Terremoto Centro Italia, ricostruire in sicurezza si può: al via il progetto per realizzare un modello di prevenzione strutturale a 360°

Nasce la piattaforma per realizzare il primo modello europeo di conoscenza del suolo, del sottosuolo e delle acque per pianificare la ricostruzione sicura nei 138 Comuni colpiti dal terremoto
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Nasce la piattaforma per permettere ad amministratori, progettisti e cittadini di ricostruire in sicurezza. Il primo modello europeo di conoscenza del suolo, del sottosuolo e delle acque per pianificare la ricostruzione sicura nei 138 Comuni colpiti dal sisma di tre anni fa.

Era il 24 agosto 2016, nel cuore della notte. Una scossa di magnitudo 6.0, 299 vite spezzate, centinaia di migliaia di sfollati. Poi di nuovo nel mese di ottobre, due volte. E ancora tre mesi dopo, a gennaio del 2017. Altre scosse, altro dolore. Sono passati tre anni dal dramma che ha colpito l’Italia centrale. Per chiudere la lunga stagione che ha visto l’Italia sempre costretta a inseguire le emergenze e a fare la conta delle vittime e dei danni, per la prima volta, nell’area appenninica di 8 mila chilometri quadrati di 4 Regioni (Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria) devastata dagli eventi sismici del 2016 e 2017, si pongono le basi per la tutela di vite umane, del territorio e del costruito attraverso la conoscenza scientifica e il controllo in tempo reale del suolo e del sottosuolo.

Roberto Monaldo/LaPresse

Si lavora per uno sviluppo territoriale nella massima sicurezza oggi possibile sia dal punto di vista idrogeologico che sismico. L’operazione è resa possibile grazie al finanziamento del Progetto POC “ReSTART – ReSilienza Territoriale Appennino Centrale Ricostruzione Terremoto” del quale l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale è il soggetto beneficiario. Con i tecnici e gli esperti delle Regioni e della Protezione Civile, l’Autorità sta predisponendo una piattaforma tecnologica con terminali e sensori di controllo del suolo, del sottosuolo e dei corpi idrici superficiali e sotterranei nell’area appenninica tra le zone più fragili e sensibili a fenomeni franosi e alluvionali.

Saranno mantenuti sotto osservazione costante versanti franosi e acque attraverso le tecnologie più avanzate oggi disponibili: radar satellitari per il monitoraggio continuo dei dissesti idrogeologici, droni, modelli di telerilevamento che utilizzano impulsi laser, database storici e di natura tecnico-scientifica.

Partner del Progetto ReSTART sono il Dipartimento Protezione civile, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’Ispra, il Commissario straordinario per la ricostruzione e le quattro Regioni interessate dal sisma. Il lavoro è già cominciato con un team interdisciplinare di 20 professionisti, e sarà costante anche l’attività di comunicazione ai cittadini. La piattaforma tecnologica potrà essere utilizzata dai centri funzionali della Protezione civile, dalle Regioni e dai Comuni e dai gestori di servizi pubblici, e sarà accessibile a tutti.

Roberto Monaldo/LaPresse

Il Progetto ReSTART prevede anche l’attivazione di azioni di comunicazione per la conoscenza dei fenomeni naturali, l’aumento della consapevolezza dei rischi e la diffusione dei comportamenti da adottare e delle misure necessarie per l’antisismica nell’edilizia pubblica e privata. Sono previsti seminari tecnici, incontri pubblici e interventi informativi nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Un vero e proprio percorso comunicativo, insieme ai media locali, affiancherà l’enorme lavoro tecnico-scientifico, dando conto man mano delle attività di monitoraggio e prevenzione che verranno realizzate in questi tre anni.

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Spiega Erasmo D’Angelis, Segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale: “La nostra è una corsa contro il tempo, ce la stiamo mettendo tutta per creare per la prima volta un modello di prevenzione strutturale, e per consegnare prima possibile anche ai cittadini che hanno vissuto il dramma del terremoto il nostro patrimonio di conoscenze tecniche e scientifiche, e mettere tutti gli amministratori pubblici e i progettisti in grado di poter ricostruire comunità e infrastrutture riducendo al massimo la portata della gamma dei rischi naturali di territori fragili. Abbiamo l’obbligo di aumentare le nostre difese con tutte le tecnologie ormai disponibili, e di entrare finalmente nella nuova stagione della consapevolezza e della prevenzione. È l’unico modo per proteggere abitanti e il costruito in territori unici e straordinari”.

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