiana multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni nelle organizzazioni sanitarie) e Sifo (Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie) e con il supporto incondizionato di Becton Dickinson, punta l’attenzione in particolare sulla corretta esecuzione dell’emocoltura (ossia l’isolamento e l’identificazione di eventuali microrganismi presenti nel sangue), individuando i principali punti critici che riguardano le procedure cui vengono sottoposti i pazienti nel percorso di diagnosi dell’infezione, e fornendo delle linee guida su come effettuare un’adeguata e standardizzata opera di formazione e informazione del personale sanitario coinvolto in questo processo.

La sepsi – ricordano gli esperti – è la settima causa di morte in Europa e in Nord America; in Italia ogni anno si registrano più di 5.000 vittime, un numero destinato a crescere. I casi riportati ogni anno in Europa sono 1,2 milioni, dei quali 157 mila fatali. Nell’individuazione e nel trattamento della sepsi i fattori ‘tempo’ e ‘accuratezza’ giocano un ruolo fondamentale, e la corretta diagnosi rappresenta oggi la vera “urgenza-emergenza in laboratorio” e quindi l’anello debole che va identificato e corretto.

Primo punto: “Se l’emocoltura non è eseguita correttamente – spiega Bruno Viaggi, Dipartimento di Anestesia, Neuroanestesia e Rianimazione, Aou Careggi Firenze, membro del Gruppo italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva (Giviti), Istituto Mario Negri, Milano – può diventare un esame del tutto inutile, vanificando tutto il percorso. Ad esempio, se il campione non viene inviato in laboratorio preferibilmente entro un’ora o al massimo entro 4 ore dal prelievo, il rischio è di avere una mancata positivizzazione del campione anche in presenza di patogeni”.

Inoltre, “se si preleva una quantità di sangue ridotta diminuisce la sensibilità del sistema diagnostico e quindi non si ottengono risultati attendibili”, puntualizza Roberto Rigoli, vicepresidente Amcli, direttore Dipartimento di Patologia clinica, Ulss 2 Marca Trevigiana.

“Anche se la quantità di sangue prelevata è eccessiva – aggiunge – cambiano gli equilibri di rilevazione rendendo praticamente inutile l’emocoltura. Le linee guida raccomandano che vengano riempiti almeno 4 flaconi, anche se in assenza di difficoltà tecniche o di altre problematiche il prelievo di 6 flaconi è da considerarsi ottimale. Troppo spesso, invece, ci si ferma al prelievo di due soli flaconi”.

La tempistica rappresenta il secondo punto fondamentale: “Perché l’emocoltura dia risultati attendibili – dice Rigoli – è necessaria la consegna immediata dei campioni. Laddove i laboratori di microbiologia non sono aperti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, è necessario predisporre degli incubatori delocalizzati in cui lasciare i campioni appena prelevati in attesa che vengano effettuate le analisi”.

Terzo punto di attenzione è la corretta disinfezione della cute del paziente e del personale sanitario, “necessaria affinché i microrganismi presenti sulla pelle non vadano a inquinare il campione di sangue prelevato – conclude Gaetano Privitera, presidente Simpios, direttore Uoc Igiene ed Epidemiologia universitaria e coordinatore Area funzionale rischio clinico, Aou Pisana – Il documento di consenso indica le modalità corrette per eseguirla come ad esempio la necessità di ricorrere a disinfettanti a base di clorexidina al 2% in alcol 70% e di non toccare il sito di prelievo dopo la disinfezione se non con guanti sterili”.

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